"I paesi che accettarono il piano Marshall si composero in un blocco ispirato a un comune obiettivo, consentendo all'amministrazione americana di vantare il più grande successo della sua azione internazionale nel dopoguerra. Il piano è rimasto nel pensiero politico come sinonimo di 'intervento risolutivo e benefico per i momenti di crisi drammatica'. In senso diverso, è stato accusato di essere l'espressione più aggressiva del capitalismo americano. Lo studio di Mauro Campus ricompone in modo assai efficace il quadro d'assieme, esplicitando una valutazione molto netta del rapporto creatosi in quegli anni fra gli Stati Uniti e l'Italia. Un partner non centrale ma 'strategicamente irrinunciabile'; e anche un partner del quale sfuggivano le complesse antinomie. Campus offre un esempio notevole dell'utilità di integrare lo studio della storia politica internazionale cori quello dell'economia, dei commerci e della finanza Internazionali." (dalla Prefazione di Ennio Di Nolfo)
Il giuramento riveste un ruolo essenziale, in quanto "sacramento del potere", nella storia politica e religiosa dell'Occidente. Tuttavia, malgrado i numerosi studi di linguisti, antropologi e storici del diritto e delle religioni, manca una visione d'insieme del problema, che cerchi di dar ragione della funzione strategica che questa istituzione ha svolto all'incrocio di diritto, religione e politica. Che cos'è il giuramento, se sembra mettere in questione l'uomo stesso come animale politico? Da questa domanda deriva l'attualità dell'archeologia del giuramento proposta dal libro. Attraverso un'indagine di prima mano sulle fonti greche e romane, che ne mette in luce il nesso con le legislazioni arcaiche, la maledizione, i nomi degli dei e la bestemmia, Giorgio Agamben situa l'origine del giuramento in una prospettiva nuova, che ne fa l'evento decisivo nell'antropogenesi, ovvero nel diventar umano dell'uomo, iI giuramento ha potuto costituirsi come "sacramento del potere" perché esso è innanzitutto il "sacramento del linguaggio", in cui l'uomo, che si è scoperto parlante, decide di legarsi al suo linguaggio e di mettere in gioco, in esso, la vita e il destino.
Magistrati e avvocati sono, da sempre, come quelle vecchie coppie di coniugi che mal si sopportano ma sono assolutamente incapaci di vivere l'uno senza l'altro. Rappresentano infatti momenti distinti della funzione del rendere giustizia e portano il loro contributo da posizioni e con ruoli che non devono mai essere confusi, ma restano inseparabili. Sotto forma di lettera idealmente indirizzata al proprio allievo, Paolo Borgna riflette sugli avvocati. Sulla funzione pubblica del rendere giustizia a cui l'avvocato contribuisce con il suo "ruolo partigiano". Sul ruolo di "mediatore sociale" dell'avvocato.
Questo libro è una pietra miliare nel campo degli studi sul fascismo e fa chiarezza nel dibattito sorto intorno a una tematica ingiustamente trascurata dagli storici. Gli autori, scelti tra i maggiori esperti italiani e stranieri, definiscono le caratteristiche della politica coloniale fascista nel contesto storico e sociale più ampio dell'Italia liberale; si soffermano su aspetti poco noti, come i violenti metodi (dall'uso massiccio di gas alla fucilazione di massa) adottati per stroncare la resistenza delle popolazioni aggredite e le dinamiche delle campagne militari; affrontano le implicazioni giuridiche e culturali del colonialismo fascista e delle sue conseguenze relativamente a temi di politica internazionale.
La millenaria vicenda cristiana costituisce un dato ineliminabile del nostro patrimonio storico e culturale. Si può guardare a essa in una prospettiva storica sensibile al contributo decisivo che il cristianesimo ha fornito alla formazione di un'Europa cristiana. La si può accostare in un'ottica sensibile alla situazione religiosa attuale, in cui i valori cristiani paiono sempre più emarginati. O si può anche decidere di avvicinarsi a questa storia, così complessa e affascinante, nella prospettiva del credente desideroso di approfondire le radici della propria fede. A tale insieme di esigenze e interrogativi risponde la Storia del cristianesimo di cui questo volume fa parte.
Gary Becker è stato un pioniere nell'applicare l'analisi economica allo studio del comportamento umano in aree come la discriminazione, il matrimonio, le relazioni familiari e l'educazione, dove si riteneva che il comportamento fosse dettato principalmente dalla consuetudine e dall'irrazionalità. La ricerca di Becker sul capitale umano - pubblicata in tempi in cui la stessa espressione capitale umano era ancora nuova e fortemente controversa - è divenuta presto un classico ed è stata considerata dal comitato del Nobel come il contributo più notevole di questo studioso alle discipline economiche. Per la prima volta tradotto in italiano, "II capitale umano" studia le conseguenze economiche prodotte, in termini di assunzioni e livelli salariali, dall'investimento in istruzione e formazione individuale.
"D'ora in poi nulla di ciò che accade è più un evento soltanto locale. Tutti i pericoli essenziali sono diventati pericoli mondiali, la situazione di ogni nazione, di ogni etnia, di ogni religione, di ogni classe, di ogni singolo individuo è anche il risultato e l'origine della situazione dell'umanità. Il punto decisivo è che d'ora in poi il compito principale è la preoccupazione per il tutto. Non si tratta di un'opzione, ma della condizione. Nessuno lo ha mai previsto, voluto o scelto, ma è scaturito dalle decisioni, dalla somma delle loro conseguenze, ed è diventato conditio humana. Nessuno vi si può sottrarre." Nel 1986, anno di Chernobyl, Ulrich Beck pubblica "La società del rischio", considerato un classico della sociologia contemporanea. Oggi quella magistrale descrizione della nostra epoca risulta già superata dalla storia: viviamo ormai in una società mondiale del rischio. In queste pagine Ulrich Beck tratteggia la condizione esistenziale dell'umanità: un'epoca alle prese con la percezione di minacce autogenerate, prodotte dall'uomo e dalla sua civiltà del progresso, impossibili da localizzare, calcolare, arginare.
Lill, storico di razza e grande conoscitore della storia europea, racconta la parabola di una ambiguità relativa alla potestà papale, iniziata nel secolo XI e non ancora conclusa. Il punto di svolta avviene nel crogiuolo della lotta intransigente alla modernità e nelle conseguenze della proclamazione, nel 1870, dell’infallibilità e del primato papale come dogmi. Lill descrive come i pontefici da Pio IX a Pio XII abbiano fatto leva su quelle prerogative per ambizione politica. La pretesa papale di guidare la società, determinare svolte culturali in senso conservatore, vincere la battaglia con la secolarizzazione in Occidente per Lill non è giusta o sbagliata: è semplicemente irrilevante. Per questo lo storico tedesco attribuisce a una visione monocratica e autoritaria del potere (che secondo lui è stata confusa con l’esigenza di unità e di autorevolezza del magistero) qualcosa di controproducente e alienante per lo stesso ministero cristiano. Questo libro offre una cura per una forma di miopia diffusa nel nostro Paese, e documenta un problema di grandi proporzioni per il cattolicesimo romano: c’è un mondo intero nel quale abbonda l’insofferenza verso la comunicazione ecclesiastica e l’eccesso di disinvoltura con cui tratta del giusto e del vero.
Alberto Mellon
Ai tempi in cui Roma è città aperta e alla mercé dei tedeschi, tra le mura e i vicoli della città si consuma una guerra di fuggiaschi e nascondigli. È una guerra nascosta e cruenta che porta i civili in prima linea: cittadini, uomini e donne di chiesa, Pio XII in persona. Né potrebbe essere diversamente visto che Roma, di fatto e per comune sentire, non è più la capitale dell'effimero regime fascista della Repubblica sociale ma in tutto e per tutto la città del papa. E come lui non combatte l'occupazione ma nemmeno cede; resiste, si impegna a sopravvivere, aiuta i ricercati a nascondersi. Gli occupanti tedeschi lo avvertono e impongono il regime duro. In una Roma assediata dove le croci uncinate sostano sotto le finestre del papa, i nazisti catturano quasi duemila ebrei; muoiono nei campi di concentramento, alle Fosse Ardeatine. All'incirca diecimila, invece, sopravvivono nascondendosi in case private, nei conventi e nelle parrocchie, negli ospedali, nelle istituzioni e nei territori della Santa Sede. Taluni di quelli che sono venuti in aiuto ai perseguitati sono stati riconosciuti come 'giusti'. Di molti si è persa ogni traccia. Lungo queste pagine Andrea Riccardi richiama dall'oblio la storia di uomini e donne comuni che, quando il male ha bussato alle loro porte, hanno mostrato un grande coraggio, hanno condotto una vita fuori dell'ordinario e sono poi tornati, semplicemente, a quella di ogni giorno.
Il lettore desideroso di interrogarsi sui segni di interpunzione oggi in vigore si chiederà a quando risale la loro adozione nelle lingue europee, se ci sono state differenze significative nei valori assegnati a uno stesso segno in lingue diverse, quali sono stati i principali momenti dell'evoluzione dei singoli sistemi. A tali curiosità risponde questa vasta e rigorosa panoramica storica che indaga il percorso della punteggiatura dall'antichità classica, in cui affondano le radici della civiltà letteraria europea, fino a oggi e comprende, oltre all'italiano, le lingue di altri paesi a noi più o meno vicini per la posizione geografica o per le origini; in ogni caso accomunati dall'appartenenza all'Europa. La rassegna, a firma di prestigiosi specialisti, è preceduta da un saggio introduttivo sullo statuto linguistico della punteggiatura e prosegue con la trattazione dei fenomeni grafici e interpuntivi nell'antichità greca e latina. Si passa quindi alle lingue appartenenti alla famiglia romanza: italiano, francese, lingue iberiche, rumeno. In questo gruppo particolare risalto viene dato alle vicende italiane, delineate dal primo affermarsi dei volgari fino alle tendenze attuali nella prosa giornalistica, letteraria ed epistolare (comprese le sue tipologie più recenti, dalle e-mail agli SMS). Si analizzano poi gli sviluppi e gli usi interpuntivi delle lingue germaniche, delle lingue slave, del greco medievale e del neogreco, dell'albanese e del ceppo ugrofinnico.
"Una città non è semplicemente un posto dove abita della gente e dove dorme. Come le stie per i polli o i campi di concentramento. La città è il posto l'incrocio, la cerniera - dove si svolgono i traffici, gli scambi, le comunicazioni. Ed è per questo che una città non è un museo, se non è morta. Se è viva si trasforma, inevitabilmente." Così come si sono trasformate le "città del Duce", quelle innumerevoli "città di fondazione" tirate su dal regime tutte più o meno sullo stesso modello, e tutte con lo stesso intento: realizzare la rivoluzione agraria che Mussolini aveva promesso ai suoi reduci e su cui voleva fondare l'impero autarchico. Si comincia nel '28 con la bonifica delle Paludi Pontine, poi le Puglie, la Libia, il latifondo siciliano. Una vera epopea edificatrice, almeno secondo l'autore che quelle città le ha cercate, visitate, fotografate, studiate una per una arrivando a contarne ben 147. Alcune oggi sono grandi e affollate, altre desolate e spettrali. Eppure hanno molto in comune: la loro storia di "città nuove".
Scopo di questo manuale è accompagnare il lettore nello studio della storia contemporanea del mondo arabo - che si sviluppa per secoli e copre una vasta area geografica dall'Atlantico al Golfo. Antonino Pellitteri ribalta in queste pagine la visione eurocentrica che impone alla storia mondiale e mediterranea una periodizzazione elaborata per l'Occidente. Molto in voga nell'Ottocento, e ancora oggi diffusa nonostante da più parti si affermi il contrario, quella lettura storiografica considerava le vicende del mondo islamico - e arabo in particolare - solo in funzione della storia d'Europa, relegandole al livello di realtà minori e trascurabili. I concetti portanti, la periodizzazione, la deli itazione dello spazio arabo-islamico, i grandi temi della ricerca storica sulla modernità - dal rapporto tra nazionalismo arabo e islam alla questione palestinese -, i principali archivi e i centri di documentazione storica del mondo arabo: un profilo organico della storia contemporanea del mondo arabo non viziato dall'ottica eurocentrica.