«Ci ha unito la consapevolezza di lavorare per lasciare alle generazioni future un mondo senza malaria». Non gli squali e nemmeno gli orsi. Gli animali più pericolosi, per lo meno per l'uomo, sono molto più piccoli: piccoli come una zanzara. La maggior parte delle zanzare sono innocue, tuttavia un piccolo gruppo di specie di zanzara è responsabile della trasmissione della malaria o di altre malattie che nel complesso provocano circa 700.000 morti ogni anno. E se la lotta alla malaria, in Italia, è stata lunga e combattuta a colpi di insetticidi e bonifiche ambientali, questo approccio non è replicabile ovunque. E a lungo una straordinaria comunità di scienziati ha lavorato a soluzioni rivoluzionarie, efficaci, semplici, economiche e di prometeica potenza. Come quella raccontata in questo libro, il Gene Drive. Una tecnologia che consente di trasmettere una mutazione genetica da pochi individui a intere popolazioni di zanzare, fino alla loro eliminazione.
Quale deve essere il ruolo del critico militante? Secondo Walzer, il rapporto che il critico sociale intrattiene con la società è delicato e spesso ambiguo. Non serve che vesta i panni dell'apologeta o del filosofo sdegnato. Piuttosto, perché la sua azione sia efficace, è decisivo il problema della distanza: rispetto ai valori e agli interessi della società di cui è testimone, egli deve essere al tempo stesso interno, cioè moralmente coinvolto, ed esterno, dunque capace di dire no. Passando in rassegna una galleria di ritratti di grandi personaggi - Orwell, Camus, Gramsci, Foucault, Marcuse e altri ancora - l'autore delinea la fisionomia dell'intellettuale militante nelle sue diverse declinazioni e individua le tre virtù critiche necessarie per guardare in modo pragmatico e tempestivo la realtà sociale: coraggio, compassione e «buon occhio», inteso come prontezza morale.
Presentato in una nuova edizione riveduta e aggiornata, il volume fornisce un inquadramento storico delle origini e degli sviluppi teorici ed empirici della psicologia fino ai più recenti contributi delle neuroscienze. Gli autori danno conto delle principali teorie, procedure e pratiche che hanno segnato l’evoluzione della disciplina. Un faticoso processo di maturazione sul quale per lungo tempo hanno pesato vincoli e pregiudizi, che hanno messo in forse la possibilità stessa di studiare – con metodo scientificamente corretto – le sensazioni, le idee, le emozioni dell’uomo.
«Il nostro tempo, con le sue potenti tendenze all'autoritarismo politico, al ritorno di un nazionalismo a lungo creduto estinto e alla soppressione neoliberista di ogni limitazione dei mercati, va nella direzione addirittura contraria a qualsiasi sforzo di riforma radicale dei rapporti di lavoro, e sembra deludere rapidamente ogni speranza di conseguire miglioramenti nel breve periodo». Una tesi chiara e coraggiosa: la partecipazione alla formazione della volontà democratica puÃ^2 procedere solo da una divisione del lavoro trasparente ed equamente regolamentata. Trascorriamo gran parte del nostro tempo nel mondo sociale del lavoro, uno spazio unico, dove viviamo esperienze e impariamo lezioni utili ad agire sugli assetti di una comunità politica. Solo intervenendo sulle condizioni lavorative abbiamo la possibilità di promuovere forme di comportamento cooperativo che giovano alla convivenza collettiva. Un lavoro non puÃ^2 essere tanto faticoso da impedire al lavoratore di pensare alla realtà circostante; non puÃ^2 essere retribuito così poco da negare l'intervento nella vita politica; non puÃ^2 richiedere la subordinazione totale ai propri superiori. L'indipendenza economica, l'autonomia intellettuale e fisica, la riduzione delle tensioni e delle routine, il tempo libero, il rispetto di sé e la fiducia nella propria voce: sono tutte opportunità decisive per accedere all'esercizio della sovranità politica. In quest'epoca di polarizzazione e di crescente autoritarismo, Honneth sostiene con forza la necessità di puntare sul lavoro per rivitalizzare la democrazia.
«Il nostro viaggio comincia da Ventotene per sottolineare il filo, sottile ma robusto, che lega chi si è opposto al fascismo, anche durante il Ventennio, a chi, dopo la caduta del regime, l'occupazione dei tedeschi e la nascita della Repubblica sociale italiana, ha partecipato a un movimento nazionale di resistenza ampio, articolato, originale». «Il periodo dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 - scrive Pezzino - è stato uno di quelli nei quali i cittadini, volenti o nolenti, si sono trovati a dover compiere scelte "politiche", dalle quali dipendeva non solo la loro sorte personale, ma anche, quella della patria». La resistenza italiana è un fenomeno articolato in cui gli storici odierni ricomprendono non solo l'azione dei partigiani e dei combattenti, degli internati militari italiani, dei deportati politici, ma anche quella dei tanti semplici cittadini che si opposero all'occupazione tedesca e al fascismo, a partire dalle donne, il cui decisivo contributo è stato a lungo misconosciuto. Dei numerosi episodi di coraggio civile si è tenuto conto nel tracciare questo itinerario che affianca ai già molto celebrati luoghi simbolo della lotta partigiana, altri meno noti ma il cui ricordo la rende vivida.
Cosa è giusto non sapere o non dire per tutelare noi stessi e le relazioni in cui siamo immersi? Nella società contemporanea c'è ancora spazio per il segreto? "Non dirlo a nessuno". Chi non ha mai pronunciato questa frase? E quali responsabilità implica per chi custodisce un segreto? Accanto alla capacità di parlare, quella di saper tacere ha avuto uguale importanza nella storia delle società umane: il segreto - imponendo un patto, talvolta anche indesiderato - crea e distrugge gruppi, genera inclusione ed esclusione, plasma comportamenti e relazioni. E oggi, nella nostra società digitale, dove la caccia a verità e informazioni nascoste sembra essere una moda e dove con un clic puoi distruggere identità ed equilibri delle persone, che significato può assumere questa parola?
Verso il monopolio del sapere. I prossimi capitoli della scienza saranno scritti a porte chiuse? Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica, motore del progresso tecnologico, ha vissuto cambiamenti straordinari. Uno, tanto fondamentale quanto spesso trascurato o sottovalutato, riguarda gli attori coinvolti. Se in passato protagoniste erano le istituzioni pubbliche con la loro ricerca volta al bene comune, oggi sono comparse le Big Tech, che grazie a profitti ingenti investono in modo aggressivo nella ricerca, con obiettivi ambiziosi: computer quantistico, interfacce cervello-macchina, esplorazione spaziale, salute e, ovviamente, intelligenza artificiale. Se si considera, inoltre, il contributo della ricerca militare, segreta per definizione, emergono due volti assai diversi della scienza contemporanea: da un lato quella pubblica, aperta e trasparente; dall'altro, quella privata, riservata, inaccessibile. Possiamo ancora fidarci della scienza?
Nicola Labanca ripercorre le vicende politiche e militari che portarono gli italiani a stabilirsi in Eritrea, in Somalia, in Libia e poi in Etiopia. Ma l'espansione coloniale non fu, anche nel caso italiano, solo politica e guerra. Il volume smonta quindi i messaggi della propaganda colonialista che affascinarono generazioni di italiani al suono di "Tripoli bel suol d'amore" e mostra i pochi reali vantaggi economici che l'Italia trasse dai suoi domini africani. Inoltre descrive la società coloniale d'oltremare, i suoi tratti razzisti, la sua composizione sociale e demografica, le sue istituzioni.
«Al dibattito odierno a noi sembra mancare il filo, la trama, il contesto che legano il passato all'avvenire. Soprattutto quando si riforma, bisogna trasmettere lo spirito della Costituzione». Dopo un lungo silenzio, le riforme costituzionali sono tornate sulla scena della politica. Accade perché è un dibattito ineludibile, cominciato subito dopo la Costituente. Questa volta, però, il contesto è inedito, sia sul piano interno che internazionale. Data la delicatezza del momento, gli autori si collocano volutamente al di fuori dallo scontro ideologico e cercano di fornire le basi fondamentali a una discussione che deve essere ben posta: attenta ai bisogni di riforma che emergono dai mutamenti in atto, ma senza mai trascurare la perdurante vitalità della nostra Carta e la sua ispirazione originaria.
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra: i conflitti esplosi dalla prima pubblicazione di questo libro, nel 2011, confermano ogni giorno questa amara constatazione di Antonio Cassese. Una dolorosa ammissione, da cui muove una antieroica, indimenticabile e irrinunciabile conversazione sull'«esperienza del male». Come scrive Micaela Frulli nella postfazione, Antonio Cassese ha dedicato la propria vita all'affermazione del diritto, ma in questa ultima conversazione non ha temuto di mettere a nudo le debolezze del proprio credo. Da questo paesaggio umano dolente, da questa indagine sui fondali oscuri della nostra convivenza civile, emerge però con forza una luce: il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale, quella che l'autore intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, la sua esperienza di giudice internazionale.
Una ricostruzione storica di insieme del tempo in cui le chiese cristiane sono passate dall'ostilità al dialogo e dalla separazione a forme di comunione. Una storia dell'ecumenismo inteso come movimento squisitamente novecentesco di genesi europea e di portata globale: una storia di personalità e gruppi, generazioni e assemblee, rapporti e programmi, teologie e azioni, nel desiderio di unità. Questo secondo volume si concentra sui decenni di ponte tra la fase pionieristica del movimento ecumenico, segnata dalle due guerre mondiali, e quella propriamente ecclesiale, affidata a colloqui, esperienze e progetti di comunione che hanno guidato il desiderio di unità dei cristiani attraverso una stagione carica di promesse. Saggi di: Matteo Al Kalak, Sandra Arenas, Nikolaos Asproulis, Gerhard Besier, André Birmelé, Nicla Buonasorte, Christophe Chalamet, Andrew Chandler, Bruno Cherubini, Keith Clements, Catherine E. Clifford, Will Cohen, Viorel Coman, Kisitu Davies, Peter De Mey, Joseph Famerée, Luca Ferracci, Étienne Fouilloux, Leonhard Hell, Dianne Kirby, Dino Knudsen, R. Simangaliso Kumalo, Dietz Lange, Frieder Ludwig, Adalberto Mainardi, Saretta Marotta, Alberto Melloni, Friederike Nu?ssel, Elisabeth Parmentier, Rodrigo Polanco, Michael Quisinsky, Silvia Scatena, Karim Schelkens, Christoph Theobald, Mauro Velati, Matthias Wirz, Jurjen A. Zeilstra, Peter Zimmerling.
Tra le più importanti matrici intellettuali dell'Europa L'eredità romana non consiste solo in grandi monumenti, anfiteatri, acquedotti o strade, ma soprattutto nel suo diritto, un contributo originale, da cui si sviluppò la scienza giuridica, ancora oggi una grammatica condivisa, trama e ordito delle società e del potere. Essa si dispiega dall'universo medievale, il suo apogeo, alla rivoluzione americana e francese, al trionfo del capitalismo borghese fino al primo Novecento. Da Roma e Bisanzio (con Giustiniano), a Bologna, la prima facoltà di diritto, che lo diffuse in tutta l'Europa cristiana, il diritto romano è rimasto la principale fonte d'ispirazione dell'Europa continentale, dalla Francia di Napoleone alla Germania, dove ha vissuto una ennesima giovinezza nella temperie romantica della scuola storica di von Savigny.