Nei secoli l'Africa è sempre stata il terreno di scontri e di convivenze forzate, che hanno generato violenze e mantenuto il continente in uno stato di potenziale esplosività, come testimoniano i fatti recenti della Primavera Araba. Questo numero vuole invece scoprire il continente africano come il cuore dell'incontro culturale. Un incontro che segue due direzioni: da un lato, quella degli emigranti che sbarcano a Lampedusa, ad esempio, o che costruiscono narrazioni per richiedere asilo allo Stato italiano; dall'altro, quella degli italiani che in Africa ci sono andati da colonizzatori e oggi ci tornano per progetti di cooperazione. A testi di italiani espulsi dal regime di Gheddafi fanno da contraltare un'intervista sui respingimenti di migranti nel Mediterraneo, autobiografie inedite, analisi antropologiche. L'Africa è "un pianeta sconosciuto", secondo Joseph Conrad, che si può capire soltanto se ci si mette in ascolto.
Il 2012, a cui appartengono i documenti della Santa Sede contenuti nel volume 28 di Enchiridion Vaticanum, è caratterizzato dalla preparazione e dall'avvio dell'Anno della fede, a cinquant'anni dall'apertura del concilio Vaticano II, con il sinodo sulla nuova evangelizzazione. Tra i principali documenti: l'esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, firmata durante il viaggio in Libano; gli interventi della Congregazione per la dottrina della fede relativi a suor Farley e all'associazione delle religiose USA; lo studio della Commissione teologica internazionale sulla teologia; gli Orientamenti per la promozione delle vocazioni sacerdotali. Altri documenti testimoniano gli interventi in campo giuridico ed economico per adeguare il sistema finanziario del Vaticano agli standard internazionali e la riforma di alcuni organismi appartenenti alla Curia o a essa collegati.
Rivista mensile di informazione e formazione apologetica, n. 113/maggio 2012.
"Rendere lode" e "rendere grazie" sono da sempre cifre del rapporto creaturale; lode e grazia sono come la trama e l'ordito di un unico tessuto religioso in cui si riconosce come la propria vita sia risposta grata al dono ricevuto. Cuore grato, titolo del presente quaderno, è espressione sintetica che ci pare possa raccogliere la sovrabbondanza che la dimensione del cuore ha catalizzato nella storia della spiritualità cristiana. Ciò consente, peraltro, di orientare e filtrare una comprensione della presente temperie – culturale, sociale, politica, religiosa – per essere aperti a quella accoglienza del futuro che contrassegna la creatura nella relazione con il suo Creatore. Riscoprire questo è addentrarsi nella filigrana dell'esistenza ed è già un primo passo fondamentale. Sin da quando si è bambini, si impara a dire "grazie"; poi ci si scopre "essere grazie" o "essere grazia": la gratitudine è un tratto che cresce e che si affina nell'arco del tempo della vita. La devozione al Sacro cuore, che ha conosciuto nell'epoca moderna un crescente consenso e che per non pochi aspetti e modalità parossistiche ha pure provocato una sorta di sua messa in sonno, va tenuta presente, a parere di chi scrive, per la sua efficacia espressiva, che si rende evidente nella relazione Dio-uomo, così come ci è stata rivelata da Gesù
Cristo. Tale è la luce che promana, che non può essere distorta dal devozionalismo. A voler essere essenziali, l'aggettivo "grato" è pleonastico: nella tradizione biblica sono le qualificazioni negative del cuore che fanno la differenza – si pensi all'espressione: «Cuore di pietra» –. Meditare, dunque, su ciò che l'espressione "cuore grato" evoca significa compiere una traversata che passa per una rilettura di tematiche relazionali, bibliche, liturgiche, esperienziali, sociali e politiche per poi gettar luce sulla nostra condizione attuale, affinché ciò che nella liturgia sia eucaristica sia "delle ore" è del tutto evidente possa ritornare ad essere il pulsare del credente oggi.
Il raccordo tra Bibbia e archeologia è di fondamentale importanza per la ricerca toponomastica, ovvero il collegamento tra luoghi citati dalla Bibbia e la loro reale ubicazione con eventuale cambiamento del nome nella attuale località. Questo numero della rivista espone l'apporto offerto dall'archeologia agli studi biblici, soffermandosi in particolare sui grandi personaggi della Storia della Salvezza, rivisitati nel contesto geografico della loro esistenza. Completano il numero le consuete rubriche Studi biblici e Bibbia e cultura con le sue suggestioni in campo musicale e letterario.
Questa pubblicazione costituisce il nuovo Ordo per l’anno 2011-2012 secondo l’antica forma del Rito Romano, in conformità con le Lettere Apostoliche “motu proprio” del Sommo Pontefice Benedetto XVI.
I. BERTOLETTI, Il disagio della democrazia
Friedrich Hölderlin
a cura di Elena Polledri
E. POLLEDRI, Per un lessico hölderliniano in Italia
D. GOLDONI, Hölderlin: gratitudine
F. ZUGNO, Hölderlin e «l’amore che mantiene tutto»
A. MECACCI, «Fine dell’arte» e «tempo di povertà». Hegel, Hölderlin e l’estetica della crisi
E. POLLEDRI, «Spesso il canto ho cercato». Hölderlin e il canto della poesia
L.A. MACOR, «Was bleibet aber, stiften die Dichter». Hölderlin e la destinazione dell’uomo
M. BOZZETTI, L’estetica di Hölderlin
G. CORDIBELLA, Hölderlin e le riviste letterarie italiane del Novecento
L. REITANI, «E nessuno sa». La Heimat nella lirica di Hölderlin
C. SANDRIN, «L’oblio della terra». Terra e memoria nella poesia di Hölderlin
B. SANTINI, All’origine della religione. Hölderlin e il sentimento della gratitudine
M. CASTELLARI, Antico, moderno, futuro. Fondamenti e prospettive del teatro di Hölderlin
NOTE E RASSEGNE
L. BARBAINI, Un “testimone d’eccezione”. Il caso di Lodovico Montini nella Giunta centrale dell’Azione Cattolica (1923-1928)
N. BOMBACI, Spirito profetico e agire storico in Martin Buber
G. CARTERI, Corrado Alvaro tra memorie di Calabria e presentimenti di futuro
La fine del mondo è stata annunciata più volte: tutti - per citare l'esempio più famoso - abbiamo certamente presenti le ansie millenaristiche suscitate dal celebre "Mille non più Mille" che riempì di terrore i popoli per poi rivelarsi una bolla di sapone. Non essendo il mondo finito nell'anno 1000, si pensò che lo sarebbe stato nel 1033, millesimo anniversario della morte del Signore. Ci furono carestie e disordini vari, ma il mondo non finì. In tempi a noi vicinissimi abbiamo avuto la scadenza dell'anno 2000 che ha suscitato altri - seppure assai più pacati - timori. Passato senza eccessivo danno il 2000, ecco incombere il 2012, che secondo il calendario Maya dovrebbe segnare la fine dei tempi. E se scamperemo quello, sarà presto in agguato il 2033 (gli anni del Signore più duemila), preannunciato come fine del mondo nel libro Le profezie di Papa Giovanni di Pier Carpi. Possiamo dar credito? Dobbiamo preoccuparci? Le varie Apocalissi finora annunciate non si sono fortunatamente rivelate veritiere. Che pensare allora del 2012? Una minaccia, un monito, un avvertimento? Forse il simbolo - uno dei tanti - delle paure ricorrenti dell'umanità?