Il manuale, qui presentato in una nuova edizione aggiornata, raccoglie i frutti di una lunga esperienza di ricerca teorica ed empirica. Blanchard vi persegue due obiettivi: da un lato inquadrare alcuni dei più importanti problemi economici odierni, dall'altro trasmettere l'idea secondo cui la macroeconomia è una scienza che deve mantenere, al tempo stesso, una rilevanza esterna e una coerenza interna. Un modello di base (che studia l'economia nel breve, nel medio e nel lungo periodo) viene di volta in volta integrato da estensioni concernenti, per esempio, le aspettative, l'apertura dei mercati e le patologie del sistema economico.
Disastri, incidenti e lutti rappresentano eventi critici nella vita delle persone così come delle collettività. I processi psicosociali di individui, gruppi e organizzazioni nelle situazioni di crisi sono l'oggetto di studio della psicologia dell'emergenza. Cosa succede nella mente e nel corpo quando si è in pericolo? Che cosa ci porta ad abbandonare o meno i luoghi durante un'alluvione o un incendio? Quali sono le conseguenze psicologiche di eventi potenzialmente traumatici, e che cosa facilita la resilienza? Quando l'esperienza della perdita diventa un "lutto complicato"? Quali strategie mentali utilizzano i soccorritori che si trovano ad affrontare morte e sofferenza? Che impatto hanno disastri e incidenti sulle pratiche sociali e sulla vita di una comunità? Il volume offre una panoramica completa e aggiornata sul tema, presentando i modelli teorici, i dati epidemiologici recenti e una rassegna delle metodologie di intervento più efficaci per "preparare" una comunità all'emergenza e per mitigare lo stress acuto nella fase successiva all'evento.
Spitzer si propone di ricostruire la base su cui si formò in Occidente il concetto di armonia universale racchiuso nella parola tedesca "Stimmung". Per far questo, indaga la storia di un intero "campo semantico", nei suoi sviluppi in epoche e in letterature diverse. La storia dell'armonia universale è la storia della continuità della civiltà classica nel Medioevo cristiano e nella moderna civiltà laica: le pagine di Spitzer mostrano il formarsi della solidarietà culturale europea e, al tempo stesso, il suo disintegrarsi dall'Illuminismo in poi.
Grande classico della filosofia della scienza e della filosofia tout court, "Congetture e confutazioni" testimonia della vastità degli interessi di Popper e dell'insostituibile ruolo da lui svolto nella cultura del Novecento. Accanto alle pagine dedicate a temi filosofici tradizionali, connessi con la teoria della conoscenza e la dialettica, e a questioni specifiche di filosofia della scienza, vi sono riflessioni in cui l'analisi storica costituisce l'occasione per riesaminare alcuni nodi della filosofia delle scienze sociali e della filosofia politica. È qui che giunge a compiuta elaborazione il celeberrimo concetto popperiano di "falsificazione di una teoria" come criterio di demarcazione tra scienza e non scienza. Un'opera che consente di capire come, pur fra discussioni talora vivaci, Popper costituisca un punto di riferimento essenziale per ogni visione non dogmatica della conoscenza umana.
E' questo non solo l'ultimo libro di Hannah Arendt ma anche il coronamento finale della sua "vita activa". Rimasto incompiuto, si sarebbe dovuto comporre di tre parti: restano le prime due e un abbozzo della terza. La prima, dedicata al Pensare, si domanda dove si trovi l'io che pensa, quali siano il suo spazio e il suo tempo, concludendo che esso si pone tra passato e futuro, tra la memoria del non più e l'attesa del non ancora. Qui, nel presente del pensare, l'angelo della storia ferma talvolta il suo volo e ci fa essere liberi. Ed è proprio alla libertà che è dedicata la seconda parte, quella che studia una nozione sconosciuta ai greci antichi: il Volere. Solo il cristianesimo si pose infatti il problema di come conciliare la fede in un Dio onnipotente con le esigenze del libero arbitrio. E dal cristianesimo tale questione arriva sino all'epoca moderna, allorché la volontà si scontra con la legge di causalità, o quando ci si sforza di farla convivere con le leggi della storia. In appendice gli appunti della terza parte, dedicata al Giudicare.
L'interazione faccia a faccia "non è mai soltanto e non è sempre una forma di comunicazione": sta qui racchiusa la brillante intuizione al centro di quest'opera, tra le maggiori di Goffman. Cos'altro c'è, dunque, nei rapporti diretti che quotidianamente intratteniamo con i nostri interlocutori? Elementi di competizione che caratterizzano l'interazione come una sequenza di scelte "strategiche" nel contesto di un gioco. In questa illuminante prospettiva sono analizzati i presupposti e le mosse fondamentali di un incontro faccia a faccia, le regole cui deve sottostare, i vincoli ambientali, i tipi di gioco. Un modo originale di vedere i rapporti sociali e le occasioni di incontro, nel consueto e variegato palcoscenico della vita quotidiana di cui Goffman rimane ineguagliato scopritore e interprete.
Lungi dal costituire un residuo della conoscenza, un elemento impuro di cui il pensiero deve liberarsi per coincidere con la più pura e algida speculazione, le emozioni - dolore, paura, vergogna, amore, compassione - pervadono, anzi "sono" il pensiero. Partendo dall'assunto che le emozioni sono al centro non solo della vita individuale ma anche di quella sociale, come motore delle relazioni interpersonali, in questo libro Martha Nussbaum intende porre le basi di una teoria delle emozioni, senza la quale nessuna etica o filosofia politica possono dirsi adeguate. La prima parte si sviluppa attorno all'emozione del dolore e del lutto; la seconda parte segue le emozioni sulla scena pubblica e nella politica; la terza si concentra sull'amore.
In questa piccola summa, muovendosi fra arte, letteratura, istituzione accademica, burocrazia, economia dei beni simbolici, fondamenti della morale, Bourdieu ha voluto illustrare il senso più autentico e profondo del proprio percorso di ricerca e riflessione. Anzitutto, un approccio che riconosce il primato delle relazioni, le quali "non si possono mostrare o toccare con mano, e che bisogna conquistare, costruire e convalidare attraverso il lavoro scientifico". Una prospettiva relazionale che rompe con tutta una serie di potenti opposizioni: individuo/società, individuale/collettivo, conscio/inconscio, interessato/disinteressato, oggettivo/soggettivo. Di qui nascono i concetti fondamentali che il grande sociologo francese ha lasciato in eredità alle scienze sociali contemporanee: habitus, campo, capitale culturale.
Usare le posate per mangiare, evitare di sputare nel piatto, soddisfare in privato i bisogni fisici ci sembrano comportamenti del tutto naturali. Ma sono davvero tali o sono invece il risultato dell'evoluzione culturale? Elias mostra, sulla base di fonti spesso curiose come i galatei, che anche le forme di convivenza più ovvie e quotidiane hanno alle spalle un processo di genesi storica. Le "buone maniere" cominciano ad affermarsi alla fine del Medioevo, con l'avvento della società di corte, una sorta di laboratorio dove si perfezionano tecniche di autodisciplina degli impulsi spontanei - per lo più smodati e violenti - cui i liberi cavalieri medievali potevano dare incontrollata soddisfazione. Si costruiscono così quei codici di comportamento, destinati col tempo a diffondersi in tutta la società, che saranno di fondamentale importanza nello sviluppo dell'età moderna. Ma il "processo di civilizzazione" non è affatto concluso: forse i posteri troveranno rozze e sorprendenti le nostre abitudini più raffinate.
Nella seconda metà del Novecento le scienze sociali hanno prodotto numerose teorie del mutamento sociale (teorie della modernizzazione, della mobilitazione politica, dello sviluppo socioeconomico, del mutamento culturale). Se ne ricava però l'impressione generale di un fallimento: la maggior parte di esse è stata smentita dalla realtà. Per Boudon, che si ispira alla tradizione critica che va da Kant a Popper, occorre orientarsi verso un modello di spiegazione che non pretenda di essere "universale e necessario", nel quale vi sia posto per il disordine. Misurarsi col disordine significa infatti aderire alla realtà e rinunciare a pericolose leggi astratte. "La teoria, nel suo insieme", come scrive Arnaldo Bagnasco nella presentazione al volume, "è una grande scatola degli attrezzi, che il ricercatore adopera trovando e combinando strumenti adatti alla comprensione di un caso concreto". Una riflessione divenuta imprescindibile sullo statuto delle scienze sociali.
Per molto tempo la storia dell'Impero bizantino (285-1453) ha coinciso con la narrazione della sua decadenza. Eppure, quella bizantina è stata una civiltà ricca e affascinante, una cerniera essenziale tra mondo antico e moderno, e tra occidente europeo e oriente. In anni recenti l'interesse per Bisanzio è stabilmente cresciuto, come dimostra la pubblicazione di diverse opere sull'argomento a cui si aggiunge questo volume, una sintesi aggiornata e vivace sulla politica, la società, la cultura dell'impero bizantino. In un'esposizione densa di fatti (dalle guerre alle epidemie, dal succedersi degli imperatori allo sviluppo urbano e demografico), Treadgold riesce a tratteggiare l'intero corso della storia bizantina e mette in luce quanto Bisanzio abbia contato nel dar forma al mondo moderno, trasmettendo la cultura classica, allargando a est i confini della cristianità e assicurando per un millennio un certo grado di stabilità all'area del Mediterraneo orientale.
Il peggiore di tutti i peccati o la massima espressione di libertà, una vendetta privata nei confronti di chi ci ha fatto torto o un'arma potente contro i nemici del proprio popolo, la difesa dell'onore di un eroe sconfitto o l'atto di fedeltà di una sposa virtuosa verso il marito defunto: sono alcuni esempi di motivazione al suicidio e dei significati attribuiti a questo gesto nel corso dei secoli da parte di uomini e donne appartenenti a culture diverse. Nel volume Barbagli ricostruisce l'andamento dei tassi di suicidio in Europa, India, Cina e Medio Oriente, componendo un grande affresco storico comparato che privilegia gli aspetti culturali e fa emergere le differenze tra Oriente e Occidente. Nel mondo occidentale il cristianesimo introduce un fortissimo vincolo etico all'"omicidio di se stessi", finché a partire dal '600 comincia a farsi strada una nuova concezione dell'individuo che via via scardina tale freno. In Asia si registra invece una pluralità di forme di suicidio che vanno dagli elaborati riti del "sati" indiano al suicidio "per far male agli altri" di cui è ricca la storia cinese. Il diffondersi in epoca moderna di forme di autoimmolazione aggressiva - dal monaco buddhista che si diede fuoco a Saigon nel 1963 alle missioni suicide di Hezbollah - segnala infine un'inedita combinazione tra elementi culturali tradizionali e nuove forme di lotta politica.