Il titolo è una frase di Ezechiele (3,1) ripresa in Apocalisse 10,9. Il libro è il frutto di una pluridecennale esperienza di predicazione 'sul campo', cioè non dal pulpito, che ha preso anche le forme di corso di teologia spirituale alla Pontificia università Gregoriana e di lezioni guidate durante viaggi in Terra Santa. Il volume è diviso in due parti: un racconto biblico e una "lectio", entrambe narrazioni fatte da credenti che parlano all'interno della grande tradizione spirituale d'Israele e della Chiesa cristiana, leggendo la Bibbia non secondo i moderni metodi storico-critici o letterari, ma 'come un insieme di testimonianze di una stessa grande tradizione' (Pontificia Commissione biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1.C). Caratteri salienti di questa lettura spirituale a quattro mani sono l'esperienza continua della memoria, per svelare il senso di un cammino che in parte è già stato percorso dalla storia e in parte resta da percorrere, e l'assunzione di responsabilità verso il presente, quello del singolo, della famiglia, della società, delle condizioni umane generali di oggi. Il progetto è quello di insegnare, raddrizzare, educare alla giustizia di Dio, affinché in noi e negli altri l'uomo e la donna di Dio siano messi a punto e preparati a ogni opera buona (2Tm 3,16-17).
L'ex direttore generale della Caritas italiana propone degli itinerari formativi sui temi della carità, saldando assieme i principi dottrinali e teologici con la loro traduzione nella vita ordinaria, sia individuale che ecclesiale.
Questa prima parte mira a introdurre lo studente alla morfologia del greco neotestamentario, ma dà anche spiegazioni sulle strutture sintattiche di base (la Sintassi è svolta nella seconda parte). La morfologia è spiegata nel primo volume con lezioni progressive, mentre il secondo contiene le forme grammaticali in cui si presentano le parti del discorso. La struttura di base del corso è costituita dalla lettura completa, in un centinaio di lezioni, del Vangelo di Marco e di Giovanni.
C'è qualcosa di vero nell'affermazione che l'ebraismo è una religione del fare. Per un ebreo tutta la vita è sacra: il modo di vestirsi e ciò che si mangia appartengono alla religione allo stesso modo della preghiera e del culto sinagogale, così come lo è appartenere alla comunità d'Israele. Tutto ciò per dire che in questa rappresentazione sintetica dell'ebraismo si descrive la vita ebraica "media", disegnata in una sua forma moderatamente ortodossa, rispettosa della tradizione biblica e talmudica e riferita alle grandi linee del suo formarsi storico.
Il volume, dopo una ampia introduzione storico-teologica, raccoglie in ordine cronologico i documenti di promulgazione (nell'originale latino e in traduzione) per tutti gli anni santi a partire da quello promulgato da Bonifacio VIII nel 1300, fornendo informazioni bibliografiche specifiche riguardo ciascun giubileo. Le bolle di indizione contengono le indicazioni per le celebrazioni giubilari, con le prescrizioni relative ai pellegrinaggi, ai comportamenti, alle indulgenze.
L'autore intende fare conoscere in questo volume le motivazioni filosofiche, dottrinali e in genere culturali che i pagani misero in campo, durante l'impero romano, contro la nuova fede. Le testimonianze raccolte trattano quindi delle argomentazioni di ordine storico, filosofico, etico-politico ed antropologico che puntano innanzitutto a smantellare la fede dei nuovi credenti nelle Sacre Scritture e attaccano il monachesimo nascente, il ruolo dei martiri, il culto delle reliquie.
L'autore intende fare conoscere in questo volume le motivazioni filosofiche, dottrinali e in genere culturali che i pagani misero in campo, durante l'impero romano, contro la nuova fede. Le testimonianze raccolte trattano quindi delle argomentazioni di ordine storico, filosofico, etico-politico ed antropologico che puntano innanzitutto a smantellare la fede dei nuovi credenti nelle Sacre Scritture e attaccano il monachesimo nascente, il ruolo dei martiri, il culto delle reliquie.
Si può insegnare la preghiera? Si può insegnare a pregare? A questi interrogativi radicali l'autore risponde di sì, pur essendo consapevole che alla base della preghiera ci può essere solo la fede: e la fede certo non si insegna. Il titolo di quest'opera di teologia spirituale è di ispirazione agostiniana: allude alla preghiera come voce tra due silenzi, il silenzio eterno del Padre, da cui la voce prende le mosse e a cui termina, e il silenzio del cuore dell'uomo, che la riceve e, attraverso la forza dello Spirito, la restituisce come dono di sé sempre più pieno.