La storia del Novecento è dominata dalla polarità tra America e Russia; i due Paesi dell'avvenire, entrambi profondamente legati al Vecchio continente, prendono il sopravvento sull'Europa economicamente e politicamente, ancor più nell'immaginario collettivo. La Russia sovietica è il centro di un enorme impero transcontinentale e la patria ideale di milioni e milioni di militanti sparsi in ogni dove. Gli Stati Uniti d'America (USA) sono il fulcro, il motore pulsante, l'officina e l'emblema dell'economia capitalistica. Lo scenario è definito e occupato dallo scontro tra comunismo e capitalismo; innegabilmente questa è la grande vicenda che attraversa il secolo, la narrazione egemonica che sino al crollo improvviso del 1989 oscura tutte le altre. La realtà è però molto più ricca e sorprendente della rappresentazione, avviene così che l'America diventi per l'URSS anche un modello, un traguardo da raggiungere e superare sotto forma di "americanismo comunista". D'altro canto gli Stati Uniti non sono affatto immuni dal contagio del comunismo, il nemico per eccellenza, capace di insinuarsi nelle pieghe della società come nelle università più prestigiose, di sottendere i conflitti di classe e razziali che non risparmiano il Nuovo continente. Il volume analizza questi scenari e introduce una quantità di nuovi attori, spezzando gli stereotipi e l'immagine piattamente dicotomica della storia novecentesca.
Una straordinaria testimonianza dell'apertura di Giovanni XXIII alle culture diverse, nel 50° anniversario della scomparsa del Papa del Concilio. Monsignor Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, è nunzio in Turchia, a Istanbul, dal 1935 al 1945, fine della II guerra mondiale. Vi arriva dopo essere stato nunzio in Bulgaria e prima di essere nominato a Parigi. Con Roncalli la nunziatura diviene il centro della comunità cattolica di Istanbul, in una ritrovata vitalità della minoranza cristiana. Al tempo stesso Roncalli diviene "amico" delle autorità turche, e mette così le basi per l'apertura ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Turchia. Ad esse lavorerà anche in seguito, come nunzio a Parigi e poi come Papa. Oltre al dialogo amicale col mondo turco e islamico, Roncalli avrà modo di salvare moltissimi ebrei dalla deportazione nazista, favorendo anche la convivenza della comunità ebraica locale con i Turchi. Oggi nella Turchia islamica Giovanni XXIII è chiamato il "Papa turco". Prefazione di Paolo Branca, postfazione di Loris Francesco Capovilla.
In questo pamphlet Panikkar esprime una delle esigenze più radicali dell'uomo: la confidenza. La vita stessa di Pannikar, uomo "ponte" tra le culture, è stata una costante ricerca di confidenza negli incontri fra persone di mondi diversi. L'autore, in questo scritto giovanile, mostra già la sua vocazione ad attraversare i campi del sapere: l'analisi fenomenologica si unisce allo sguardo antropologico, la ricerca dei fondamenti metafisici si apre all'orizzonte religioso. La confidenza è certo un sentimento raro, quasi un dono, ma la tensione ad essa è dimensione dell'umano: "La comprensione dell'altro, che sia un avversario politico o qualcuno di diversa mentalità, un popolo di un'altra etnia, un cristiano di un'altra confessione, un esponente di un'altra religione o semplicemente di un'altra cultura, è un problema scottante del nostro tempo".
Un poeta, Neri, è intervistato da un poeta più giovane, Rivali. Il dialogo dura nel tempo: la confidenza con il giovane poeta e amico permette un'intervista intima e forse liberatoria. A dieci anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia, un'ombra viene dissipata. Neri assiste e aiuta il fratello Peppo, più giovane, che subito si afferma come scrittore: "Neri" è lo pseudonimo per ritrovare la propria identità. Una biografia dai toni intensissimi, in cui si alternano quadri di vita riposanti e drammatici, e la poesia si intreccia ai ricordi. C'è l'Italia, c'è Milano, il mondo delle lettere e dell'editoria. C'è il duro lavoro di chi deve sostenere la famiglia, e l'impegno nella poesia, nonostante gli ostacoli. Il testo è scandito da fotografie di persone e luoghi della vita di Giampiero Neri.
Divo, Baldo, Paco, Ciclone, Grigia, Bella e Pongo: sette cani sono i testimoni del passaggio di Maria da ragazzina della borghesia milanese a giovane donna che, come tante della sua generazione, partecipa ai movimenti degli anni '60 e '70. Divo è con lei e i suoi fratelli in piazza del Duomo per uno spettacolo, Baldo nell'estate dei primi batticuori al lago, Paco a un tentativo di festa hippy al mare, Ciclone in un viaggio in Grecia, Grigia alle manifestazioni, Bella ai funerali di giovani antifascisti, Pongo alle riunioni femministe. Si ha quasi la sensazione che la scrittrice, che ha già pubblicato quattro romanzi, tutti legati alla Storia, anche se personale, con questi sette quadri, che formano un corpo unico, abbia voluto prendersi una pausa per ricordare, tra il riso e il pianto, la parte di storia di una generazione che voleva un mondo diverso, con speranza, gioia e anche con errori. Lo ha fatto con leggerezza e rigore, regalandoci un vivace affresco di personaggi in cui molti si riconosceranno.
Un'introduzione storica e artistica tratta l'evoluzione del Romanico nella Regione. Vengono spiegate anche le influenze e gli ambienti culturali, monastici, diocesani e civili che lo hanno promosso. Le Marche sono formate da una serie di vallate quasi parallele che dalla dorsale appenninica raggiungono l'Adriatico. Il volume percorre le Marche da Nord a Sud, vallata per vallata, città comprese, descrivendo le costruzioni romaniche. Prima viene tracciata la storia del monumento, poi si prosegue con l'analisi dell'architettura e di sculture e affreschi, laddove presenti. Da San Leo, oggi amministrativamente in Emilia Romagna, ad Ascoli Piceno, passando per capolavori assoluti come l'Abbazia di Portonovo sul Mare o San Ciriaco ad Ancona, si può vedere una ricchezza architettonica e artistica che per molti lettori sarà una scoperta.
Il volume presenta contributi di: Armogathe, Bernardi, Bux, Cassingena, Crncevic, Icard, Girardi, Giustiniani, Söding.
Mithra è un dio sovrano del mondo indoiranico il cui culto, sorto in India, è passato in Iran e poi in Commagene e all'inizio dell'era cristiana ha conquistato Roma, dove si è posto quale rivale della religione di Cristo. In questo libro, la cui parte più cospicua nasce dalla revisione e dal completamento di un corso svolto all'Università di Lovanio che raccoglie i risultati di una lunga stagione di rinnovamento degli studi mitraici, Julien Ries segue le sue tracce dall'India alle rive dell'Atlantico. Con una particolare insistenza sulle dottrine e sulle ripercussioni che queste hanno avuto sulla società e sulla vita dei fedeli disegna una sintesi che, partendo dalla religione vedica, attraversa l'Iran antico, considera il culto regale e pubblico in Commagene e si conclude con i misteri mitraici diffusi nell'Impero romano. Ne emerge un quadro vivido, efficace e completo delle peculiarità storiche e dei mutamenti dei culti di un dio che, pur conservando numerosi tratti della sua identità primaria, sotto l'influsso degli elementi culturali e religiosi incontrati sulle vie della sua migrazione ha subito gli effetti dell'acculturazione e del sincretismo.
"Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?": alle soglie del Medioevo, questo monito evangelico sembra risuonare nell'intimo di Cassiodoro, che nel culmine della sua carriera pubblica ha visto fallire l'ambizioso disegno di fondere in una nuova civiltà i Romani e i Goti, dopo aver lungamente operato e sofferto per quell' utopistica sintesi politica dei due popoli. L'anima gli appare dunque un tema carico di richiami spirituali e meritevole di meditazione in un'epoca in cui lo sfacelo degli effimeri ideali politici si rifletteva nel mondo dei valori morali. Anche in virtù del decisivo influsso esercitato su di lui specialmente dalla figura e dall'opera di sant'Agostino, il concetto di anima come "luce sostanziale" gli serve per costituire una connessione tra ciò che è "corporeo e caduco" e ciò che è "spirituale ed eterno". Di conseguenza acquistano particolare risalto l'uomo e la sua corporeità: il corpo umano, infatti, se può essere di ostacolo all'anima, inducendola al peccato e comunque rendendola mutevole, tuttavia possiede una grande dignità, sia perché Cristo si è "rivestito" di esso, sia perché la sua struttura richiama simbolicamente quella cosmica. Letto e interpretato secondo questa prospettiva esegetica, come documento di una crisi di valori, o di una "conversione" intesa nella sua accezione più ampia, il "Liber de anima" acquista un complementare interesse autobiografico.
Dice Kant che la filosofia non si può imparare, si può imparare solo a filosofare. Non scienza, ma esercizio ripetuto, la filosofia vive di incontri e di vicende biografiche e autobiografiche, nelle quali è sempre di nuovo in esercizio e in questione la verità. Per questo la filosofia propriamente non ha luogo, non ha garanzie istituzionali o riprove scientifiche. Essa ha invece cammini che percorrono in errore le contrade della verità e che lasciano in dono mappe e diari di viaggio, per segnalare pericoli e descrivere tesori sconosciuti. Ogni percorso è una nuova occasione di incontro che modifica il senso dell'esercizio filosofico e che ne ridisegna le figure. Così accade qui con Parmenide e Platone, Nietzsche e Husserl, Darwin e Wright, Preti e Paci, Gadamer e Derrida: figure di un domandare e di un dialogare autobiografico, testimone dei suoi debiti, persuaso della sua precarietà, fiducioso di continuare nondimeno a frequentare un destino di pensieri che viene da lontano e che si assegna, sia pure in errore, la speranza del futuro.
"Le singolarità della specie umana" è uno degli ultimi testi di Teilhard de Chardin; si tratta di un testo "laico" perché è una riflessione sul passato e il presente dell'umanità che vuole aprirsi a una prospettiva per il futuro. Potremmo dire che si tratta di un testo "apocalittico" nel senso originale della parola come rivelazione aperta al futuro compiuta da uno scienziato, uno dei maggiori evoluzionisti del XX secolo. Teilhard è stato un importante geologo e paleontologo, uno dei precursori della moderna teoria della biosfera come strumento per comprendere le leggi generali dell'evoluzione. Lo strumento filosofico da lui sviluppato come chiave di lettura dell'evoluzione è il concetto di muovere verso: la materia muove verso la complessità e la vita, e la vita verso la complessità e la coscienza fino a giungere alla nascita del pensiero e quindi dell'essere pensante. Ma oggi l'uomo si trova solo nell'universo e isolato su un piccolo pianeta a risorse limitate e con equilibri fragili. Come sfuggire a un senso di frustrazione e alla sensazione di essere giunti al capolinea dell'avventura umana? Ecco che l'idea di Teilhard si rivolge al passato, a quelle leggi generali dell'evoluzione che in vario modo sono riconducibili al muovere verso, ma egli vede nella riflessione del passato la prospettiva che apre al futuro.
L'ultimo studio sulla detenzione femminile nelle carceri italiane risale agli anni '90. Dopo oltre un anno di inchiesta, Cristina Scanu ci svela un mondo di confine: dai grandi problemi di una normativa mancante alla mala-prigione. Il 90% delle detenute è madre di uno o più figli. Molte li hanno lasciati fuori dal carcere; altre hanno scelto di tenerli con sé, dal momento che la legge lo consente. Nella sua drammaticità un libro appassionante, un dialogo serrato con le detenute e con chi nelle prigioni lavora (educatori, volontari, direttori, assistenti sociali e agenti di polizia penitenziaria). I racconti delle detenute e di chi vive e lavora a contatto con loro dipingono un quadro sconvolgente delle carceri italiane. Dove bambini crescono accanto a madri frustrate che aggiungono alla sofferenza della pena il dolore di una maternità mutilata. Bimbi costretti a vivere in celle umide e buie, a essere svegliati dal rumore delle chiavi che aprono i cancelli dei blindati, a giocare in un cortile di cemento. Il carcere non è un posto per bambini, vittime di errori che non hanno commesso. Eppure, ogni giorno, molti di loro aprono gli occhi dentro una cella. Sono loro il filo conduttore di questo lavoro.