Il Dio vivente è a un tempo fonte di ispirazione e anelito della ricerca filosofica di Schelling e di Pareyson, due dei maggiori esponenti dell'idealismo tedesco e dell'ermeneutica contemporanea. L'autore indaga le loro riflessioni sulla libertà e il male, sull'Inizio e la Trinità, in un confronto continuo della filosofia con i propri limiti e con i significati della religione. L'esperienza dello stupore della ragione è il punto di contatto attraverso il quale una conoscenza rigorosamente razionale, consapevole della propria finitezza ma anche delle proprie potenzialità, diviene capace di ascoltare il pulsare di una realtà ancora più grande. In forma simbolica, secondo una rappresentazione tragica della libertà, i problemi del bene e del male, del pluralismo e dell'interpretazione, del dialogo e della verità, della morte e dell'escatologia possono essere affrontati con illuminante passione.
Per decenni docente all'Università di Urbino, Italo Mancini (1925-1993) è stato tra i maggiori filosofi e teologi della seconda metà del Novecento. A lui la cultura italiana deve la scoperta di autori come Karl Barth, Dietrich Bonhoeffer e Rudolf Bultmann, in opere dove la filosofia poneva la domanda su Dio, e la teologia non dimenticava il rigore dei concetti. Un cammino che ha portato Mancini a riflettere su - e a far propria - un'espressione di Pascal e Dostoevskij: "Dio nei doppi pensieri". In Dio coabitano i contrari, la miseria e la gloria, la perdizione e la salvezza. Pensieri abissali che, secondo Massimo Cacciari e Bruno Forte, mostrano l'eredità di Mancini, la sua attualità.