L'Opera nazionale dopolavoro fu istituita dal regime fascista nel 1925 con lo scopo di promuovere e organizzare dall'alto il tempo libero dei lavoratori. Collocata nei gangli dell'amministrazione ordinaria (la vigilanza dell'ente fu assegnata inizialmente al ministero per l'Economia nazionale), subì tuttavia l'influenza e l'attenzione crescente del PNF, che tentò di farne una sua organizzazione collaterale. Pur essendo questo uno dei motivi per cui venne considerata dalla storiografia l'ente del consenso per antonomasia e uno degli strumenti più tipici del progetto totalitario di conquista delle masse, l'OND mantenne, sino alla fine del ventennio, una sua identità istituzionale ambigua, in parte "burocratico-ministeriale", in parte "politico-militante". Come emerge dalla ricerca, inoltre, la sua presa sulla realtà del lavoro fu discontinua e non sempre uniforme, concentrandosi per lo più sulle "aree forti" del paese e tra determinate categorie di lavoratori.
Nell'ultimo decennio le stragi di Cefalonia e Corfù hanno ricevuto particolare attenzione da parte non solo degli studiosi, ma anche dei media e di esponenti delle istituzioni. Questo rinnovato interesse si è inserito in un contesto storiografico ricco e articolato, da cui è maturato un nutrito filone di studi che ha ridefinito l'approccio allo studio delle "Resistenze". A partire dagli anni Novanta, il biennio 1943-1945 è stato letto e interpretato alla luce di nuove categorie analitiche, che hanno fatto emergere la pluralità dei soggetti in campo, conferendo spessore alla presenza di donne e di uomini e alle loro azioni individuali e collettive, e hanno restituito visibilità a gesti fondamentali per la ricostruzione di quel tessuto di solidarietà che è fondamentale per la realizzazione della cittadinanza democratica. Il volume, oltre a fare il punto sullo stato dell'arte della storiografia sul tragico evento, offre i contributi di studiosi rappresentativi di varie generazioni storiografiche, che accompagnano il lettore attraverso una delle pagine più drammatiche della storia dell'Italia in guerra.
In un'epoca in cui la religione è tornata a influire fortemente sulle scelte morali e politiche, è possibile pensare a un sentimento religioso staccato dalla fede in questo o quel dio? Diversamente da quanto predicano fedeli dottrinari e atei zelanti, siamo tutti credenti, se credere significa coltivare l'ansia e la meraviglia della scoperta. Per Dworkin, come per Einstein, nella religione si esprime infatti il senso del mistero, del bello e del sublime che ci pervade di fronte all'universo. Né riscossa dogmatica né intransigenza razionalistica: ciò che queste pagine contengono è un'idea di divino come dimensione della ricerca umana, e come senso di infinito che trae nutrimento dalla conoscenza. Presentazione di Salvatore Veca.
Il silenzio sta fuori del tempo, fuori dal suo gioco, lo prende in controtempo presentandosi in ogni momento del giorno, nascosto tra i rumori della nostra quotidianità. Oggi appare come dimensione sconosciuta, in ombra, ma forse sempre intimamente ricercata. Mario Brunello suona nei teatri e nei monasteri, sulle cime dolomitiche o nel deserto: tutti luoghi in cui il silenzio è il denominatore comune. In questo libro, suddiviso come una Sonata in quattro movimenti, l'autore si prende cura del silenzio: lo cerca, lo accoglie e lo abita, accompagnando il lettore a scoprirlo in un intreccio fra l'arte e il nostro vivere.
Nella storia tutte le forme di potere (clan, imperi, istituzioni religiose o politiche) si sono dotate di un corpo scelto di propri guardiani che ne garantiscono la difesa e la perpetuazione. Accade però che le finalità istituzionali cedano il passo a quelle di casta, che il prestigio guadagnato con la fedeltà di molti sia compromesso dai crimini di pochi, fattisi esperti di ricatto, corruzione, trame politiche e d'alcova. Tutti i "guardiani", militari e non militari - siano essi eunuchi, pretoriani, giannizzeri, carabinieri, hackers - hanno capito che per mantenere il controllo sul potere non è necessario assumerlo direttamente: basta infiltrarsi e brigare tra la sfera pubblica e quella privata, tra sicurezza interna ed esterna, governo centrale e amministrazione locale, ideologia e prassi, etica e abuso. Ma non è detto che funzioni per sempre.
Segnato dalla velocità, dalla fretta, dalla concitazione dei gesti, dal rapido susseguirsi degli eventi, il nostro sembra essere un tempo inospitale per la pratica della pazienza. Eppure tutta la vicenda umana è un lento esercizio di pazienza, come quello dell'uomo per costruire, del bambino per crescere, degli amanti per incontrarsi, dei vecchi per morire, della natura per dare frutto, della parola per prendere forma. Forse allora, nell'età dell'impazienza, da qualità della durata la pazienza può trasformarsi in qualità morale alla quale si può dare il nome di "cura": verso l'altro, verso le cose, verso se stessi.
Made in Torino? La fusione tra Fiat e Chrysler integra realtà culturali, tecnologiche, geografiche e istituzionali diverse in un grande gruppo globale. È una delle operazioni più interessanti e dibattute, ma paradossalmente meno comprese, del panorama industriale contemporaneo. In realtà, l'unione transatlantica offre una prospettiva unica sul futuro dell'industria nelle economie mature come l'Italia. Il libro, scritto per il grande pubblico, attraverso la lente di Fiat Chrysler Automobiles, discute alcuni quesiti fondamentali per lo sviluppo industriale del XXI secolo: si può essere competitivi senza abbassare i salari? Si può migliorare la qualità dei prodotti senza aumentare i costi? Si può automatizzare senza perdere posti di lavoro? Che ruolo deve avere lo Stato?
È ancora possibile un'Europa non matrigna ma fonte di benefici? Per Ernesto Galli della Loggia uccidere l'europeismo è la condizione necessaria per far ripartire l'Europa, rifondandola su identità, condivisione e riscoperta di una storia comune, e senza sognarne retoricamente l'estensione a confini impossibili. Pur mostrando tutte le contraddizioni che hanno portato al collo di bottiglia in cui si dibatte oggi il processo di integrazione, da parte sua Giuliano Amato resta persuaso che "Europa conviene", a patto di intraprendere il difficile cammino che porti a superare le fratture tra Nord e Sud, tra paesi debitori e non debitori, e a sconfiggere la crescente ostilità dei populismi antieuropei.
Si levano voci che chiedono di emarginare gli antichi, per esempio a scuola. Sarebbe una amputazione sciocca. Lo studio degli antichi costituisce invece una potente risorsa per comprendere quel che ci accade intorno: il rapporto libertà-dipendenza, la lotta per la cittadinanza, la competenza come requisito della politica. Problemi oggi cruciali che già percorrevano le società antiche. Esse seppero affrontarli, talvolta scegliendo risposte non consolatorie.
Qual è stato il ruolo delle donne italiane nella Grande Guerra? In tutti i paesi belligeranti, il conflitto fu un'occasione di emancipazione per le donne, che si trovarono a rimpiazzare in molte funzioni gli uomini partiti per il fronte, e in qualche modo andarono in guerra anche loro: come crocerossine, in Carnia come portatrici, nelle retrovie come prostitute a sollievo delle truppe. Ma il libro ci racconta anche di una spia, di un'inviata di guerra, della regina Elena che trasformò il Quirinale in ospedale, delle intellettuali che militarono pro o contro la guerra: da Margherita Sarfatti a Eva Amendola e Angelica Balabanoff, alla dimenticata maestra antimilitarista Fanny Dal Ry, per finire con Rosa Genoni, pioniera della moda italiana, che abbandona il lavoro e si batte contro la guerra. Introduzione di Dacia Maraini.
La popolazione africana raddoppierà entro il 2050, tornando a rappresentare un quinto del totale mondiale, come nel XVI secolo. Quale sarà il ruolo del continente e della sua giovane popolazione nell'economia globalizzata del XXI secolo? L'eredità coloniale, le inadeguate politiche economiche, la mancanza di infrastrutture, la corruzione e una governance inefficace, la piaga dell'AIDS e l'indifferenza del mondo industrializzato hanno a lungo condannato l'Africa ad essere la regione più povera del mondo. Oggi le cose sono cambiate. L'Africa contemporanea, nonostante persistenti problemi strutturali, è una realtà in movimento: come sta evolvendo questa crescita? Quali saranno le sue ricadute sullo sviluppo e sul benessere delle popolazioni? Presentazione di Romano Prodi.
Il guerriero a cavallo, con il suo prestigio anche simbolico, ci perviene dal profondo della preistoria, in termini tanto di valori quanto di pratiche di vita e di combattimento. Dagli sciamani centroasiatici ai guerrieri barbari, dagli dèi nordici ai martiri cristiani, senza dimenticare l'evoluzione dell'allevamento, l'affinarsi delle tecniche metallurgiche, lo sviluppo dell'arte della guerra e le relative "visioni del mondo": se i più lontani presupposti del cavaliere medievale sono rintracciabili nella cultura dei nomadi delle steppe che per primi addomesticarono i cavalli, la sacralità e la superiore aura che lo circondano persistono ancora oggi nell'immaginario occidentale. Tra storia ed epica, il racconto di un mito millenario e dei suoi perduranti riflessi. Introduzione di Alessandro Barbero. Prefazione di Jean Flori.