Pensavamo di non dover più assistere ai conflitti di religione, e invece nessuna fede sembra esente dal virus della violenza. Perché accade e qual è la responsabilità della politica negli orrori compiuti in nome dell'identità di popolo e di credo? Si può ipotizzare che ci sia un'affinità elettiva fra le politiche d'identità e le religioni. È solo grazie a tale affinità che è possibile trovare una risposta alla domanda: Perché le religioni scendono in guerra? Nel libro vengono presi in considerazione alcuni casi cencreti dove la relazioni fra guerra e religione è più evidente: il buddismo nello Sri Lanka, l'ebraismo e l'Islam in terra di Palestina, le religioni in conflitto nei Balcani, il cattolicesimo in guerra nel Rwanda.
Juergensmeyer esplora l'universo oscuro e inquietante delle figure dei "terroristi per Dio", cioè di coloro che sono pronti a uccidere (spesso anche a farsi uccidere) in nome della fede, anzi delle tante diverse fedi. Dopo tanto parlare della violenza del fondamentalismo islamico, questo libro ci riporta, nelle parole degli stessi terroristi e con il racconto delle loro vite, a uno scenario complesso nel quale non c'è religione che non venga usata a pretesto della lotta politica.
Qual è l'origine di questo movimento che irrompe oggi sulla scena mondiale con la sua ideologia politica totalizzante; quale modello di società e di Stato vogliono costruire i giovani che impugnano la bandiera della fede militante; chi sono gli attori sociali che fungono da spina dorsale di un movimento che, per ampiezza della militanza, è difficile classificare sotto la categoria del terrorismo? La risposta dell'Occidente si esaurirà sul piano militare? Oppure sotto le macerie di Manhattan è rimasta per sempre anche una concezione della globalizzazione che, pur non direttamente causa di un fenomeno come il fondamentalismo, lo alimenta con la sua tendenza onnivora all'uniformità? L'autore fornisce una sua risposta in questo saggio.