Scritto nel 1856, "Mozart in viaggio verso Praga" è forse la migliore, certo la più famosa, delle opere di Eduard Mòrike (Ludwisburg, 1804 - Stoccarda, 1875). Lo spunto del racconto è già tutto nel titolo: vi si narra, infatti, il viaggio che Mozart intraprese in compagnia della moglie Costanza alla volta di Praga, nell'autunno del 1787, in occasione della prima rappresentazione del Don Giovanni. Siamo ben lontani, tuttavia, dal racconto storico; a Mòrike non interessa la realtà di quel viaggio ed anche nella ricostruzione dei personaggi non c'è alcun intento documentaristico. Quel che importa qui a Mòrike è invece di rivivere e far rivivere la sensibilità gaia e tragica insieme del grande musicista, in un idillio settecentesco pieno di malinconia e di grazia. E forse è proprio questa la ragione della fortuna e, se si vuole, della modernità di questo racconto: la capacità dello scrittore di calarsi interamente nella personalità che ritrae, suggerendole modi e discorsi che, se non sono mai esistiti nella realtà del personaggio storico, appartengono comunque al suo mondo, all'eco non meno reale che l'opera di Mozart ha saputo trasmetterci.
"Descrizione di una battaglia" (1905) è il racconto che segna l'esordio letterario di Franz Kafka, anche se la sua pubblicazione avverrà qualche anno più tardi, nel 1909, sulla rivista "Hyperion". È il racconto di una passeggiata notturna per le vie di Praga; i due protagonisti, che si sono incontrati ad un ricevimento, s'incamminano verso il Monte S. Lorenzo e intrecciano una fitta conversazione, che si sottrae sempre più alla contingenza della loro vita quotidiana e diventa invece una sorta di confessione; non a caso, la seconda parte del racconto s'intitola "Divertimenti, ossia dimostrazione che è impossibile vivere". L'atmosfera di questo straordinario racconto, fra ironia e paradosso, entrambi però sentiti come qualcosa di implacabile che regge le sorti della vita umana, ricorda quella del primo grande romanzo, "America"; pagine dunque non cupe come quelle della "Metamorfosi" o de "Il castello", e con qualcosa nella rappresentazione dei personaggi che rimanda ad uno dei maestri del grande scrittore praghese, Charles Dickens.
Scritto nel 1926, "Morte di un piccolo borghese" ci introduce nel clima di una Vienna postbellica dall'inflazione galoppante. Il protagonista, guardiano di un magazzino, vive nel ricordo glorioso del passato asburgico quando, portiere in livrea, apparteneva "alla scintillante e impellicciata schiatta dei portieri imperiali... era dunque un tassello nell'ordine mondiale": sono parole dello stesso Werfel a commento dell'edizione americana di questo suo romanzo breve. Crollato quell'"ordine mondiale", in un paese precipitato nel caos e nella miseria, all'uomo non resta che la certezza di aver fatto la mossa giusta per garantire un minimo di sicurezza alla sua famiglia: ha investito tutti i suoi risparmi in una polizza assicurativa, che però lo obbliga, lui già malato, a non morire se non dopo la scadenza fissata dal contratto...
Narrate ai grandi perché le ripetano ai bambini, come recita il sottotitolo, le "Storie del buon Dio" furono scritte tra il 10 e il 21 novembre 1899 e pubblicate l'anno successivo in occasione del Natale. Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera 'centrale' nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. "Il Dio delle Storie" scrive Sabrina Mori Carmignani nella prefazione" è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto", un dio che "vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli". Ma non è mai vera 'assenza', tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e 'sfondo' delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece 'sfondo' onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita.
"Questo è il Natale, avvertire dentro di sé, una volta all'anno, questa aspettativa, questo fermo diritto che niente può deludere. Sentire che in fondo i nostri più grandi desideri, se solo apriamo a loro il nostro cuore, non possono non essere esauditi. Questi sono, carissima mamma, i miei pensieri di Natale per te...". (Rainer Maria Rilke)
Scritti fra il 1902 e il 1911, i dodici racconti riuniti poi in volume nel 1913 sotto il titolo di uno di essi, "L'assassinio di un ranuncolo", costituiscono sì un'esemplare testimonianza della temperie artistica e spirituale dell'epoca in cui sono stati scritti, ma servono ancor più ad avvicinarsi al mondo espressivo di uno dei maggiori scrittori tedeschi del Novecento, Alfred Döblin (1878-1937), l'autore di quel "Berlin Alexanderplatz" che resta come uno dei romanzi fondamentali del secolo appena trascorso.
"Cronaca di una vita di donna", semplicemente di una generica vita di donna, a rappresentanza di quell'universo femminile che sembra scontare su di sé, nel completo smarrimento dei ruoli di una società in declino, la solitudine e lo svilimento della propria identità personale. Due sono gli elementi principali che caratterizzano questo romanzo: la capacità introspettiva dello scrittore e, insieme, il ritmo inesorabile del racconto.
"La marchesa von O." si rifà ad una dei temi ricorrenti nelle opere del grande scrittore tedesco Heinrich von Kleist (1777-1811): la violenza contro una donna inerme, la quale trova tuttavia la forza di ribellarsi alla sopraffazione; ed anche la singolarità delle coincidenze e l'incalzare degli avvenimenti, in questo racconto, sono tipici di quel Kleist che Franz Kafka considerava tra i suoi scrittori prediletti e del quale Thomas Mann ebbe a scrivere che "osa tenerci sospesi fino alla tortura, ed ottenere da noi gratitudine".
Queste "Considerazioni", composte tra il 1917 e il 1918, vennero trascritte in bella copia e numerate dallo stesso Kafka su schede sciolte, e rappresentano un florilegio di pensieri tratti dai cosidetti "Quaderni in ottavo", la cui importanza si rivela sempre più evidente per una più profonda comprensione dell'opera del grande scrittore praghese.
L'incontro con la grande arte di Cézanne ebbe una importanza fondamentale nell'evoluzione espressiva della poesia di Rilke, un'importanza che lo stesso Rilke ebbe più volte a riconoscere, fino a dichiarare di aver seguito, dopo la morte del Maestro, le sue tracce in ogni luogo. Le lettere alla moglie qui raccolte, scritte in margine alle reiterate visite che Rilke fece alla grande retrospettiva di Cézanne tenutasi a Parigi nel 1907, un anno dopo la sua morte, sono la testimonianza di un interesse che doveva sfociare in vera devozione; e basti pensare che il poeta arrivò a confessare, di fronte ad una Montagne Sainte-Victoire del pittore provenzale, che nessuno, dai tempi di Mosè, aveva saputo guardare una montagna in maniera tanto maestosa.