La traduzione che viene qui presentata e la prima in lingua italiana della Vita di san Martino, l'unica che Fortunato abbia scritto in versi.
Traduzione e note di P. Bellini, F. Cruciani e v. Tarulli, indici di F. Monteverde.
Le nozze e la concupiscenza, Contro le due lettere dei Pelagiani, Contro Giuliano,
La critica finora ha prestato poca attenzione al De paradiso (= par.) e al De Cain et Abel (= Cain et Ab.) di Ambrogio. Chi voglia averne qualche notizia deve ricorrere per lo più alle storie generali della letteratura cristiana antica, alle patrologie o alle biografie ambrosiane; e troverà, come è naturale attendersi da opere di tal genere, qualche breve informazione concernente la cronologia, il contenuto, il carattere o le fonti dei due scritti.
A prescindere da quanto è detto, in una prospettiva prevalentemente filologica, nell'introduzione alla prima (e fino ad oggi unica) edizione critica, quella di Karl Schenkl, solo l'ultima delle questioni di cui si è detto, la questione delle fonti, ha attratto l'interesse degli studiosi. Citate in lavori che riguardano il pensiero di Ambrogio in riferimento a singoli passi, le due opere, innsé e per sé, si può ben dire siano state trascurate.
Il volume fa conoscere ad un vasto pubblico uno dei piu grandi teologi del Novecento.
Vivace e documentato panprama storico della teologia cattolica dalle origini fino ai protagonisti del dibattito conciliare e postconciliare.
Questo saggio di ecclesiologia ecumenica prende atto della pluralita delle chiese, considerandolo un fatto positivo in prospettiva di una chiesa ideale.
Raccolta di preghiere scritte in linguaggio poetico.
Il libro di Giuditta vuol esprimere quasi una teologia della storia; così la narrazione riprende tutta la storia sacra di Israele e la vede riassunta in un solo episodio. Ma se tutta la storia si riassume nella storia di Giuditta, questo dice che l'esito della storia è la vittoria del popolo di Dio sul mondo coalizzato contro la nazione ebraica. Tale vittoria vuol essere l'annuncio dell'èra messianica.
«Perché tempi e feste dell'anno liturgico possano divenire momenti di vita cristiana e ritmi dell'azione ecclesiale non è più possibile affidarsi alla meccanicità del calendario: le feste bisogna viverle dal di dentro e i tempi bisogna renderli formativi negli elementi che li costituiscono».