Emergenze climatiche e crisi ambientali, conflitti per l'energia e fondamentalismi religiosi, turbocapitalismo in panne ed eclissi degli idiomi minori: agli esordi del nuovo millennio, ci troviamo immersi in un "tempo che strapiomba", si aprono nuove difficili sfide, che stiamo affrontando inconsapevoli. Una certa teoria del progresso, sordida e indifferente all'etica, rischia di portarci verso l'autodistruzione. Sono riflessioni come queste ad angosciare oggi Andrea Zanzotto, maestro di coscienza, oltre che autore di versi fra i più importanti e profetici del Novecento. In queste conversazioni, frutto di una lunga amicizia e consuetudine, il poeta ripercorre con Marzio Breda la propria esperienza umana, culturale e creativa. Soprattutto, tratta alcuni temi chiave del nostro presente, quando è più che mai necessario riscoprire il passato per sondare il futuro: paesaggio e linguaggio, storia e memoria, fede e politica, eros e psicoanalisi...
Dal 1999 al 2008 Emanuele Trevi ha registrato un gran numero di conversazioni con Raffaele La Capria, "decano" degli scrittori italiani puntualmente riscoperto da nuove generazioni di critici e lettori. Ne è nata una sorta di diario e insieme di autobiografia che dalla Napoli degli anni Trenta giunge fino a noi oggi. Una Napoli che è stata fonte di ispirazione inesauribile, definita dall'autore stesso "metafora di un conflitto tra personaggio e uomo, tra un'idea di sé astrattamente compiuta e la fatale insufficienza di questo progetto di personalità". Stimolato da una particolare atmosfera di confidenza e amicizia con l'intervistatore, La Capria traccia un autoritratto pieno di luci e ombre, ripercorrendo i momenti cruciali della letteratura italiana del Novecento.
1962: un vecchio verbale di polizia viene ritrovato da Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano siciliano "L'Ora". Si tratta delle rivelazioni di un pentito mafioso, risalenti al 1936, che descrivono l'organigramma completo di Cosa Nostra. Un giornalista d'assalto come De Mauro non si lascia sfuggire l'occasione e pubblica il verbale sul giornale palermitano in tre puntate. Un documento scioccante e allo stesso tempo decisivo per le sorti di De Mauro, che oggi potrebbe costituire la giusta chiave per ristabilire i motivi della sua scomparsa, avvenuta il 16 settembre 1970 a Palermo. A processo in corso contro la cupola di Cosa Nostra, l'inchiesta di Francesco Viviano, inviato speciale di "Repubblica", fa a pezzi le tesi montate per un trentennio sulla morte di De Mauro: le indagini che il cronista fece sulla scomparsa del presidente dell'Eni Enrico Mattei, quella sul presunto traffico di stupefacenti e svariate altre ipotesi, poi rivelatesi veri e propri depistaggi. Dietro la morte di De Mauro ci sarebbero infatti il famigerato tentato golpe di Junio Valerio Borghese e la ricostruzione con troppi anni d'anticipo degli interessi che la mafia siciliana tesseva insieme a illustri personalità del mondo politico, nobiliare e imprenditoriale, che da Palermo portavano dritto dritto a Roma.
"L'idea poetica, per me, non si ferma alle frontiere. Ogni poesia mediterranea è mia. Ogni poesia che annuncia il viaggio, che dà ospitalità, che semina generosità. In ogni angolo del mondo. E lì che comincia il Mediterraneo. Non un luogo recintato da principi geografici o da un'idea che rinnega l'Altro che viene da Sud, da Oriente o da Occidente". Una dichiarazione di principi e d'intenti, quella di Bennis, che colpisce per la sua bruciante attualità. Mohammed Bennis, uno dei poeti marocchini più conosciuti e stimati nel mondo arabo, ha dimostrato negli anni un forte impegno intellettuale e civile. Non a caso è stato l'ideatore della Giornata della poesia dell'Unesco, che si celebra ogni anno il 21 marzo, con lo scopo di stimolare il dialogo attraverso la poesia, ed è da sempre un convinto assertore dell'importanza della traduzione per la promozione della conoscenza tra le culture. Una poetica che sfocia in una pratica di vita sul rapporto tra Mediterraneo e poesia. "Spazio libero e ospitalità come pratica quotidiana: è stata questa lezione che mi ha permesso di comprendere la poesia. La poesia non ammette frontiere chiuse e non obbedisce alla logica degli interessi. Ogni volta che mi trovo nella poesia sento il Mediterraneo divenire la mia casa aperta, senza soffitto né muri né porte. Aperta su uno spazio infinito".
Giorgio Agamben ha raccolto in una serie di saggi brevi i motivi più urgenti e attuali delle sue ricerche: dalla festa, messa inaspettatamente in relazione con la bulimia contemporanea, alla nudità, di cui vengono indagate le nascoste implicazioni teologiche; dal problema del corpo glorioso dei beati, che non si nutrono e non fanno all'amore, a quello dell'inoperosità come paradigma dell'azione umana. Il punto di fuga verso cui convergono tutti questi temi è la politica, intesa come una soglia in cui teoria e prassi, arcaico e contemporaneo coincidono senza residui, e in cui può muoversi soltanto una scrittura che ha bruciato tutte le sue carte di identità ed è, insieme, filosofia e letteratura, divagazione e scheda filologica, trattato di metafisica e nota di costume.
Storie di coraggio e di amore. Storie che fanno rabbrividire e, insieme, commuovono. Storie di ragazze che hanno amato l'uomo sbagliato e di famiglie che le hanno ammazzate. La giornalista turca Ayse Onal scava nei rimorsi, nell'ignoranza e nella stupidità degli assassini per capire come si possa giungere a uccidere per onore persone che si amano. Con una scrittura piena di pietà, ma così rigorosa da non tacere nulla, riesce nell'impresa di illuminare le figure delle vittime e ricostruire le vicende che le hanno condotte a morire. Tra disperati tentativi di fuga, matrimoni forzati, amori improvvisi e travolgenti. Dopo botte, umiliazioni, violenze. E così, leggendo dell'indomabile Remziye o dell'ingenua Papatya, si squarcia il velo di indifferenza che avvolge un fenomeno di proporzioni immani. Nella sola Inghilterra si stima che circa 18 mila ragazze ogni anno siano vittime di crimini legati all'onore. Una tragedia che non chiama in causa soltanto la Turchia, dove il libro è ambientato, ma l'umanità intera. Anche l'Italia, sempre più spesso, come dimostra la cronaca.
Non ci sarà alcuno "scontro di civiltà". Quello che oggi si profila è al contrario un potente movimento di convergenza su scala planetaria nella comune direzione del progresso. E il mondo musulmano non sfugge alla regola. Contro le tesi allarmistiche che vedono nel fondamentalismo islamico la causa primaria di una società chiusa e retrograda, e di un'insanabile frattura con l'Occidente, gli studi demografici di Youssef Courbage ed Emmanuel Todd dimostrano che i paesi musulmani stanno vivendo un cambiamento profondo e radicale, in grado di plasmare le tradizioni e i modelli culturali più rigidi. Dal Marocco all'Indonesia, dalla Bosnia alla Turchia, all'Iran, all'Arabia Saudita, i dati parlano di diminuzione del tasso di fecondità, di aumento dei livelli di alfabetizzazione di uomini e donne, di erosione dell'endogamia: sconvolgimenti che si accompagnano a una graduale rivoluzione delle strutture familiari, dei rapporti di autorità, dei riferimenti ideologici, e che alimentano l'ascesa dell'individualismo. Alla luce di questa analisi, le intolleranze, le violenze e le convulsioni che scuotono oggi l'islam rappresentano in realtà una classica reazione al disorientamento provocato da ogni processo di transizione una reazione destinata alla sconfitta e a cui non sono stati estranei i grandi mutamenti demografici che in passato hanno cambiato il volto dello stesso Occidente cristiano.
Il 16 maggio 1943 il ghetto di Varsavia veniva raso al suolo, defintivamente; ne rimaneva un cumulo di macerie, ma fu un'illusione dei nazisti pensare di poter distruggere anche il ricordo di quei terribili giorni. Mary Berg aveva lasciato il ghetto qualche mese prima, in attesa di essere scambiata con ufficiali tedeschi prigionieri delle forze alleate; con sé, sotto gli occhi vigili dei nazisti, portò le pagine del suo diario. Quando iniziò a scriverlo, il 10 ottobre 1939, Mary Berg aveva 15 anni e un'incredibile capacità di osservare quegli stessi eventi dai quali si sentiva travolta. La sua attenzione ai fatti storici, tuttavia non impedisce mai l'emergere dei sentimenti o di aspetti della sua vita privata di adolescente. Ne scaturisce un libro che, oltre al suo valore di documento, apre a interrogativi e a risposte di bruciante attualità. Sostenuto da una scrittura scarna e veloce, ricca di partecipazione emotiva e non mai rassegnata al divario che si apriva tra la realtà e le parole per rappresentarla, il diario di Mary Berg, come quello di Anne Frank, è una testimonianza irrinunciabile del nostro tempo.
Lo stretto di Messina e le opere incompiute che bloccano l’Italia
251 a.C.: il console Lucio Cecilio Metello unisce Calabria e Sicilia con un sistema di zattere galleggianti. Un ponte provvisorio per elefanti, carri e soldati.
1870: l’ingegnere Carlo Navone progetta un tunnel ferroviario. Solo quattro anni di lavoro e otto chilometri di binari sottomarini per collegare Reggio e Messina.
2008: se ne sono occupati 33 governi, 234 ministri e sono passate 12 legislature. Un quintale di documenti e 160 milioni di euro spesi. Lo hanno promesso tutti: Mussolini, Craxi, Prodi e Berlusconi. Ma del ponte nemmeno l’ombra.
Cosa saranno mai tre chilometri? Passeggiando in tutta tranquillità, si percorrono in meno di tre quarti d’ora.
Eppure è dalla notte dei tempi che tre chilometri di mare tengono lontana la Sicilia dal resto d’Italia. File interminabili per imbarcarsi sui traghetti, disservizi e ritardi da record: ecco come tre chilometri si trasformano in un’avventura costosa. Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare del Ponte sullo Stretto, definendolo ogni volta in un modo diverso: grande opera, ecomostro, segno del progresso, favore alla mafia, simbolo di rinascita... Mille e più attributi che hanno alzato un inutile polverone attorno a un progetto considerato l’emblema di un Paese immobile.
Con Questo ponte s’ha da fare, Giuseppe Cruciani svela impietosamente scandali, cifre e retroscena dell’Italia dei cantieri bloccati, dall’autostrada Tirrenica alla metropolitana di Roma, dai treni ad Alta Velocità alla Salerno-Reggio Calabria. Ma nella classifica delle opere incompiute, il ponte resta al primo posto: la società Stretto di Messina è nata nel 1971, da allora sono stati spesi fiumi di denaro da governi di qualsiasi colore, con l’unico risultato di aver accatastato una montagna di progetti e documenti. Oggi continuiamo a chiederci se vale la pena di affrontare questa impresa, trascurando un dato incontrovertibile: tornare sui nostri passi costerebbe molto più che portare a termine il lavoro. E’ ora di accettare questa sfida, non tanto per scrivere l’ultimo capitolo dell’unità d’Italia, ma per far sì che tre chilometri tornino a essere tre chilometri. Per chiunque.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.