Oggi per la Chiesa la situazione è molto difficile. Si tratta di una delle tante crisi che il cristianesimo ha vissuto o di un definitivo declino? È un interrogativo che inquieta anche chi guarda al cristianesimo dall'esterno. Ma crisi non vuol dire necessariamente fine. Può essere un'opportunità per aprirsi al futuro, sapendo che il grande rischio è accontentarsi di sopravvivere, rimpiangendo un passato migliore. La soluzione è vivere nella crisi. La Chiesa oggi è chiamata a una condizione di lotta, questa volta non contro nemici esterni ma contro l'indifferenza e il discredito.
La "Metafisica" rappresenta una delle opere più straordinarie del pensiero filosofico. In questa edizione con testo a fronte, la nuova traduzione e il commento di Enrico Berti, il più autorevole studioso italiano di Aristotele. La traduzione si basa sul testo dei manoscritti della cosiddetta 'famiglia alpha', oggi riconosciuti come i più affidabili perché non influenzati dal commento di Alessandro di Afrodisia e degli altri commentatori antichi. Essa si differenzia da quelle disponibili per il suo carattere il più possibile letterale, che aderisce al testo greco rendendo tra virgolette i neologismi e le espressioni tecniche introdotte da Aristotele. Il testo originale è quello dell'edizione Ross, ma si segnalano in nota tutti i passi in cui la traduzione se ne discosta. Le note aiutano la comprensione dei passi più difficili e danno conto dell'avanzamento degli studi più recenti. L'introduzione, infine, propone una nuova interpretazione complessiva della Metafisica di Aristotele, che Enrico Berti ha maturato in oltre cinquant'anni di studi.
A Milano la religione gioca da sempre un ruolo importante, anzi decisivo. Nemmeno i laicisti più incalliti protestano se sono chiamati 'ambrosiani', dal nome del vescovo Ambrogio, e nessuno si risente per l'inno indiscusso della città "O mia bela Madunina". Ambrogio è considerato patrimonio di tutti, né si potrebbe immaginare Milano senza il suo santo vescovo e senza la Madonnina d'oro. Dal santo patrono a san Carlo Borromeo, da Montini a Martini, a Tettamanzi, i ministri del culto hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia religiosa e civile di Milano. Ma in queste pagine non troveremo solo storie di arcivescovi. Questo libro è un vero e proprio viaggio nel rito ambrosiano e nel perché della sua diversità, nell'origine e nei segreti dei luoghi di culto, nelle figure (come don Carlo Gnocchi, Luigi Giussani, David Maria Turoldo) che hanno dato al cattolicesimo milanese una vivacità speciale. Aldo Maria Valli entra nell'Università Cattolica, visita la Biblioteca Ambrosiana, racconta dei missionari nel mondo, fa la storia della comunità ebraica e della presenza islamica, propone un giro nelle abbazie, fa capire quanto siano centrali a Milano (città 'dal cuore in mano') il connubio tra fede e carità e il dialogo tra religioni e culture. Tantissime le curiosità. Ad esempio, sapete perché si dice 'roba da chiodi'? E da dove deriva l'espressione 'viaggiare a ufo'?
Il Novecento, un secolo che si apre col trauma originario della Grande Guerra e si chiude con le trasformazioni seguite alla caduta del muro di Berlino. È la periodizzazione di questo volume, che in questa edizione si spinge fino ad analizzare gli ultimi eventi dei nostri giorni, come ad esempio la guerra in Iraq.
Compiendo il "gran rifiuto", Benedetto XVI ha dato prova non di viltà, ma di un coraggio che acquista oggi un senso e un valore esemplari. La sua decisione richiama con forza l'attenzione sulla distinzione fra due principi essenziali della nostra tradizione etico-politica, di cui le nostre società sembrano aver perduto ogni consapevolezza: la legittimità e la legalità. Se la crisi che la nostra società sta attraversando è così profonda e grave, è perché essa non mette in questione soltanto la legalità delle istituzioni, ma anche la loro legittimità, non soltanto, come si ripete troppo spesso, le regole e le modalità dell'esercizio del potere, ma il principio stesso che lo fonda e legittima. Il 'mistero del male', di cui parla l'apostolo Paolo, non è un cupo dramma teologico che trattiene la fine dei tempi e paralizza e rende enigmatica e ambigua ogni azione, ma un dramma storico in cui l'Ultimo Giorno coincide col presente e in cui ciascuno è chiamato a fare senza riserve e senza ambiguità la sua parte.
I santuari hanno cominciato a diffondersi a partire dal IV secolo grazie al successo in Occidente del culto dei santi. Grande, infatti, era l'afflusso di pellegrini desiderosi di ottenere guarigioni, di venerare reliquie e immagini sacre legate soprattutto alle apparizioni della Madonna e dell'arcangelo Michele. Questo rappresentava un paradosso per la religione cristiana, dal momento che il suo fondatore aveva rifiutato l'idea che esistessero dei luoghi privilegiati per rivolgersi a Dio. Ma le iniziative dei vescovi e la pressione dei fedeli smussarono presto questo riserbo. André Vauchez ricostruisce la storia della formazione di questi santuari e la loro crescita all'interno del mondo cristiano occidentale fra il IV e il XVI secolo. I più rinomati furono quelli di Gerusalemme - a cominciare dal Santo Sepolcro -, San Michele Arcangelo sul Gargano e in Normandia, San Martino di Tours e Rocamadour in Francia, Santiago di Compostela in Spagna e, negli ultimi secoli del Medioevo, San Francesco ad Assisi e della Madonna di Loreto in Italia. Insieme ad altri più modesti e meno noti, questi santuari formarono una rete densa di luoghi sacri che popolò l'Europa con forme nuove di sacralità. Un'ampia iconografia completa una ricerca così vasta e originale.
Un uomo del Medioevo, immerso nel suo tempo. Questo il Dante che ci racconta un grande storico in pagine di vivida bellezza. Dante è l’uomo su cui, per la fama che lo accompagnava già in vita, sappiamo forse più cose che su qualunque altro uomo di quell’epoca, e che ci ha lasciato la sua testimonianza personale su cosa significava, allora, essere un giovane uomo innamorato o cosa si provava quando si saliva a cavallo per andare in battaglia. Alessandro Barbero segue Dante nella sua adolescenza di figlio d’un usuraio che sogna di appartenere al mondo dei nobili e dei letterati; nei corridoi oscuri della politica, dove gli ideali si infrangono davanti alla realtà meschina degli odi di partito e della corruzione dilagante; nei vagabondaggi dell’esiliato che scopre l’incredibile varietà dell’Italia del Trecento, fra metropoli commerciali e corti cavalleresche. Il libro affronta anche le lacune e i silenzi che rendono incerta la ricostruzione di interi periodi della vita di Dante, presentando gli argomenti pro e contro le diverse ipotesi e permettendo a chi legge di farsi una propria idea, come quando il lettore di un romanzo giallo è invitato a gareggiare con il detective e arrivare per proprio conto a una conclusione.
"All'ingresso di porta Sant'Anna, subito dopo il controllo della gendarmeria, sulla destra, c'è un bancomat dello Ior. Si trova in una nicchia ricavata nel muro e, apparentemente, è come tutti i bancomat di questo mondo. Se però vi avvicinate (e siete in compagnia di chi dispone dell'apposita tessera) scoprite che ha una particolarità. Le istruzioni, oltre che in italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo, sono fornite anche nella lingua dei padri. "Carus expectatusque venisti" dice la videata introduttiva: in pratica, "benvenuto". Dopo di che, ecco l'indicazione operativa: "Inserto scidulam quaeso ut faciundam cognoscas rationem", che sarebbe come dire "inserisci per favore la scheda, per accedere alle operazioni consentite". I latinisti hanno un po' arricciato il naso, perché secondo loro l'adattamento è stato un po' troppo disinvolto, ma bisogna ammettere che non è facile tradurre in una lingua antica concetti moderni. E una volta inserita la scidula che succede? Quattro le opzioni: "deductio ex pecunia" (prelievo), "rationum aexequatio" (saldo), "negotium argentarium" (movimenti) e "retrahe scidulam deposita" (ritirare la tessera). L'unico problema è che se scegliete la prima opzione dopo pochi secondi il bancomat sputerà fuori comunissimi euro e non preziose monete romane d'oro e d'argento". Aldo Maria Valli non lesina dettagli, spiega come si entra in Vaticano, racconta curiosità, stranezze e aneddoti, visita il garage del papa, fa un giro nell'appartamento pontificio...
"Il mondo come volontà e rappresentazione resta ancora oggi la testimonianza appassionante e illuminante di una crisi intellettuale e morale che è ben lontana dall'essere risolta; e chi lo legge con occhio storico può ben riconoscervi uno dei documenti essenziali per comprendere l'origine e il significato di talune idee che sono ancora operanti nella filosofia contemporanea, pronte, comunque, a riemergere ogni volta che la storia sembra deludere o sconfiggere". (Dall'Introduzione di Cesare Vasoli)
Le grandi distopie immaginate da Orwell o da Huxley esprimevano la propria visione degli orrori del mondo solido-moderno abitato da produttori e soldati irreggimentati e ossessionati dall'ordine. Essi credevano nei sarti su misura, cioè nella possibilità di confezionare un futuro su ordinazione. Temevano gli errori di misurazione, i tagli scadenti o la corruzione dei sarti, ma non pensavano certo che le sartorie potessero fallire e scomparire. Le distopie del presente rappresentano un mondo in cui i sarti non ci sono più, in cui ci si crea da sé il proprio futuro che nessuno controlla, né vuole o sa controllare. In un mondo come questo non può che crescere lo scoramento e il disfattismo, l'incapacità di agire e la sensazione di essere condannati a soccombere. Eppure, secondo Bauman, questa è soltanto la descrizione di quello che stiamo vivendo. Non è vero che è «sempre la stessa storia»: il futuro non si deduce dal presente, il futuro non è un destino. Ancora una volta Zygmunt Bauman illumina, legge, interpreta e traduce ogni piega del tempo che viviamo.
Un giovane di Assisi era figlio di un ricco mercante e banchiere (nonché, forse, usuraio). Il padre, che lo conduceva con sé nei suoi viaggi d'affari in Francia, volle rinominarlo 'Francesco' in omaggio alla dolce terra della poesia cortese, che il ragazzo amava. Francesco non era né nobile né particolarmente bello e il suo fisico era fragile, cagionevole. Ma era ricco, brillante, affascinante, spiritoso, sapeva cantare, suonare e danzare: era il 'principe della gioventù' della sua città. Sognava la gloria, le imprese cavalleresche in paesi lontani, l'amore. Poi venne la lotta civile nella sua città, alla quale prese parte, e infine la guerra contro Perugia: combatté, forse uccise, restò alcuni mesi prigioniero. Quando tornò a casa, gli amici avrebbero voluto vederlo riprendere la vita spensierata di prima. Ma non era più lui. Il contatto con la guerra e con il dolore lo aveva cambiato. Una volta incontrò un lebbroso: la lebbra gli aveva sempre fatto paura e orrore. Ma quel giorno scese da cavallo e abbracciò quel miserabile. Da allora, sarebbe diventato cavaliere del Cristo.