L'assassinio del conte Bonmartini poteva restare un episodio di cronaca nera dell'Italia d'inizio Novecento e invece, coinvolgendo i figli di un noto esponente della cultura scientifica italiana, il clinico Augusto Murri, si trasformò nel caso giudiziario più discusso dell'epoca giolittiana; giornali, pubblicazioni a dispense, cartoline illustrate, fogli volanti, volumi stampati ancor prima della conclusione del dibattimento fecero di questo episodio giudiziario un fenomeno collettivo di grande portata sociale. La strumentalizzazione ideologica e politica, l'attacco alla scienza, la perdita di rispettabilità della borghesia, ma anche il richiamo di tutto ciò che è intrigo e licenziosità sessuale: più che una causa celebre il "bel delitto di Bologna" - come lo definì la stampa straniera - negli anni che vanno dall'apertura dell'istruttoria nel 1902 al verdetto nel 1905 viene assumendo i tratti di un grande romanzo popolare. Sulla scia dell'affaire Dreyfus, la vicenda Murri diviene il primo caso mediatico dell'Italia unita, che sollecita tra l'altro l'appassionata partecipazione di illustri personalità della cultura come Pascoli, Ada Negri, Capuana, oltre ai Lombroso, a Mann, Mesnil, Bjornson e ad Anna Kuliscioff. Attraverso la rilettura di atti giudiziari, perizie, carteggi inediti, reportages giornalistici, memorie e diari dei protagonisti, l'autrice ricostruisce il caso offrendo una vivace fotografia della società italiana all'aprirsi del secolo nuovo.
La loro esistenza si esprimeva in un'unica parola: servire. Servire Mussolini e la rivoluzione fascista. A costo di morire. Ma chi erano questi sacerdoti del regime e perché avevano una fede così assoluta nel duce? In questo volume l'autore ricostruisce la storia di Niccolò Giani, Guido Pallotta, Berto Ricci e dei tanti altri che in quegli anni credettero, obbedirono e combatterono in nome del fascismo. Il volume si basa su una ricca documentazione di diari e carteggi privati ed è completato da un'Appendice di documenti inediti, fra i quali il diario dal fronte di Giani e le lettere dalla guerra dei giovani volontari di Mistica.
Dicembre 1944. Milano è diventata l'ultima roccaforte del fascismo in agonia. Nella città devastata dai bombardamenti, Mussolini gioca una carta disperata: lascia il rifugio sul lago di Garda per parlare ai suoi fedeli convocati al teatro Lirico. Il colpo di teatro gli riesce, ma sarà anche il colpo di coda di un uomo ormai segnato dal destino: Hitler si ucciderà nel bunker di Berlino e Mussolini verrà fucilato a Dongo, nell'aprile del 1945. Ma nelle intenzioni di Giovanni Pesce, comandante dei Gruppi di Azione Patriottica e medaglia d'oro della Resistenza, il duce avrebbe dovuto morire cinque mesi prima, durante la sua permanenza a Milano. Questa è la storia di un attentato mancato, "incorniciata" nel tragico e spietato mondo in cui maturò.
Fino a non molti anni fa per la maggioranza degli americani, i "dagos", come venivano chiamati gli emigrati italiani, erano più o meno tutti dei mafiosi. Qualsiasi cosa facessero, sembrava impossibile sfuggire a questa accusa. Frutto di anni di ricerche di uno dei più famosi giornalisti del "Time", questo volume è un'inchiesta sugli italoamericani a partire da Colombo e Verrazzano. Un'indagine che mostra il vero volto degli emigrati italiani che dall'industria alle banche, dallo sport allo spettacolo, hanno contribuito a fare dell'America un mito.
Il duce, solo di fronte all'immagine di se stesso, sceglie, per confessarsi, un estraneo e un laico: il medico che per caso gli era accanto, e con lui si sfoga, parla senza reticenze del suo passato, dei suoi amori, dei suoi rimpianti, gli racconta aneddoti curiosi, trancia giudizi sui contemporanei. Una preziosa testimonianza che rivela un Mussolini intimo e inedito, esitante dinanzi alle decisioni più gravi, che non si atteggia più a "infallibile", che parla con franchezza dei protagonisti del suo tempo: odiava Badoglio, era scettico sulla funzione della Chiesa, provava stima e ammirazione per Churchill, frustrante sentimento di dipendenza nei confronti di Hitler, alta considerazione per Goebbels, disprezzo per Goering.
A metà tra storia e sociologia, tra ricerca e biografia generazionale, una ricostruzione della genesi del Sessantotto e un ritratto della gioventù che diede vita alla stagione più intensa della politica italiana del dopoguerra. Con lo sguardo partecipe di chi ha vissuto l'era della ricostruzione in prima persona e il distacco imparziale dello storico, l'autore racconta la difficile gioventù dei "figli della guerra" e del primo dopoguerra, cresciuti all'ombra dell'eredità della Resistenza, delle contraddizioni della "pacificazione nazionale" e del "miracolo italiano". Si dispiega così lo scenario sociale e culturale che rese possibile, nel bene e nel male, lo straordinario impegno politico della gioventù del Sessantotto.
L'America delle grandi presidenze democratiche è ormai un ricordo lontano. Le riforme di Roosevelt e dei Kennedy sono esaurite da tempo, il nuovo corso sembra rinnegarle almeno in parte. Sono cambiati i meccanismi che governano il sistema politico e la formazione del consenso. È in atto un ampio processo di frammentazione della società dovuto a un'immigrazione, prevalentemente di ispanici e di asiatici, che non riesce a integrarsi. La fine della guerra fredda ha visto la nascita di un unilateralismo sempre più orientato verso l'uso dello strumento militare che si sta rivelando inadatto a combattere il terrorismo. Mammarella passa al setaccio la realtà politica e sociale dell'America di oggi.
Con l'avvento della Seconda Repubblica, si è avviata in Italia una smobilitazione ideologica che ha investito le fondamenta dell'identità nazionale, a cominciare dalla Resistenza. Si propone una sorta di nuovo patto fondativo basato sulla riconciliazione tra i nemici di ieri e sulla "condivisione" di storia e memoria. Una "equidistanza" tra brigate partigiane e brigate nere, tra anticomunismo e antifascismo. Luzzatto mette in discussione le premesse storiche, politiche ed etiche di questa logica, denunciando l'odierna diffusione della Vulgata post-fascista, che minimizza i crimini del Ventennio, e argomentando l'attualità dell'antifascismo quale antidoto alle derive populiste, plebiscitarie e razziste.
Un medioevo inaspettato dalle mille invenzioni: occhiali e bottoni, ma anche forchetta e spaghetti, note musicali e polvere da sparo. Un racconto affascinante, una storia documentata di sorridente ironia e di immagini colorate. Il narratore è Chiara Frugoni, uno dei maggiori medievisti italiani, che crea un dizionario ideale del Medioevo con lievità e humour rispondendo a tante curiosità implicite o esplicite poste dalle nostre esperienze quotidiane di oggetti, usanze e modi di dire.