Nutrirsi è un'esperienza universale, ma non mangiamo le stesse cose, nello stesso modo, negli stessi luoghi. Osservando attentamente un pasto, potremmo spiegare tutto, o quasi, di una certa popolazione. Questo libro nasce così, per raccontare la storia e le geografie degli italiani partendo dal modo in cui mangiano, dalle usanze dei nobili nella seconda metà dell'Ottocento fino alle ipotesi sui decenni a venire. È realizzato intorno ad alcuni pranzi realmente avvenuti, ricostruiti attraverso fonti storiche di varia natura; usa la storia, ma anche la letteratura, l'arte, i media e le testimonianze orali per spiegare cosa c'è dietro (e dentro) quei piatti.
Tutta l'Asia si muove per partecipare alla spedizione che il re di Persia, Serse, organizza contro Atene e la Grecia al fine di vendicare la sconfitta patita dal padre Dario. Del viaggio e dei popoli che lo compiono Erodoto fornisce una descrizione precisa e affascinante: dei luoghi, degli usi, dei costumi, dell'abbigliamento e degli armamenti delle diverse etnie. Per noi moderni, però, il centro del libro è la battaglia delle Termopili nell'estate del 480 a.C, che per primo Erodoto descrisse e che da più di due millenni è impressa nella memoria collettiva: quando, come recita un'iscrizione riportata proprio dallo storico, in quel passo tra i monti, «un giorno, contro tre milioni combatterono quattromila uomini dal Peloponneso»; resistenza, tradimento, aggiramento, ferocia e valore, vittoria e sacrificio sino all'ultimo istante: «Alla maggior parte di loro» scrive Erodoto dei momenti finali, quando i quattromila sono ridotti a trecento spartani, «le lance si erano ormai spezzate, ed essi uccidevano i Persiani con le spade. E in questo scontro cade Leonida, dopo essersi rivelato uomo valorosissimo e, intorno a lui, altri illustri Spartiati». I Greci indietreggiano verso la parte stretta della strada e vanno ad attestarsi su una collina: «Questa collina si trova all'ingresso del passo, dove ora è collocato il leone di pietra in onore di Leonida. E qui, i barbari li seppellirono con i dardi, mentre si difendevano con le spade - quelli che ancora le avevano -, con le mani e con i denti, alcuni, inseguendoli di fronte e demolendo il muro di difesa, altri, circondandoli tutto intorno da tutte le parti». Lo scontro tra Greci e Persiani deflagra in tutta la sua portata: è uno scontro tra civiltà, tra ideali opposti gli uni agli altri.
La verità prima di tutto è l'inizio del più famoso J'Accuse della storia moderna, quello di Émile Zola. La verità prima di tutto è anche il movente che ispira questo J'Accuse, che raccoglie la testimonianza della Relatrice speciale Onu sui territori palestinesi occupati da Israele dal 1967. Questo libro non nasce come un instant book. Prima degli attacchi del 7 ottobre 2023 - in un momento in cui l'attenzione mediatica sulla situazione in Israele e nei territori palestinesi occupati era prossima allo zero - J'Accuse voleva essere anzitutto uno strumento per comunicare ai lettori l'urgenza di un tema che non poteva essere ignorato. Attraverso il prezioso lavoro svolto da Francesca Albanese e confluito in tre Rapporti internazionali - presentati rispettivamente nell'ottobre 2022, nel luglio e nell'ottobre 2023 - era possibile documentare in maniera incontestabile l'affermarsi di una condizione di apartheid e di un'occupazione neocoloniale con migliaia di vittime. Questo fatto doveva essere portato all'attenzione del grande pubblico. Dopo il brutale e intollerabile attacco di Hamas, e dopo la guerra conseguente su Gaza, l'attenzione mediatica su Israele e Palestina è diventata massima, eppure resta impantanata in contrapposizioni fuorvianti (se critichi Israele stai con i terroristi; se porti l'attenzione sull'occupazione stai giustificando Hamas...), che impediscono la comprensione di una storia che non comincia il 7 ottobre. Il J'Accuse di Francesca Albanese non è l'intervento di parte di un'attivista ma è il contributo di una donna che svolge da anni un incarico di alto profilo istituzionale e che può aiutarci a vedere e a capire ciò che non vediamo. L'ampio saggio di Roberta De Monticelli che chiude il libro offre inoltre una visione profonda dei temi che questo conflitto ha messo in luce.
Micromega è una rivista di cultura, politica, scienza e filosofia fondata nel 1986 da Giorgio Ruffolo e Paolo Flores d'Arcais.
Il gas è importante nella strategia di Eni, in direzione della neutralità carbonica nel 2050: fra tutti i combustibili fossili, il gas naturale è uno di quelli con la minore impronta carbonica. Eni, nella produzione e nel trasporto di gas, punta a diminuire sempre di più le emissioni, con l'impiego di processi e tecnologie all'avanguardia. Il gas è un elemento fondamentale anche per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti di energia: l'utilizzo del gas nel mix produttivo, insieme alle rinnovabili, rientra nei progetti finalizzati all'accesso all'energia nei Paesi che ospitano le attività di Eni, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. La nostra presenza nel mondo ci consente di rispondere in modo adeguato alle crescenti richieste di energia. In questo contesto, la crescita del GNL (gas naturale liquefatto) apre per Eni nuovi orizzonti a livello globale.
Domenica 7 novembre 1915, al largo di capo Carbonara, Tirreno meridionale. Verso le ore 13, il sommergibile tedesco U-38, inalberando la bandiera austroungarica, affonda il piroscafo Ancona diretto a New York con a bordo 164 uomini di equipaggio, 626 passeggeri, in gran parte donne e bambini, e un carico segreto: 12 casse di sovrane d'oro per un valore di 50 milioni di euro. Tra le 208 vittime, un funzionario del ministero dell'Agricoltura che accompagnava il tesoro con cui l'Italia avrebbe pagato la partecipazione all'Expo tenutasi quell'anno a San Francisco. Le cancellerie di Washington (nel disastro sono morti nove cittadini americani), Roma, Berlino e Vienna si scambiano messaggi di accusa o di giustificazione, ma solo le prime due conoscono la verità: le 133.000 sovrane rappresentano una franche di un colossale contrabbando di cavalli, muli, foraggio, armi e munizioni che l'Italia - entrata in guerra da sei mesi contro l'Austria-Ungheria - ha acquistato dagli Stati Uniti per "girarlo", forse, in parte alla Francia. Il comandante dell'Ancona, Pietro Massardo, non rivelò mai il punto nave dell'affondamento, e per settant'anni il relitto è rimasto indisturbato. Lo ritrovò nel 1985, integro e in buone condizioni, a 471 metri di profondità, Henri Delauze, il più grande cacciatore di relitti del dopoguerra. Da allora la caccia al tesoro è diventata un'autentica spy story, che ha coinvolto ministeri degli Esteri e tribunali...