Il Medio Evo, presentato in questo classico per la prima volta tradotto, più che un'epoca storica è una visione del mondo, una categoria di pensiero che indica un senso possibile per l'esistenza umana. Nell'idea medioevale di un ordine divino del mondo, Landsberg trova un punto di riferimento per superare contraddizioni e miserie del tempo presente. Il suo amore per il Medio Evo non è nostalgia reazionaria, ma un appello a recuperare, di fronte alle sfide di allora e di oggi, un nucleo di fede e di valori saldamente radicati nella tradizione. Guardare al Medio Evo non serve per tornare indietro. Serve per capire quel che si è perso o dimenticato e che dovrebbe essere recuperato per poter andare avanti, verso un futuro meno cupo di quello che si profilava cento anni fa e di quello, forse altrettanto minaccioso, che ci inquieta oggi.
È stato Romano Guardini nei primi Anni Venti del secolo appena scorso ad uscire in quell'espressione, che può essere assunta come diagnostica di uno dei lineamenti della teologia cristiana della prima metà del XX secolo: "Un processo di incalcolabile portata è iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime". Un risveglio, che era connesso, nell'analisi del giovane teologo italo-tedesco, con il risveglio culturale ad un vero senso della realtà vissuta e al senso comunitario. Svaniva, sulle macerie della prima Guerra Mondiale, l'incanto per l'idealismo e per l'io astratto, e la coscienza cristiana iniziava a percepire la Chiesa come via verso la personalità, e insieme, come via verso la comunità. Le "Lezioni sulla Chiesa", tenute da Guardini all'università di Bonn nel 1921 e pubblicate nel 1922 con il titolo Il senso della Chiesa, avevano entusiasmato il suo uditorio e i suoi lettori, che le avvertivano "come un colpo d'ala, un soffio di cristianesimo originario, pentecostale", in quanto additavano "nuove vie verso un rapporto vivo tra Chiesa e personalità, verso una crescita umana autentica fondata sulla libertà interiore, che sfocia in una comunità di grazia" (Rosino Gibellini, La teologia del XX secolo)
La lettura dei Diari - una miniera di intuizioni folgoranti, pensieri, preghiere, polemiche e spunti argomentativi - restituisce la complessità non sistematica ma edificante del pensiero filosofico e teologico di Søren Kierkegaard. Quest'ultima edizione, di molto ampliata e rivista, riprende la versione del suo maggiore studioso italiano, Cornelio Fabro, svolta sull'integrale danese (20 voll., 1909-1948), pubblicata da Morcelliana nel 1948 e più volte ristampata. Ma l'attento spoglio compiuto dai curatori sulle carte postume, le lettere, i documenti e le opere complete, nel confronto fra la prima e la nuova edizione critica danese, rende quest'opera del tutto originale nella traduzione e nelle note. Un classico, queste pagine dei Diari parlando del mondo si mettono in dialogo con Dio, la morte, l'amore, e toccano tonalità affettive come la noia, l'inquietudine, la pazienza e l'impazienza, l'angoscia... In questo volume - anno 1849 - emergono in particolare i temi dell'immortalità, del Paradiso, dell'Eucaristia, introdotti da un lungo saggio dei curatori, Anna Giannatiempo Quinzio e Gianni Garrera, sulla cristologia kierkegaardiana. Un esercizio di pensiero quotidiano in cui traluce, sotto vari registri, la teoria dei tre stadi dell'esistenza, estetico, etico e religioso.
A completamento del viaggio di Frugoni nella Pittura, l'Architettura e la Scultura d'Italia, questo libro, riccamente illustrato, conduce il lettore nella storia della città d'Italia: dalle terramare ai nuraghi sardi, dalle colonie greche alla città etrusca, dal modello romano a quelli medievale e rinascimentale, per giungere alle città del Settecento, Ottocento e contemporanee. Come scrive l'autore: «Questo lungo viaggio ci ha dimostrato quale centro propulsore di civiltà sia stata sempre la città, ambiente favorevole per eccellenza all'associazione cooperativistica, ad una continua inventività per la ricerca di una vita sociale protetta dalle fiere, dalle tribù più predatorie, dalla fame, dalle calamità. La città è il preziosissimo patrimonio degli uomini civili. Piccole o grandi che siano, cariche di arte e di storia o più recenti di origine, le nostre città sono l'eredità delle generazioni passate, esprimono lo sforzo dei nostri padri per difendere noi, per farci più sicuri, più ricchi, conservano la traccia del loro gusto, delle loro aspirazioni che, per quotidiana educazione di ambiente, noi finiamo col sentire congeniali. Perciò dobbiamo volerle consegnare ai nostri figli, con la loro antica fisionomia, ma anche nostre, libere dalle umilianti incrostazioni della miseria, fatte più confortevoli e belle da noi, immagine insomma di quello che per i nostri figli noi vorremmo essere nella loro memoria». Un libro che, riemerso al pari degli altri dopo decenni di oblio, testimonia l'originalità dello sguardo storico di Arsenio Frugoni. Arsenio Frugoni (1914-1970), uno tra maggiori storici italiani del Novecento, ha insegnato Storia medievale alla Normale di Pisa e all'Università di Roma. I suoi studi si concentrano su problemi di storia della Chiesa, dal Medioevo alla Controriforma. Tra i suoi numerosi saggi ricordiamo: Arnaldo da Brescia nelle fonti del secolo XII (1954, poi Einaudi, 1989); Incontri nel Medioevo (il Mulino, 1979); Storia di un giorno in una città medievale (con la figlia, Chiara Frugoni, Laterza, 1998), Incontri tra Medioevo e Rinascimento (Scholé, 2018); La storia, coscienza di civiltà (Scholé, 2020); Storia della pittura d'Italia (a cura di Saverio Lomartire, Morcelliana, 2020); Storia dell'architettura d'Italia (a cura di Saverio Lomartire, Morcelliana, 2021); Storia della scultura d'Italia (a cura di Saverio Lomartire, Morcelliana, 2022). Saverio Lomartire insegna Storia dell'Arte medievale all'Università dell'Insubria. I suoi interessi di ricerca sono rivolti all'architettura, alla scultura, alla pittura (la scultura e le arti minori prevalentemente dal VII al XII secolo, con alcune incursioni nel Gotico italiano) e alla epigrafia medievale. Tra i suoi studi si possono ricordare quelli dedicati alla pittura altomedievale italiana, all'architettura altomedievale e romanica, alla scultura lapidea, in particolare a quella altomedievale, all'oreficeria, al problema delle corporazioni di architetti e scultori nel medioevo italiano ed europeo.
In Italia, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo, i territori del modernismo e del femminismo entrano in contatto. Le donne costruiscono reti relazionali in diversi contesti sociali e di classe (dame dell'aristocrazia, studiose di ceto medio, operaie istruite), attivano una ricca dialettica tra esperienze spirituali, etico-pedagogiche e artistico-letterarie, esprimono in modo innovativo l'esigenza di collegare cristianesimo e civiltà moderna ed entrano in dialogo - non separatistico, ma aperto - con le elaborazioni maschili, senza perdere il senso specificamente femminile della loro attività. Questo libro inaugura una prospettiva ermeneutica che conferma l'importanza di figure come Antonietta Giacomelli, Luisa Anzoletti, Elisa Salerno, Sofia Bisi Albini e altre, ma fa emergere anche la centralità di personalità considerate invece marginali nei precedenti studi sul modernismo italiano, come Maria Montessori e Grazia Deledda.
Le "reliquie" si impongono - siano esse resti corporei oppure oggetti appartenenti alla persona in vita - come veicoli della sacralità: un valore aggiuntivo che la comunità stessa conferisce loro. E se il "sacro" nasce come prodotto culturale determinato da una scelta umana, esso non preesiste come una categoria a priori. L'originalità di questo testo si delinea, da un lato, nel mostrare l'attualità del concetto di sacro come fonte di interpretazione della religiosità contemporanea - con attenzione agli sviluppi antropologici - e, dall'altro, come investigazione sul campo in vari conventi in Francia e in Italia, attraverso l'analisi del caso storico riguardante la beatificazione della duchessa bretone Françoise d'Amboise (1427-1485). In queste pagine si assiste - e l'occasione è il ritrovamento di un documento relativo a una reliquia della duchessa posseduta dal Carmelo di Vannes - a una sorta di "metamorfosi": la studiosa da asettico ricercatore diventa "mediatore" della pratica sacra, perché condivide con le monache una vera scoperta. Il lettore, introdotto nel mondo conventuale, è guidato a decodificare i processi sociali e simbolici che suscitano e alimentano il valore sacrale della reliquia: inaspettati significati si celano dietro i gesti delle religiose che "fabbricano" l'oggetto, nelle pratiche che lo definiscono e negli scritti che ne autenticano la verità.
Cosa significa fare oggi filosofia analitica della religione? Eleonore Stump in questo libro cerca di recuperare il senso profondo del contributo che Tommaso d'Aquino ha dato al nostro pensiero su Dio, avviando una discussione sulla dottrina degli attributi divini: eternità, semplicità e immutabilità. Rivolgendosi a tutti coloro che sono interessati alla verità delle cose, indipendentemente dalla loro posizione religiosa, cerca un'alleanza innovativa - considerata la diffidenza continentale verso un approccio razionale e metafisico e l'antitetica predilezione anglosassone verso la formulazione di "nuovi teismi" - tra le risorse filosofiche del cristianesimo e le sue tradizioni spirituali e bibliche. Il teismo classico ha oggi molto da dire: è ancora necessario scegliere tra il Dio della Bibbia e il Dio di (certi) filosofi.
L'economia ha ancora bisogno della filosofia? Se i rapporti tra le due discipline sono diventati sempre più rarefatti, Nussbaum è convinta che la seconda sia per la prima un prezioso alleato: il metodo, le argomentazioni e le opzioni fornite dalla storia della filosofia sono in grado di garantire all'economia fondamenta più solide, maggiore rigore e creatività. Il contributo filosofico è necessario per salvaguardare l'equità sociale e per tutelare nell'azione economica l'incommensurabilità delle singole persone e il benessere individuale, oltre che quello totale della società. Senza una comprensione adeguata della natura umana, del nesso tra ragione e sentimenti, del ruolo che l'etica e l'altruismo giocano nella scelta dei fini, oltre che nella determinazione dei mezzi, l'agire economico, per quanto coerente al suo interno, rischia di essere carente nei confronti della realtà. Una realtà complessa, sfuggente e organica che, per quanto difficile da trattare, rappresenta la cornice e il motore dell'economia. I filosofi mettono alla prova le fondamenta dell'edificio economico, non perché esso ceda, ma per evitare che a collassare possano essere l'ambiente e l'uomo che in esso si muove, ignaro di se stesso.
Due sacerdoti chiamati a responsabilità diverse e poi allo stesso destino: pontefici dopo due conclavi consecutivi. Legati da un'amicizia discreta ma intensa, hanno avuto vite a tratti parallele, a tratti intrecciate, orientate al confronto con gli uomini, le idee, le vicende del loro tempo. Quello che unì Angelo Giuseppe Roncalli, poi Giovanni XXIII, e Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI - bergamasco il primo, bresciano il secondo - fu un legame singolare, alimentato da motivi di lavoro ma rafforzato da una sintonia sempre maggiore nella loro visione del mondo, della Chiesa e della società, come documenta la loro corrispondenza: oltre duecento lettere ufficiali o private, diari, appunti, taccuini, dai toni prudenti o confidenziali, che affrontano le questioni più diverse. Il volume ripercorre tutti gli incontri significativi, le carte private e gli scambi epistolari a lungo rimasti inediti per delineare il legame biografico, spirituale e personale dei due papi, raccontandone le tappe: la formazione, il lavoro diplomatico di Roncalli in Bulgaria, Turchia, Grecia e Francia e di Montini in Segreteria di Stato, l'impegno pastorale dell'uno a Venezia e dell'altro a Milano, sino all'avvio del Concilio Vaticano II. Ne emerge un ritratto vivido di due protagonisti della storia della Chiesa, «uomini simili e diversi», come li definì Joseph Ratzinger.
Che Origene sia il teologo ed esegeta più dinamico del cristianesimo antico non dubita nessuno: ma occorre rimarcare, anche a beneficio degli studi classici, che è anche il più dinamico dei filologi. Riconosciuta come tratto visibile della sua opera, ma di fatto marginalizzata come strumento accessorio, ridotta entro la sola dinamica tra "lettera" e "allegoria", l'attitudine filologica di Origene è in realtà l'architrave del suo pensiero: consente di verificare, senza scorciatoie banalizzanti, il suo rapporto con la tradizione pagana; di accertare la profondità e l'estensione della sua cultura e come funzionasse quindi la scuola in epoca imperiale; di comprendere i presupposti della sua teologia, della sua esegesi, della sua filosofia del linguaggio. Permette soprattutto di misurare l'impatto rivoluzionario di un uomo che ha imposto alla Chiesa, nel tormentato equilibrio tra le attese del teologo e le esigenze del filologo, l'obbligo della ragione critica. Frutto di una dissertazione dottorale in Filologia classica presso l'Università di Berna, questo ormai classico studio di Bernhard Neuschäfer costituisce in tal senso un contributo capitale alla storia del cristianesimo, della filologia e della scuola antica.
Costante è stato il confronto di Ricoeur con Kant, in particolare con la dottrina del male radicale contenuta in La religione nei limiti della semplice ragione. I saggi qui per la prima volta tradotti e raccolti possono essere visti come la ricapitolazione di questo confronto, una messa a punto sulla filosofia della religione kantiana, intesa come «ermeneutica filosofica della speranza». Un'ermeneutica che ha a suo fondamento un enigma storico-esistenziale - «il fatto che il libero arbitrio esiste solo sotto la forma del servo arbitrio» - e un paradosso antropologico: l'inerenza nell'uomo di una tendenza al male morale innestata su una disposizione al bene. Il male - quale inversione, nelle massime dell'azione, della priorità tra il dovere e il piacere - è sì radicale ma non originario: sta qui, nota Ricoeur, il pelagianesimo di Kant. Per lui la religione è, nella sua essenza, rigenerazione del principio buono nella volontà cattiva. Una rigenerazione che è una dialettica tra sforzo morale e dono della grazia.
In questo straordinario «resoconto» di un viaggio a Lourdes, compiuto per osservare con imparzialità scientifica i fenomeni considerati miracolosi presso il famoso santuario, Carrel narra come venga coinvolto nella vicenda di una ragazza ammalata, gravissima e incurabile, che viene condotta dalla Madonna in una estrema speranza di guarigione prodigiosa. Contrariamente a ogni sua previsione di medico saldamente legato a una visione «positiva» dei fatti biologici, egli assiste al miracolo, che descrive con partecipazione ansiosa, incredula e poi stupefatta. L'autore non depone il suo atteggiamento da scienziato, tuttavia entra «in una indicibile confusione di pensiero», poiché nelle domande che gli si affollano dentro non si tratta «di una semplice adesione ad un teorema di geometria, ma di cose che possono cambiare l'orientamento della vita». Ed ecco la conversione, della mente e del cuore, e lo sbocciare in lui della preghiera. L'autore, pur non diventando un «bigotto» e mantenendo la sua vigile disposizione critica, diventa e rimane un cristiano, come attestano le originali Meditazioni e i Frammenti di diario qui aggiunti.