Il problema della trasmissione delle parole di Gesù rappresenta oggi uno dei nodi fondamentali del dibattito scientifico sulle origini cristiane. Impulsi diversi e convergenti - come la scoperta di nuove fonti, l'interazione con le scienze sociali e l'antropologia in particolare, una maggiore attenzione per il carattere dinamico e plurale dei primi gruppi cristiani - hanno contribuito all'inaugurazione di una nuova stagione della ricerca. Basti pensare all'enorme fioritura di studi sull'ipotetica fonte Q, sul Vangelo di Tommaso, su molti altri scritti della cosiddetta letteratura "apocrifa". In questa prospettiva, il volume si presenta come uno strumento indispensabile per la conoscenza delle più recenti tendenze degli studi sul cristianesimo primitivo: i contributi di natura metodologica si affiancano all'analisi diretta dei testi, spaziando dalle prime testimonianze evangeliche (canoniche ed extra-canoniche) ai papiri documentari, dalle lettere di Paolo alla molteplicità di fonti protocristiane dei primi secoli. Emerge un panorama di ampio respiro, in cui le diverse traiettorie di trasmissione - ma anche di rielaborazione, trasformazione e creazione - delle parole di Gesù si mostrano al lettore e allo studioso in tutta la loro complessità.
La nostra esperienza del mondo è l’essere corpi, averne percezione, esprimerci con linguaggi. Ma, non è su questo stesso sfondo che si veicola l’esperienza religiosa? Sono i concetti o sono le immagini a fare la religione? In quale rapporto stanno queste con i grandi sistemi teologici e metafisici, con i dogmi, con i misteri? Stando agli studi delle scienze cognitive, riti e liturgie attestano il religioso come presenza nelle immagini, nelle icone. Ma non solo, qui si cerca di capire quel lato interiore – l’immagine come si forma dentro di noi –, che muta l’interpretazione del fenomeno religioso, rovesciandone la struttura epistemologica. Ad esempio nel modo in cui ci si rappresenta la Trinità o la creazione ex nihilo: in quanto pensieri-limite, per pensarli il credente ricorre a immagini di per sé incapaci di renderli, in grado però, proprio esercitando il paradosso, di fargli compiere una diversa esperienza – quella religiosa appunto.
Queste pagine ne sono un’indagine che rimette in discussione l’ordine dei fattori in gioco, ponendo un problema serio per le scienze delle religioni: cos’è davvero alle origini del religioso?
E' possibile esaurire i dilemmi etici in un conchiuso sistema di definizioni astratte? E' evidente come essi prorompano quotidianamente proprio in questioni limite, nelle quali è sempre più difficile parlare di "verità" e di "valori". Ciò spinge l'autore a porsi una domanda radicale: se non si dà una visione metafisica unitaria del reale e quindi dei suoi fondamenti etici, come può declinarsi un'etica che non voglia liquidare la questione in senso puramente relativistico, ma che cerchi ancora un "dover essere" nel nostro stare al mondo?Si presentano qui i lineamenti per un'etica non astratta ma intrisa di verità r azione: fondata su un'oggettività normativa, come un'imperativo del nostro agire che interroghi anzitutto il soggetto quale fonte di azione e decisione morale e centro di relazione.
Da dove proviene il male?, si chiede Kant. Il male è radicale, è inscritto nell’uomo proprio in quanto libero. Una prospettiva con la quale la filosofia contemporanea non ha potuto esimersi dal fare i conti – si pensi alla dialettica tra radicalità e banalità del male come costante interrogazione nel pensiero di Hannah Arendt. Una domanda che Jaspers già aveva preso sul serio, rispondendo alla Arendt: «questo male è banale, non il male». Perché il male ha una natura così problematica da non potersi ridurre a opposizioni. La stessa radicalità di cui parla Kant non va intesa come un “corpo estraneo” con cui giustificare la tensione fra caduta originaria e libero arbitrio dell’uomo. Jaspers si spinge oltre l’idea di libertà: il male è enigma e di esso si può dire solo dove non può avere fondamento. Non appartiene alla sensibilità – perché non siamo padroni delle nostre inclinazioni naturali – né alla ragione che è depositaria della legge morale. Il male, come figura del limite umano, in queste pagine pare persino dischiudere all’uomo la possibilità della “grazia”: essa non è forse anche guadagnata dall’uomo, e non solo gratuitamente “data” da Dio? Una prospettiva che pone Jaspers nel solco del pensiero religioso liberale.
La figura di don Primo Mazzolari (1890-1959) sta sempre più emergendo come una delle voci più significative del cattolicesimo italiano della prima metà del Novecento: i suoi scritti e le annate di "Adesso" (la rivista da lui fondata e in gran parte redatta) rappresentano ancora oggi un essenziale punto di riferimento per un'adeguata conoscenza del cammino della Chiesa italiana attraverso il nazionalismo, il fascismo, la Resistenza, la ricostruzione. Le pagine qui raccolte fanno il punto sull'insieme dell'opera mazzolariana, dalle passioni nazionalistiche degli anni giovanili alle intense e sofferte pagine di Tu non uccidere (1955), quasi suo testamento spirituale. Un'ampia ricognizione sull'ormai cospicua mole di studi mazzolariani consente di fare il punto sulla sua personalità e sull'eco che ha avuto in Italia l'opera, e soprattutto la testimonianza di vita, del parroco di Bozzolo.
Il sacro, pubblicato per la prima volta nel 1917 e qui presentato in una nuova edizione a cura di Aldo Natale Terrin, è uno dei libri più letti e discussi del XX secolo. Vissuto nella stessa "armonia dei contrasti" con cui è descritta l'esperienza religiosa, nacque in un contesto "teologico" di apertura alla scienza delle religioni ma fu per lo più disconosciuto dalla teologia; mostrò un impianto filosofico divenuto paradigmatico ma fu in molti casi discriminato dai filosofi della religione...
L'Ethica, l'opera di Spinoza che così profondamente ha segnato il pensiero contemporaneo, fu pubblicata postuma dai "suoi amici" proprio così come era stata lasciata per la stampa dallo stesso autore. Non è lecito chiedersi, una volta constatata la presenza di alcuni passaggi "anomali" nell'opera spinoziana, se gli stessi amici, dopo la scomparsa di Spinoza, siano intervenuti sul testo che il filosofo aveva apprestato. In altre parole, l'Ethica di Spinoza è a tutti gli effetti l'Ethica di Spinosa. Questi gli interrogativi sui quali si concentra il volume di Di Vona, scrutando l'uso delle categorie di Spinoza e sciogliendo le ambiguità mediante un'acuta analisi concettuale dei testi e un'indagine storico-filologica del pensiero spinoziano.
"Giovanna Francesca Frémyot di Chantal è nota per lo più come la fondatrice, insieme a S. Francesco di Sales, dell'Ordine della Visitazione. Viene perciò spontaneo collegare la santità, riconosciutale dalla Chiesa, alla figura della religiosa. Giovanna Francesca è, però, una figura a tutto tondo e nella stessa Bolla di Canonizzazione è proposta alle donne come modello in tutti gli stati di vita. Tutta la sua esistenza è attraversata dal filo rosso della docilità eroica alla volontà di Dio, perfino quando questa le chiese il cambiamento di stato di vita. Proprio l'adesione piena, anche quando tormentata, al proprio ruolo nei diversi stati le consentì quello straordinario cammino interiore che la portò a un elevato grado di santità, unita a una profonda maturità umana e a una fecondità che supera i limiti della natura, rendendola splendidamente donna. Elisabeth Stopp ne ha ricostruito le vicende biografiche con "la sensibilità dello storico e la leggerezza del narratore. Giovanna di Chantal è sempre stata vista entro il fascio di luce di Francesco di Sales. In tal modo le si è tolto respiro e ci si è preclusi la possibilità di conoscerla appieno. Il libro della Stopp ha il grande merito di restituirci i caratteri peculiari di una personalità che risulta essere tra le più significative nel panorama spirituale della Francia secentesca." (dalla Premessa di Massimo Marcocchi)