«Non narrerò tanto il destino di me solo, quanto quello di tutta una generazione, della nostra inconfondibile generazione, la quale forse più di ogni altra nel corso della storia è stata gravata di eventi.» Molto più che semplice autobiografia, "Il mondo di ieri" è il ritratto incantato di un'epoca scomparsa, la suprema epopea di quella "Felix Austria" che tanto segnò la storia e la cultura europea, quel mondo nel quale «ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: in cui tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi». Al centro della narrazione sta la Vienna imperiale, simbolo di un'epoca indimenticabile che Zweig - esponente di una generazione che «ha imparato a fondo l'arte preziosa di non rimpiangere il perduto» - descrive in tutto il suo splendore e in tutte le sue contraddizioni. Pubblicato postumo, "Il mondo di ieri" è segnato da un'atmosfera autunnale che imprime all'intera opera il severo suggello della modernità.
Il cibo, i modi di cucinarlo e consumarlo possono narrare un paese meglio di tante cronache storiche. E proprio oggi che in Italia la cucina è la regina della programmazione televisiva, è importante ritrovarne la memoria. Perché la (buona) tavola è un fatto sociale e culturale, è appartenenza e ricordo, la rappresentazione più intima della nostra identità, tanto che non è azzardato affermare che molti mutamenti del nostro paese possono essere letti attraverso il cibo e la sua preparazione. "Fornelli d'Italia" è un viaggio nel tempo e nei tempi della nostra terra, alla scoperta di come e quanto sia cambiata l'Italia da quel fatidico 1861 in cui siamo diventati nazione. Un viaggio raccontato da un punto di vista originalissimo, quello delle molte straordinarie cuoche che si sono avvicendate nelle cucine delle nostre case. Infatti, mentre la gastronomia, colta e raffinata, è da sempre descritta da quegli stessi uomini che la interpretano (i grandi chef che oggi spopolano come vere star), il quotidiano "far da mangiare", costruito silenziosamente e meticolosamente dalle donne, non ha mai avuto celebri cantori. Con occhi femminili, quelli delle padrone dei fornelli, Stefania Aphel Barzini riscrive la storia d'Italia attraverso il cibo. Una storia che, come in un gioco di scatole cinesi, ne racchiude molte altre, ricche di personaggi sorprendenti, di aneddoti, di ricette narrate anche grazie all'aiuto della pubblicità, dei film, dei giornali e delle riviste dell'epoca.
Due amiche, due che si parlano "da una vita". Di tutto, di tutti. Due ragazze-per-sempre, che a cinquant'anni chiacchierano fino a notte in macchina con i piedi nudi sul cruscotto e la sigaretta in bocca. Quasi due sorelle. Una si ammala, muore. L'altra l'accompagna alla soglia. E resta, di qua dal muro. Ma decide di non smettere di parlare, forse da sola, forse con lei: perché gliel'ha promesso. Questa è la storia di chi scrive. Quelle di donne che cercano, seguono, evocano le tracce di chi non c'è più. C'è la storia di Gemma che ritrova la voce del figlio perduto, dopo mesi passati a gridare il suo nome a un vecchio registratore. E c'è quella di Edda, che nella voce del figlio inciampa, perché è lui a continuare a chiamarla, è lui che vuole dirle dov'è. C'è Carla, che ha perso una figlia nel terremoto dell'Aquila, e che afferma di credere nell'incredibile per non perdere il contatto con la realtà. C'è la donna che un figlio, quel figlio, non ha voluto metterlo al mondo, ma non ha mai smesso di cercarlo, e lo ritrova in un piccolo paradiso, o forse soltanto dentro di sé. Un libro di grande impatto emotivo, sull'amore che non sa e non vuole arrendersi. Le nove storie - più una, quella di chi scrive raccontano di donne che hanno imparato che può essere la morte a consolare la vita. In comune non c'è il dolore, ma il bisogno di metabolizzarlo in parole. Per continuare a dire a chi non c'è più: io ti parlo da una vita. Da sempre, d qui.
Il volume è focalizzato sulla civiltà greca nel suo insieme, dando ampio spazio ai vari aspetti del vivere, dalla cultura materiale a quella artistica, dall'organizzazione politica e amministrativa ai culti religiosi, dalla struttura urbanistica alle tipologie architettoniche. 350 immagini tutte a colori relative all'architettura, la scultura, la pittura, illustrano i testi documentati e aggiornati alle più recenti scoperte, affidati a un'archeologa.
Attraverso un rigoroso metodo interdisciplinare, Stefani delinea il percorso pittorico del Canova che si svolge all'insegna di Eros e Thanatos, con fasi intermedie dedicate alla ritrattistica, alla grazia sublime della danza e ad alcuni "dialoghi" tra Muse, poeti e filosofi. Le ormai famose dicotomie canoviane emergono da un lato nell'esaltazione della bellezza e della grazia femminile, con evidenti impulsi erotici, appena attenuati da assunzioni stilistiche di chiara matrice manieristica e winckelmanniana, dall'altro con richiami alle cupe ombre di un mondo notturno e visionario.