Le grandi trasformazioni sociali, economiche, tecnologiche, culturali che in un breve arco temporale hanno modificato la nostra società obbligano i sistemi formativi a ripensare il loro compito. Gli orientamenti internazionali in materia di istruzione segnalano la necessità di cambiare il paradigma della didattica: insegnare ad apprendere è diventato il nuovo valore guida. Questo pone gli insegnanti di fronte ad alcune grandi sfide. La sfida della competenza, che richiede di adottare setting didattici basati sulla ricerca, sulla soluzione dei problemi, sulla didattica laboratoriale e progettuale; la sfida della realtà, che sollecita la promozione di un apprendimento non solo accademico, ma anche capace di misurarsi con la vita reale, incentivando competenze trasversali e trasferibili; la sfida della cooperazione, che passa attraverso il riconoscimento della dimensione non individualistica ma collaborativa dell'apprendimento; la sfida dell'inclusione, che chiede di integrare i valori dell'accoglienza con quelli della competenza, la valorizzazione della diversità con la lotta alla diseguaglianza.
La terza edizione di questo manuale offre una panoramica chiara e sintetica dei principali temi della disciplina. Questa edizione condensa gli spunti teorici più importanti della letteratura antropologica, oltre che le personali esperienze didattiche e di ricerca del suo autore. Ampiamente rivisto sul piano dei contenuti, arricchito di un nuovo apparato iconografico, il libro fornisce gli strumenti per affrontare lo studio della pluralità delle culture di oggi nei loro aspetti simbolici e materiali, sociali ed economici, religiosi e politici, estetici ed ecologici. Questo libro è anche un'introduzione al significato di termini, idee, concetti, sempre esemplificati in maniera concreta - con la quale è possibile comprendere meglio le differenze e le somiglianze tra le culture umane nello scenario del mondo attuale.
Molti si lamentano perché Dio non si manifesta dall'alto dei Cieli, ma in realtà non è che Dio taccia, spesso siamo noi a essere, o voler essere, sordi e ciechi. In effetti, la vita di ciascuno di noi è costellata di quelle che chiamiamo "coincidenze" e che, in verità, sono spesso segni - che occorre riconoscere - della presenza di un Dio che veglia sulle sue creature. Ciascuno, poi, ha vissuto eventi per i quali dovremmo parlare di "piccoli miracoli" o, almeno, di "misteri", ma che poi dimentichiamo, dopo un primo momento di sorpresa. In realtà, nonostante ogni progresso della scienza, siamo immersi nell'enigma e ben poco sappiamo davvero su noi stessi e sul nostro destino. In questo libro, Vittorio Messori ha il coraggio di uscire allo scoperto e racconta i suoi "misteri quotidiani", i "segni" misteriosi da lui vissuti, alcuni dei quali davvero impressionanti. A differenza di molti, però, Messori ha compreso che questi eventi non sono altro che cenni dal Cielo che vanno riconosciuti senza timore di essere scambiati per visionari.
E se l'appello non fosse un semplice elenco? Se pronunciare un nome significasse far esistere un po' di più chi lo porta? Allora la risposta "presente!" conterrebbe il segreto per un'adesione coraggiosa alla vita. Questa è la scuola che Omero Romeo sogna. Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola. La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l'appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky... Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa. A dieci anni da "Bianca come il latte, rossa come il sangue", Alessandro D'Avenia torna a raccontare la scuola come solo chi ci vive dentro può fare. E nella vicenda di Omero e dei suoi ragazzi distilla l'essenza del rapporto tra maestro e discepolo, una relazione dinamica in cui entrambi insegnano e imparano, disponibili a mettersi in gioco e a guardare il mondo con occhi nuovi. È l'inizio di una rivoluzione? "L'Appello" è un romanzo che, attingendo a forme letterarie e linguaggi diversi - dalla rappresentazione scenica alla meditazione filosofica, dal diario all'allegoria politico-sociale e alla storia di formazione -, racconta di una classe che da accozzaglia di strumenti isolati diventa un'orchestra diretta da un maestro cieco. Proprio lui, costretto ad accogliere le voci stonate del mondo, scoprirà che sono tutte legate da un unico respiro.
Su Maria, la madre di Cristo, i Vangeli forniscono solo pochi particolari, offrendo della sua figura una descrizione essenziale, che nulla concede alla curiosità e all'aneddoto. Ma nel corso dei secoli, a partire dai Vangeli apocrifi, la straordinaria devozione che l'immagine della Vergine ha saputo suscitare ha finito per arricchire la sua biografia di numerosi dettagli. Tra la fine del Seicento e il secolo scorso, sono apparse quattro "Vite di Maria" che le loro autrici hanno presentato come ispirate, e che come tali sono state accolte da una gran massa di devoti. A scriverle sono quattro grandi mistiche - Maria di Àgreda, Anna Katharina Emmerick, Maria Valtorta e Consuelo -, le quali hanno prodotto complessivamente un corpus di migliaia di pagine che, pur restando nell'ambito dell'ortodossia, è stato accolto dalla Chiesa in maniera discordante e con alterne fortune, ma nello stesso tempo ha avuto una enorme diffusione tra il popolo dei fedeli. Che valore hanno questi testi da un punto di vista storico? Qual è la loro autenticità? Come orientarsi e trovare una strada di comprensione al loro interno? E qual è il loro valore spirituale? In questo libro, monsignor Laurentin, insieme a Francois-Michel Debroise, studioso e appassionato di testi mistici, esamina settantasette episodi fondamentali della vita della Vergine, individuando, con un metodo comparato, i punti di convergenza e mettendoli a confronto con la verità rivelata dei Vangeli. Prefazione di Vittorio Messori.
La più ardente aspirazione del giovane Agostino era quella di "cercare razionalmente la verità", come egli dichiara nelle Retractationes, "su ciò che più intensamente desiderava conoscere". Nascono da qui i Soliloqui, nei quali egli rivolge domande e risposte a sé stesso, "quasi che io e la mia ragione fossimo due realtà distinte, mentre ero presente io solo". Dialogo, dunque, come in Platone, e ricerca della verità. Brevi e incompiuti, i Soliloqui, dei quali la Fondazione Valla presenta l'edizione di Manlio Simonetti, ardono però di passione intellettuale e rivelano il fondamento stesso del pensiero di Agostino, che all'inizio del Libro II invoca: Deus semper idem, noverit me, noverit te, "Dio che sei sempre lo stesso, possa io conoscere me e conoscere te". È stata chiamata, questa preghiera, il "postulato primario di Agostino", un pronunciamento su sé stesso e su Dio: "su sé stesso in quanto dichiara ciò che egli farà con la propria mente"; e su sé stesso e Dio in quanto dichiara la ragion d'essere fondamentale di ogni "fare" di questo tipo: "che ogni intelletto creato esiste soltanto per scoprire il Creatore e dilettarsi in lui". Ecco perché i Soliloqui si aprono con una preghiera di "inusitate dimensioni" e di straordinaria magnificenza che è inno di lode e invocazione.
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"La vita di Mosè di Gregorio di Nissa, primo di una serie di testi teologici che la Fondazione Lorenzo Valla intende presentare al pubblico italiano, è uno dei massimi libri mistici d'ogni epoca e paese: il lettore d'oggi potrà disporlo nella sua biblioteca accanto a Rûmî o a san Giovanni della Croce. È stato scritto verso la fine del quarto secolo, in quel periodo straordinario in cui le nude verità dell'Antico e del Nuovo Testamento si avvolgevano negli splendidi colori, già lambiti da un'aura di tramonto, della fiorita retorica classica. La prima parte è un racconto, come desidererebbe averlo composto qualsiasi grande artista: la storia dell'Esodo viene trascritta con le immagini di Platone; Mosè diventa un visionario, accecato dalla Luce; i fenomeni naturali assumono un meraviglioso risalto, sconosciuto alle pagine della Bibbia. La seconda parte è un'interpretazione simbolica della vita di Mosè: dove l'eredità di Filone e di Origene rivive in una mente profonda e sottilissima, capace di tutti i raffronti, dotata di un potere analogico che non finisce mai di stupirci. Da questo testo discenderanno tutti i mistici cristiani: Dio come tenebra. Dio come inconoscibile, Dio come illimitato e infinito; e se Dio è infinito e illimitato, ugualmente infinito e illimitato è il nostro desiderio di Lui, che non può appagarsi di nessuna meta, giacché vogliamo conoscere Dio non attraverso specchi e riflessi ma faccia a faccia - e questo volto, luminoso e oscuro, ci è celato. Musil non lesse mai Gregorio di Nissa; ma avrebbe ammirato in lui quello che sognava, e non fu in grado, di fondare: non una mistica della stasi, ma una mistica dell'ininterrotto movimento.
Indice - Sommario
Introduzione
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglomm
Libro primo
Libro secondo
COMMENTO
Elenco delle abbreviazioni
Libro primo
Libri secondo
Indice dei passi della Sacra Scrittura
Indice dei nomi e dei termini tecnici
Indice delle cose notevoli
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
I. L'autore e il suo ambiente. La Cappadocia, regione interna della penisola anatolica, sebbene percorsa per tempo dai missionari cristiani e aperta largamente all'evangelizzazione, fu sempre nell'antichità cristiana, come del resto anche classica, un ambiente marginale rispetto ai centri culturalmente più vivi, quali Alessandria, Antiochia, la provincia d'Asia. Ma nel quarto secolo, dopo essersi illustrata come luogo d'origine di vari capiparte ariani, da Gregorio il Cappadoce ad Eunomio, ebbe negli ultimi decenni il suo grande momento di splendore grazie a Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa, che per l'appunto vengono usualmente denominati come i Cappadoci. Legati l'uno all'altro da vincoli di parentela e di amicizia - Gregorio di Nissa fu fratello di Basilio, Gregorio di Nazianzo amico di entrambi -, dotati di personalità molto diverse fra loro, costituirono tutti insieme un possente blocco di energie e capacità che in ambito sia politico sia soprattutto culturale esercitò profonda influenza nelle tormentate vicende della vita cristiana del tempo, molto al di là del ristretto limite della loro regione natia, sia nel contrastare l'arianesimo e altre sette eretiche, sia nel propagandare e promuovere la diffusione del monachesimo, sia nell'elevare tono e spessore della cultura cristiana a livelli mai raggiunti prima d'allora e subito assurti a valore paradigmatico per i secoli a venire in tutta la cristianità orientale.
Basilio fu di questo trio il leader indiscusso. Unico fra i tre ad essere dotato anche di attitudini politiche, geniale nella riflessione teologica e ricco di doti di autentico scrittore, capeggiò in Oriente la lotta contro l'arianesimo e movimenti affini negli anni cruciali 370-8, imponendo in ambito sia politico sia teologico le soluzioni che, due anni dopo la sua morte prematura, avrebbero trionfato nel concilio di Costantinopoli del 381. Gregorio di Nazianzo, inabile luogotenente di Basilio nella lotta politica, eccelse per gli splendori della sua asiana eloquenza facendo assurgere la controversia teologica ai massimi livelli letterari. Inabile come il Nazianzeno in campo politico, meno geniale del fratello, meno dotato sia dell'uno sia dell'altro quanto a capacità di oratore e scrittore, Gregorio di Nissa trovò la sua specifica collocazione nella ricerca teologica, nella interpretazione delle Scritture, nella riflessione d'argomento ascetico e mistico.
Tutti e tre insieme, grazie all'omogeneità di una formazione culturale particolarmente approfondita anche in campo classico, rappresentarono nel variegato panorama culturale della cristianità orientale del loro tempo l'ala più aperta all'influsso delle lettere profane, ch'essi ritennero indispensabili per un efficace avviamento propedeutico all'istruzione specificamente cristiana, fondata sullo studio della sacra Scrittura. Tale ideale, che incontrava ostilità da più parti ad opera di chi era abituato a considerare incompatibile la presenza di una componente profana nella formazione cristiana, essi propugnarono sul piano teorico e realizzarono anche praticamente con la loro opera letteraria. Questa loro iniziativa assunse speciale rilievo in quanto tutti e tre i nostri personaggi ebbero tortissimo interesse per la vita monastica, che tutti e tre praticarono per vario tempo e il cui ideale rimase in loro vivissimo anche quando diverse esigenze li costrinsero ad assumere altri uffici. Usualmente, infatti, l'ideale della vita monastica veniva sentito come incompatibile con gl'ideali della cultura classica, e di fatto la grande maggioranza dei monaci del tempo era quasi del tutto illetterata e programmaticamente ostile ad ogni apertura alla paideia greca. Di contro, i Cappadoci avvertirono la possibilità di conciliare le contrastanti esigenze, e pur in una scalarità di valori che ovviamente privilegiava lo studio della sacra Scrittura rispetto a quello di Omero e Platone, riuscirono a dimostrare in teoria e in pratica che essere monaco non significava necessariamente essere rozzo e ignorante. Questa loro convinzione fu conquista perenne della cristianità orientale.
Gregorio di Nissa nacque in Cappadocia in data incerta che si colloca intorno al 355, da famiglia di condizione molto elevata la cui origine cristiana si faceva risalire all'azione missionaria di Gregorio Taumaturgo, l'evangelizzatore del Ponto allievo di Origene. Tra parecchi fratelli e sorelle, Gregorio fu legato soprattutto a Macrina e a Basilio, maggiore di lui di circa cinque anni e cui fu sempre devotissimo. Ricevuta accurata istruzione, come si conveniva a persona del suo rango, anche se non consta che abbia perfezionato la sua istruzione ad Atene, come aveva fatto Basilio, in un primo tempo si dedicò alla vita civile in qualità di maestro di retorica e si sposò. Ma successivamente, per influsso del fratello, abbandonò il mondo e si ritirò nel monastero che Basilio aveva fondato in un'amena località presso il fiume Iris.
Ma Gregorio non potè godere a lungo dei suoi ozi contemplativi, perché le esigenze della lotta contro gli ariani spinsero Basilio a richiedere l'impegno attivo anche di lui, sebbene avesse già avuto occasione di lamentarsi della sua imperizia nella vita pratica. Infatti, diventato vescovo di Cesarea di Cappadocia e metropolitano della Cappadocia, Basilio ritenne opportuno far occupare alcune sedi episcopali vacanti da persone di sua assoluta fiducia, per impedire manovre a suo danno da parte degli avversari. Nel contesto di tale politica, nell'autunno del 371 Gregorio fu consacrato vescovo di Nissa; ma l'importante ufficio portò in piena luce la sua inettitudine pratica, che il fratello ebbe occasione di rimproverargli più volte. Senza gran successo, dobbiamo pensare, se nel 576 un concilio di vescovi filoariani, riunito proprio a Nissa, lo mise sotto accusa a causa di irregolarità amministrative e lo depose. Gregorio fu perfino arrestato, ma il fratello provvide a farlo fuggire e a nasconderlo in un luogo sicuro.
Alla fine del 2017 un algoritmo di intelligenza artificiale ha collezionato una serie di vittorie schiaccianti a scacchi scegliendo mosse che la mente umana non è nemmeno in grado di assimilare o utilizzare. Qualche anno più tardi, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno annunciato la scoperta di un nuovo antibiotico ottenuto grazie all'aiuto dell'intelligenza artificiale, che era riuscita a individuare proprietà molecolari sfuggite alla concettualizzazione e alla classificazione degli scienziati. L'intelligenza artificiale sta conquistando sempre più terreno nella ricerca, nella medicina, nell'istruzione e in molti altri campi. Ma con quali conseguenze? Secondo l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, l'ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt e l'informatico e decano del MIT Daniel Huttenlocher, presto l'umanità si ritroverà a imboccare un sentiero molto pericoloso, poiché l'IA sta cambiando il pensiero, la conoscenza, la percezione, la realtà e, di conseguenza, il corso della storia. Nonostante la velocità con cui avanza e progredisce, l'IA non è infatti governata da principi e concetti morali che la contengano e le diano dei limiti, sicché la sua rivoluzione può assumere pieghe inaspettate e condurre a esiti imprevedibili. Interrogandosi sui prossimi scenari possibili, tre fra i pensatori più autorevoli e lucidi di oggi riflettono così sull'intelligenza artificiale e su come stia trasformando il nostro modo di sperimentare la realtà, la politica e le società in cui viviamo. In queste pagine, Kissinger, Schmidt e Huttenlocher non spiegano soltanto cos'è l'intelligenza artificiale, ma cosa rappresenta: un terreno di gioco fondamentale che determinerà gli assetti geopolitici futuri.
Per cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni Fiorentino Ariza ha perseverato nel suo amore per Fermina Daza, la più bella ragazza dei Caraibi, senza mai vacillare davanti a nulla, resistendo alle minacce del padre di lei e senza perdere le speranze neppure di fronte al matrimonio d'amore di Fermina con il dottor Urbino. Un eterno incrollabile sentimento che Fiorentino continua a nutrire contro ogni possibilità fino all'inattesa, quasi incredibile, felice conclusione. Una storia d'amore e di speranza con la quale, per una volta, Gabriel García Márquez abbandona la sua abituale inquietudine e il suo continuo impegno di denuncia sociale per raccontare un'epopea di passione e di ottimismo. Un romanzo atipico da cui emergono il gusto intenso per una narrazione corposa e fiabesca, le colorate descrizioni dell'assolato Caribe e della sua gente. Un affresco nel quale, non senza ironia, si dipana mezzo secolo di storia, di vita, di mode e abitudini, aggiungendo una nuova folla di protagonisti a una tra le più straordinarie gallerie di personaggi della letteratura contemporanea.
"Le lettere di Berlicche" hanno reso il nome di Lewis noto a milioni di lettori in tutto il mondo. Per un'ispirazione improvvisa, all'uscita di una chiesa, una domenica mattina d'estate, si configurò nella mente dell'autore qualcosa che, per dirla con le sue stesse parole, "potrebbe essere sia utile sia divertente... e consisterebbe in una serie di lettere che un vecchio diavolo in pensione invia ad un giovane diavolo che ha appena cominciato a lavorare sul suo primo 'paziente'. L'idea sarebbe quella di mostrare tutta la psicologia della tentazione dall'altro punto di vista". Il testo venne scritto velocemente, comparve a puntate su un periodico nel 1941 e l'anno seguente in forma di libro. Da quella lontana primavera le riedizioni non si contarono e Lewis stesso non riusciva a spiegarsi un tale favore del pubblico, se non per il fatto che le tentazioni descritte avevano un riscontro nella sua personale esperienza.
"Buongiorno brava gente" con queste parole Francesco d'Assisi si rivolse agli abitanti di Poggio Bustone quando, lasciata la sua città, iniziò a predicare la Parola di Dio per le strade del mondo. Un saluto che racchiude insieme l'entusiasmo per l'avvio di una nuova giornata e il piacere di poterla condividere con gli altri. La recente pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo, e che andare incontro a chi ci è vicino, con una parola, un gesto, un pensiero positivo, è un atto salvifico, rigenerante. Per accompagnare le persone in questi difficili mesi, padre Enzo Fortunato ha avviato una rubrica quotidiana sulla sua pagina Facebook, aprendola proprio con il francescano saluto "Buongiorno brava gente" via via è divenuta un prezioso momento di confronto e conforto reciproco, nel quale scoprire la bellezza di non sentirsi soli, di farsi comunità alla luce del Vangelo e dell'esperienza del santo di Assisi. Così, ripartendo dalle riflessioni che lì sono scaturite, padre Enzo ci propone in queste pagine un breviario per tutto l'anno, un cammino di meditazioni che scandisca il nostro tempo giorno per giorno. Perché "il Vangelo è la guida per aprire un cantiere dentro noi stessi. Nella misura in cui lavoriamo su noi stessi, lavoriamo il mondo. Nella misura in cui ci immaginiamo nel sogno, cresciamo in un mondo diverso». Anche noi siamo invitati a ricordarci che l'unico modo per affrontare le difficoltà è avere fede, e che «il rapporto con Dio, la preghiera, ci conduce agli altri. È un modo di vivere la Parola e la nostra esistenza basato sull'avvicinarsi, sul sostenersi a vicenda, sul prendersi per mano". Solo così, camminando insieme, diventeremo strumenti di pace e renderemo ogni giorno un buon giorno.