Ci sono figure nell'Antico Testamento - particolarmente in Genesi - che paiono non riuscire ad attirare l'attenzione dei commentatori: personaggi che giocoforza restano oscuri, anonimi. Di Nacor e Milca, per fare qualche esempio, poco o nulla si ragiona; pochissimo di Sara. Eppure Nacor è fratello di Abramo, nato nello stesso anno del grande Patriarca; Sara è sua moglie: l'unico personaggio femminile dell'Antico Testamento a cui Dio trasformi il nome, l'unica donna di cui si specifichi l'età al momento della morte, la prima persona a trovare sepoltura nella Terra. Ma il tessuto del Sacro Testo non ammette smagliature. La quadruplice lettura, simile - non identica - a quella dei Padri, cioè condotta in chiave simbolica, permette di riprendere e riallacciare le maglie più minute del tessuto biblico, valorizzando anche gli aspetti e i personaggi più negletti. Nulla, non un solo iota, può essere scartato nella Scrittura. Chiede Amore la Parola di Dio. Il grande Filone Alessandrino, Padri del calibro di Origene e Girolamo, come infiniti altri, antichi e medievali, l'hanno amata e onorata. E noi?
Queste pagine si interrogano sul tipo di verità che la Bibbia dischiude e sul tipo di linguaggio o genere letterario usato. Né scientifico né filosofico né estetico, il sapere custodito dal testo biblico è di carattere "erotico". Vi si trova la risposta alla domanda del Simposio di Platone "che cos'è l'amore", ma espressa nella modalità di un racconto - la Torah vera e propria - e con un'altra prospettiva: non l'amore che attira tutto a sé irresistibilmente, bensì l'amore come libertà d'amore che ama gratuitamente e chiama ad amare gratuitamente. Sovversivo dell'indifferenza, dell'ingiustizia e della violenza, l'amore narrato dal testo biblico è l'amore di bontà o giustizia, incarnazione stessa della trascendenza nella storia.
Leggere gli avvenimenti del mondo attraverso il Vangelo e scandagliare la Parola dentro gli avvenimenti, questo doppio movimento si compie nelle riflessioni qui proposte, relative agli anni dal 2003 al 2008. Padre Vittorio Soana condivide la sua ricerca di svelamento dell’umanità, nel percorso di libertà della persona e nel riconoscimento della sua dignità.
Chiunque parli di metafora è solito considerarla solo come figura retorica. In realtà si tratta di uno strumento di conoscenza, conoscenza per analogia. Ciò che è più prossimo agli occhi dell'uomo che tenta di conoscere il mistero, è in realtà il riverbero più prossimo del mistero stesso, quindi è già conoscenza del mistero e come tale è metafora di esso. Ogni immagine successiva è attingibile dall'immagine che la precede, nella prossimità all'occhio umano, ed è profezia dell'immagine più prossima alla visibilità immediata del mistero stesso. Parlar di nozze, quindi, è parlare del mistero di Dio dentro l'esperienza più prossima alla quotidianità dell'essere umano, ma non è, in sé, parlare di altro che del mistero stesso di Dio e, mediatamente, del mistero dell'incarnazione, per cui l'uomo è stato fatto, esiste e attende al compimento della perfezione di sé in conformità al suo stesso statuto ontologico, cioè l'immagine di Dio. Ciò accade in modo del tutto singolare negli scritti di san Giovanni evangelista.
Questo libro riflette sul dono tenendo conto della sensibilità attuale su questo tema e soprattutto appoggiandosi a un racconto biblico interpretato nell'ottica del dono: l'incontro a Zarepta di Sidone tra Elia, profeta di Israele, e una donna pagana (1° libro dei Re 17, 7-16). Si tenta un'originale ermeneutica. La pagina biblica è accostata come una traccia da interpretare mentre la si percorre, mentre cioè ci si coinvolge radicalmente. Così il racconto biblico può essere compreso solo nella misura in cui ci si decide per il dono.
L'opera nasce dagli appunti che l'autore ha steso per un corso di esercizi spirituali, tenuto nella foresteria del monastero di Camaldoli (Settembre 1999), avente come testo biblico di riferimento il discorso di addio di Gesù, collocato da Giovanni nell'ultima cena. Meditare su questo discorso vuol dire riportare la propria esistenza a quelle istanze della vita che Gesù - avendone fatto oggetto delle ultime consegne ai discepoli - certamente considera fondamentali ed irrinunciabili.