ll XXII volume dell'Opera Omnia, in prima edizione mondiale, si articola in tre sezioni, in cui Guardini si confronta, rispettivamente, con il pensiero di Søren Kierkegaard, di Friedrich Nietzsche e di Madeleine Sémer. La prima sezione propone i saggi dedicati al filosofo danese, in cui l'autore riflette sui temi della malinconia, dell'angoscia e della disperazione e sul loro significato religioso. Di particolare rilevanza è la seconda sezione, che presenta due dattiloscritti inediti e una breve raccolta di appunti manoscritti in cui Guardini prende posizione nei confronti di Nietzsche, riflette sulle questioni del potere e del nichilismo e si confronta con lo Zarathustra e il tema centrale della corporeità. Nella terza sezione sono raccolti per la prima volta gli scritti dedicati a Madeleine Sémer, nei quali offre un'interpretazione inedita della figura intellettuale e spirituale della mistica francese, appassionata del pensiero di Nietzsche.
Si tratta dell'edizione scolastica universitaria della "Storia della letteratura cristiana greca e latina". Ma è anche un testo destinato al lettore comune. Moreschini è ordinario di Letteratura Latina nell'Università di Pisa e Enrico Norelli è professore di Letteratura Cristiana Apocrifa nella facoltà di teologia dell'Università di Ginevra.
Il volume guida il lettore in un percorso attraverso la storia e la produzione letteraria di Israele dal I millennio a.C. al II secolo d.C., per ricostruire le circostanze sociali, politiche e culturali in cui hanno avuto origine i testi poi riuniti nelle Scritture ebraiche e cristiane. La nascita dei libri biblici si colloca fin dall'inizio entro un più vasto campo di tradizioni e interpretazioni: essi si sono costituiti e sono stati accolti dalle rispettive comunità come esito della ricezione di tradizioni orali e di scritti precedenti, ripresi, riformulati e commentati. Il "canone", che ci si presenta oggi nella sua forma rigidamente definita, è risultato di un processo di selezione e del confronto continuo con una letteratura più ampia, ricca e varia per forma e profilo teologico. Il principio alla base di questa ricognizione storico-critica è che la Bibbia ebraica e quella cristiana non possono essere adeguatamente comprese l'una senza l'altra, perché condividono un processo di formazione unitario. Ripercorrerlo significa gettare una luce nuova sulle relazioni secolari tra ebraismo e cristianesimo e sulla loro storia che è anche, fin dalle origini, storia dell'interpretazione della Bibbia.
Frutto di un progetto unitario, il "Manuale di storia della Chiesa" diretto da Umberto Dell'Orto e Saverio Xeres, in quattro volumi, si propone come strumento di consultazione e di sintesi per conoscere lo sviluppo della Chiesa nel corso della storia. Le pagine iniziali di ogni volume presentano il relativo periodo storico: l'Antichità cristiana, dalle origini della Chiesa alla divaricazione tra Oriente e Occidente (secoli l-V); il Medioevo, dalla presenza dei barbari (secoli IV/V) in Occidente al Papato avignonese (1309-1377); l'epoca moderna, dallo Scisma d'Occidente (1378-1417) alla vigilia della Rivoluzione francese (1780-1790), l'epoca contemporanea, dalla Rivoluzione francese al Vaticano II e alla sua recezione (1789-2005). Nell'opera vengono evidenziati i collegamenti tra le varie epoche e tematiche, mentre alcuni inserti approfondiscono vicende o concetti particolari. Ogni capitolo è arricchito da una bibliografia selezionata che indica tanto i testi utilizzati per elaborare l'esposizione quanto quelli che permettono di meglio conoscere e comprendere gli argomenti trattati.
Nella vita l'essere umano è perennemente in cammino. Ha in sé una tensione verso ciò che non è ancora compiuto, verso il perfezionamento e la felicità. Perciò la speranza, inscritta nella sua natura, non è un atteggiamento o un sentimento, ma una virtù: la tendenza stabile a realizzare se stessi e il bene. Questo scritto di Pieper, il primo del Novecento filosofico e teologico a richiamare l'attenzione sul tema, indaga la speranza come virtù teologale, i suoi opposti, disperazione e presunzione, e i suoi rapporti con la fede, la magnanimità e l'umiltà. Anche a chi non se la sente di spingere lo sguardo alla vita oltre la morte, scrive nella Prefazione Andrea Aguti, la speranza insegna a volgersi da un passato che non è più a un futuro che non è ancora. È un elisir di giovinezza, di cui abbiamo bisogno, anche oggi, per non cedere alla rassegnazione.
Il più autorevole e infaticabile tra i fautori cattolici del Ravvicinamento tra la Chiesa e il popolo ebraico, del superamento definitivo di incomprensioni, diffidenze, ostilità, fondate su credute ragioni religiose che hanno contribuito nel corso dei secoli al nascere dell'infausto fenomeno dell'antisemitismo, offre in questo libro la trama teologica della sua lunga opera e insieme il commento alla Dichiarazione conciliare sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane; principalmente alla parte che si riferisce agli Ebrei (28 ottobre 1965). È un passo decisivo e irreversibile che la Chiesa ha compiuto, nell'approfondita fedeltà alla verità biblica, riconoscendo e proclamando che non si può parlare di una colpa collettiva del popolo ebraico, nella passione e morte di Cristo: non per tutti gli Ebrei palestinesi o della diaspora allora viventi, e tanto meno per quelli dei secoli successivi fino ai nostri giorni. È la vittoria della fede, nella sua formulazione esatta, purificata, sopra certe rappresentazioni e convinzioni volgari secondo cui il popolo ebraico è oggetto di una riprovazione o ripudio assoluto di Dio, e perciò soggiace a un destino di dannazione, e di persecuzione anche terrena, a giusto motivo. È l'assenso cordiale alla parola paolina secondo cui le "promesse di Dio sono irrevocabili" e perciò il Signore ha sempre cari gli Ebrei e si riserva, entro la fine dei tempi, di integrarli al suo popolo nuovo, che attende la gloria nella sua Parusia.
Che ne è della fede in questo mondo secolarizzato? La mentalità occidentale, che pone al centro l'essere umano e le sue esigenze materiali, pervade il mondo. Forse la fede non esiste più o magari ce n'è troppa, ma non di tipo religioso, dato che spesso viene confusa con credenze varie e con opinioni più o meno giustificate. Eppure, anche in tale mentalità continua a esserci bisogno di credere, ma non sono più le religioni monoteistiche a dirigere le dinamiche umane. Per fare i conti con questi fenomeni occorre approfondire in cosa consiste davvero il rapporto con Dio, quali sono i significati e le forme della fede, che si configura come un'esperienza di relazione e di fiducia in grado di dare senso a ogni altra nostra relazione, di offrire prospettive ulteriori. L'esito di questa indagine è un cristianesimo come "religione impossibile", che, nella sua trasgressività, permette di considerare l'"impossibile" come una possibilità e in tal modo salva dalla compromissione con il male che caratterizza l'agire umano.
I saggi qui raccolti, alcuni dei quali inediti, delineano una proposta metodologica per l'interpretazione dei testi biblici e rispondono agli interrogativi sul senso della teologia nella vita cristiana. In un'epoca in cui molti teologi si domandavano se fosse legittimo applicare metodi storico-critici alla lettura della Bibbia, Romano Guardini offriva un contributo lungimirante, che si mantiene attuale anche a distanza di quasi un secolo. Confrontandosi con Anselmo di Canterbury e Karl Barth, attraverso temi quali la creazione e il rapporto tra mito e Sacra Scrittura, l'autore dimostra che quest'ultima è un testo insieme sacro, spirituale e storico. La Rivelazione si rivolge a ogni persona e a ogni tempo, al singolo nella sua unicità e all'umanità intera. In linea con il motto anselmiano Credo ut intelligam, credo per poter comprendere, solo con gli occhi della fede è possibile leggere la Bibbia in maniera autentica, quale «messaggio dall'eternità di Dio al presente». Romano Guardini (1885-1968) è stato uno dei protagonisti della storia culturale europea del sec. XX. Presso la Morcelliana è in corso di stampa l'Opera Omnia.
L'autore dialoga con giovani interlocutori sulla fede cristiana, l'adesione alla quale non è data per scontata come sarebbe stato per le generazioni precedenti. Innanzitutto, perché interessarsi alle questioni religiose che confliggono con la verità scientifica? La realtà del male non si concilia con la Provvidenza, l'immagine tradizionale di Dio non favorisce il nostro rapporto con lui e i precetti evangelici appaiono un'utopia. Come si può credere che a ogni uomo si offra la prospettiva di un'altra vita, di una vita eterna? La fede cristiana può essere riscoperta quale bene prezioso e irrinunciabile proprio affrontando i dubbi ricorrenti, oggi ancora più radicali. Dubbi che non devono essere accantonati, ma accolti e affrontati, nella convinzione che, come sosteneva papa Francesco, «i giovani possono essere riconquistati alla fede solo per attrazione».
Questo libro si rivolge a chiunque abbia fatto esperienza della malattia nell'arco della propria esistenza o a chi ne sia stato in qualche modo coinvolto. Si rivolge, quindi, a tutti. Di qui la domanda stringente dell'essere umano sul perché del dolore, della sofferenza e del male. Con Giobbe, Paolo, ma soprattutto attraverso l'incontro di Gesù con i malati - L'indemoniato di Gerasa, I lebbrosi, L'epilettico indemoniato, La donna guarita, Il buon samaritano, Il paralitico di Cafarnao, Il cieco nato, Maria di Magdala... - gli Autori mostrano che la Bibbia è sempre una risposta sapiente alle domande esistenziali dell'uomo e della donna. Comprendere questi interrogativi è una preziosa indicazione per essere "prossimo" a chi è malato. Di più: è una rivelazione, uno sguardo alternativo sulla realtà umana.
Dopo il tentativo della teologia liberale ottocentesca di ridurre il divino alla misura del mondo, il Novecento riafferma il primato di Dio nel pensiero della fede. Il volume ripercorre, attraverso il secolo XX, il cammino dall'eclissi al ritorno di Dio: la riscoperta della Sua radicale alterità, su cui si fonda l'opposizione alla ragione totalitaria; il recupero della dignità dell'uomo, destinatario di un'azione salvifica; le teologie della liberazione e le teologie di genere, con il richiamo alla giustizia per tutti e al valore di riconoscere se stessi nell'altro; il ritorno alla centralità del Dio che è amore, al cuore umano e divino di Cristo. In un'epoca tentata di rinunciare a ogni orizzonte ultimo di senso, è importante ricordare «lo scandalo, al tempo stesso attraente e inquietante, dell'umanità di Dio».
Per il solo fatto di esistere, necessariamente desideriamo essere felici. L'interrogativo sullo scopo ultimo e più profondo dell'esistenza trova risposta nella contemplazione: in essa risiede il compimento autentico, non solo per il filosofo, ma per l'uomo in generale, "nella sua materiale umanità". È felice colui che vede ciò che ama. La contemplazione terrena, in particolare per il cristiano, rimanda a una beatitudine eterna che la trascende. È una felicità che può accettare anche il dolore, perché consapevole del mistero del male e della distanza tra l'oggetto del desiderio, infinito, e le proprie capacità limitate. Attingendo alla sapienza degli antichi e agli scritti di Tommaso d'Aquino, Pieper propone riflessioni ancora capaci di illuminare la natura dell'uomo e la sua perenne ricerca di senso.