Noi dobbiamo a Ronchey alcuni dei migliori saggi apparsi negli ultimi trenta o quarant’anni nella carta stampata, non soltanto italiana.
— Indro Montanelli
Alberto Ronchey è stato uno degli intellettuali più importanti nel panorama italiano del secondo Novecento, capace come pochi di incarnare, con un giornalismo concentrato sui fatti e distante dalle ideologie, quello stile “anglosassone” che oggi sembra scomparso dalle pagine dei quotidiani.
Nei lunghi anni della sua attività ci ha raccontato l’unione Sovietica di Chruščëv, la Berlino divisa dal muro, l’America di Kennedy e la questione meridionale. Ha inventato formule ormai parte del patrimonio comune, come il “fattore K” per il Partito comunista e la “lottizzazione” della Rai.
In questa conversazione Pierluigi Battista riesce a tirare fuori il meglio dell’esperienza e dei ricordi di Ronchey, facendoci guidare attraverso le svolte e le crisi che hanno segnato gli ultimi sessant’anni della nostra storia e regalandoci il ritratto vivo di un grande uomo: il leggendario perfezionismo, il disincanto, il rifiuto delle mode, e quel desiderio insaziabile di capire e raccontare il mondo.
WikiLeaks negli ultimi tre anni ha letteralmente sconvolto il mondo dell’informazione e le sue regole producendo più scoop del Washington Post negli ultimi trenta, dal video sull'uccisione di civili iracheni da parte di elicotteri Apache americani, alla recente diffusione di una ingente mole di dispacci riservati della diplomazia USA. Tutti documenti che non sarebbero mai venuti alla luce senza WikiLeaks.
Ma cosa c'è dietro questo sito creato nel 2006 dall'hacker australiano Julian Assange, i cui server custodiscono come in una cassaforte inespugnabile i dossier segreti inviati da gole profonde a cui viene garantito il più completo anonimato? Chi vaglia e decide cosa deve essere reso pubblico e cosa no? Quali nuovi scoop si prepara a diffondere?
E chi è Assange, questo enigmatico e controverso Robin Hood dell'informazione, bestia nera del Pentagono e di molti governi e servizi segreti, che predica l'assoluta trasparenza ma la cui vita e attività restano avvolte in una cortina impenetrabile di mistero?
Daniel Domscheit-Berg è la persona più adatta per condurci dietro le quinte di WikiLeaks e svelarci per la prima volta i molti segreti del suo fondatore. L'informatico tedesco infatti è stato per tre anni il numero due dell'organizzazione, che ha lasciato nel 2010 per via di contrasti insanabili con Assange, di cui era il braccio destro e che poi ha accusato di una gestione dittatoriale e poco limpida del sito che ne ha tradito la vocazione e lo spirito originari.
Proprio perché continua a credere fermamente nel progetto, Domscheit-Berg ha deciso di raccontare la storia di WikiLeaks come nessuno l'ha mai letta. E vuole essere sicuro che i futuri informatori sappiano in che mani stanno per consegnare i loro segreti.
Si tratta di una selezione di scritti su alcune figure chiave della letteratura tedesca. Scritti durante l'esilio americano, i saggi scoprono una tradizione diversa da quella fissata dalla letteratura nazionale. La maliziosa ironia di Heinrich Heine, la lotta esistenziale di Franz Kafka con le idee del mondo della vecchia Europa, si ricompongono lungo la corrente della "tradizione nascosta" che è quella della coscienza ebraica, della esclusione che non rinnega la propria storia in cui il futuro era precluso dal passato. Accanto ad essi, altre figure che hanno illuminato con il loro scrivere i tempi oscuri della loro epoca: l'intelligenza erudita e ribelle di Walter Benjamin, il poeta e politico Bertolt Brecht e un piccolo e gustoso ritratto di Charlie Chaplin.
Se la scienza moderna è stata sempre vista con sospetto e timore, indotti a volte dagli stessi comportamenti degli scienziati ma soprattutto dall’uso che è stato fatto a fini bellici delle scoperte scientifiche, non bisogna mai dimenticare che a questa stessa scienza si devono gli importanti progressi del mondo umano che ci aiutano a combattere non soltanto le malattie, ma anche e soprattutto catastrofi e miserie in ogni parte del mondo. Lo scopo che si prefiggono gli autori di questo libro è appunto quello di coniugare la ricerca scientifica con le ragioni del pacifismo, in nome di una comune lotta per la salvaguardia dei principali valori umani: una lotta laica e liberale, nel segno del rispetto di tutte le convinzioni ma che rifiuta ogni dogmatismo precostituito. Il volume si compone di una lunga conversazione fra Alessandro Cecchi Paone e Umberto Veronesi, seguita da una vera e propria storia del pensiero pacifista fra ispirazione religiosa e tradizione liberale e socialista, da San Francesco a Bertrand Russell, da Kant a Gandhi, da Aldo Capitini ad Einstein…
Il pio Rumor, l'irriducibile Fanfani, l'eterno Andreotti, l'enigmatico Moro, l'aggressivo De Mita, il monacale Berlinguer, l'ardimentoso Craxi, il tenace Almirante, l'ambizioso Spadolini... Giampaolo Pansa rimette sulla scena alcuni dei protagonisti che dal 1948 al 1989 hanno guidato l'Italia, ripercorrendo il loro tempo. Il caos delle correnti. L'alterigia dei ras locali. Il cancro della mafia. Le bombe del terrorismo, il sequestro di Aldo Moro. Il ciclone della Loggia P2. La guerra fra comunisti e socialisti. In queste pagine Giampaolo Pansa racconta come la vede un italiano uguale a molti. Allarmato dal disordine della lotta politica di oggi. E dal rischio che corre un Paese in cerca di un equilibrio sereno.
Quanto costa tornare all'energia atomica? Chi pagherà? Si tratta davvero di energia pulita, di una tecnologia avanzata? È vero che siamo l'unico Paese a mettere in dubbio il nucleare, quando tutti gli altri lo accettano senza problemi? Roberto Rossi, che segue da anni il piano governativo di rilancio nucleare, risponde in maniera semplice e diretta, grazie alla consultazione di esperti, anche stranieri, e alla lettura di documenti inediti sul programma attuativo del governo. E svela anche i nomi della nuova "cricca nucleare": perché l'energia atomica è vantaggiosa solo per chi costruisce, per chi gestisce la rete elettrica e per i grandi finanziatori. L’utente finale non ha nulla da guadagnarci.
Gli assassini del diciottenne Federico Aldrovandi, condannati in Cassazione, sono in servizio attivo in polizia. Gli assassini di Stefano Cucchi non sono ancora stati individuati. E molti altri casi, come questi, peggio di questi, non vedranno mai la luce delle cronache né, forse, di un'aula di giustizia. Intervistando parenti delle vittime e colleghi dei carnefici, magistrati e attivisti dei diritti umani, questo libro fa il punto su un fenomeno in crescita, quello della violenza e dell’impunità che dilagano tra le forze dell'ordine, uno dei sintomi più preoccupanti della deriva autoritaria del nostro Paese.
Ecco l'atteso seguito di Kitchen Confidential. Dieci anni dopo la pubblicazione del libro in cui venivano rimarcate le idiosincrasie e i pericoli che si nascondevano nell'andare a cena fuori, molte cose sono cambiate nella sottocultura degli chef. Con il suo stile sempre graffiante, Bourdain ci mostra quello che si cela nelle cucine, racconta l'attuale pessimo stato della ristorazione, e infine descrive alcuni dei grandi nomi del mondo culinario: David Chang, la giovane superstar che ha radicalizzato in questi ultimi anni il paesaggio della cucina (unendo a quello europeo il gusto asiatico), e la tanto venerata Alice Waters, la cuoca californiana che è riuscita a far seminare un orto nella Casa Bianca a Michelle Obama. Il riflesso della crisi economica sul mercato e sugli obiettivi dei grandi cuochi diventa occasione per una valutazione attenta dell'industria culinaria, tra cui l'hamburger e la cultura alimentare che lo sostiene, la pessima qualità della carne e le sue conseguenze sulla salute umana. La conclusione a cui giunge Bourdain è pertanto "meno carne ma carne migliore", ma pur sempre condita dal suo inarrivabile sarcasmo acido.
SE DA QUANDO SEI RIMASTA INCINTA ti senti un po’ tra le nuvole (fai fatica a ricordarti dove hai parcheggiato la macchina oppure hai messo le chiavi di casa in frigorifero) e in giro ti sembra di vedere solo carrozzine e pancioni… non devi assolutamente preoccuparti!
Il tuo cervello si sta preparando a un grande cambiamento, completamente positivo. Diventare mamma ti renderà più intelligente, brillante, attenta, sensibile e decisa, ed è merito di madre natura che prepara il tuo corpo e la tua testa ad affrontare il compito magnifico di crescere un figlio.
Con rigore scientifico, semplicità, ironia e un bagaglio di esperienze di vita, Katherine Ellison abbatte il luogo comune della “mamma rimbambita” e ti aiuta a mettere a frutto consapevolmente le tue nuove capacità.
“FINALMENTE UN LIBRO CHE STRAVOLGE LO STEREOTIPO DELLE MAMME SENZA CERVELLO!”
The Boston Globe
“NO, CAMBIARE PANNOLINI NON TI FA DIVENTARE UNA SVAMPITA. AL CONTRARIO: LA MATERNITÀ TI RENDE MOLTO PIÙ INTELLIGENTE.”
Time Magazine
Si sbaglia di grosso chi sostiene che la maternità faccia perdere brillantezza intellettuale e che per le mamme l’attività mentale più impegnativa sia cambiare pannolini!
Eppure era stata proprio questa paura a trattenere Katherine Ellison dall’avere un figlio. Dopo la prima gravidanza, però, si è fatta strada in lei la curiosità di approfondire il luogo comune, di raccogliere i frutti delle ricerche scientifiche e di scrivere questo libro per demolire finalmente l’idea che il cervello delle mamme sia meno efficiente di quello delle altre donne (e degli uomini!). L’autrice apre le porte sull’affascinante regno della mente umana e sulla capacità di rinnovarsi e adattarsi a seconda delle necessità.
E la maternità è una di queste: si scopre con orgoglio che non solo non intacca le facoltà mentali delle donne ma le potenzia migliorando la percezione, l’efficienza, la capacità di recupero, la motivazione e l’intelligenza emotiva. Spesso però sono propio le mamme a perdere fiducia in loro stesse e allora Katherine Ellison racconta anche le esperienze dirette di molte donne che insegnano come prendere coscienza, e usare al meglio, queste nuove facoltà, ricordando a tutte che “sei più forte di quanto sembri, e più in gamba di quanto pensi!”.
Luca Baiada ricostruisce minuziosamente retroscena, intrecci, protagonisti e comprimari di una vicenda che ha segnato un punto di svolta nelle relazioni sociali, nei rapporti tra interessi economici e affarismo politico, prospettandosi come un vero e proprio modello per altre imprese in difficoltà. Come leggere altrimenti il caso Tirrenia, se la stessa Corte dei conti, nell'esprimere le sue preoccupazioni, fa riferimento proprio all'Alitalia? E come non cogliere nelle intenzioni dell'amministratore delegato della Fiat, ossia nella volontà di costituire una nuova società per aggirare i contratti nazionali, l'ombra lunga della stessa vicenda Alitalia, ombra che oggi sembra minacciosamente allungarsi anche su altre crisi aziendali? Dentro la preoccupante congiuntura politica ed economica che da qualche anno deprime e devasta il nostro paese, l'operazione Alitalia sembra costituire un esito conseguente e una sorta di paradigma per un capitalismo sempre più assistito e in preda al cannibalismo. Ritornare su quella vicenda, dunque, non significa guardare indietro, ma cogliere ciò che ci potrebbe prospettare il futuro se non saremo in grado di invertire la rotta.
Oggi, in un mondo in velocissima trasformazione, subiamo una crescente incertezza. Ci sentiamo minacciati da guerre, pandemie vecchie e nuove, inquinamento, cambiamenti climatici, penurie alimentari, crisi energetiche, terrorismi, contrasti religiosi, crac economici...
La qualità della vita è certamente migliorata rispetto al passato, e tuttavia questo progresso ha un prezzo: un moltiplicarsi di sistemi sempre più complessi, e dunque sempre più vulnerabili. Così sono in molti ad annunciare, per il secondo decennio del nuovo secolo, catastrofi vere o presunte, o addirittura il collasso del pianeta.
Con la sua abituale lucidità e competenza, Roberto Vacca ci offre una diagnosi aggiornata e sintetica. Distrugge molti vecchi miti e vari pregiudizi che continuano ad alimentare timori ingiustificati. E cerca di cogliere i punti più fragili di un «sistema mondo» sempre più interconnesso e articolato, con taglio realista e scientificamente aggiornato.
Ne esce un quadro che ha diverse ombre, ma che offre anche straordinarie opportunità.
Per Salvare il prossimo decennio sarà dunque necessario concentrare gli sforzi sui settori davvero vitali, prendere una serie di misure concrete (e corrette) ma soprattutto immaginare un mondo più giusto, basato su reti solidali e collaborative: ci sono numerose esperienze del genere, ora si tratta solo di prenderle a modello e moltiplicarle.
La posterità è solo presunzione di lontananza, se il quadro antropologico non muta. Centottantasette anni ci separano da quel marzo 1824 in cui Giacomo Leopardi, non ancora ventiseienne, scrisse il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani: poche decine di pagine rimaste sepolte tra le carte e date alle stampe tardivamente, nel 1906. Noi, posteri dei lettori già postumi d'inizio Novecento, siamo presi da vertigine, perché quell’assenza di spirito pubblico che balzava all’occhio impolitico del giovane poeta, e si perpetuava nei primi decenni dell’Italia unita, è la stessa che ipoteca il nostro presente. Più che i vizi antichi d'un popolo in difetto di legame sociale, è infatti il vuoto di costumi – ossia condotte uniformi improntate a un’etica condivisa – il vero oggetto della riflessione di Leopardi. Nel campo lungo dello sguardo leopardiano figura oggi un altro «etnologo» d’eccezione, Franco Cordero, che ancora una volta si conferma diagnosta implacabile della «scostumatezza» italiana e del suo immobile dinamismo, riaprendo il Discorso proprio nel momento in cui si aggravano mali collettivi mai sanati. Due diverse prose di pensiero, due tonalità del disincanto rivelano l’intima fratellanza tra chi sa parlare del proprio tempo con la felicità di giudizio d'un classico.