Nella letteratura d'Occidente, e in particolare in quella tedesca - da Goethe, Lessing, Novalis, Hoffmann fino a Meyrink, Rilke, Mann, Hesse, Kafka, Jünger -, si delinea uno straordinario itinerario poe¬tico, che intuisce nella scrittura lo strumento, affidato all'uomo nella moder¬nità, per realizzare un'esperienza intima e trasformare la letteratura in una possibilità di illuminazione, tanto in essa il pensiero vivente si intensifica. Nelle opere dei grandi maestri della letteratura tedesca moderna si scorgono sentieri spirituali da loro stessi costruiti, ideati, raffigurati, che conducono a nuovi stati della coscienza dell'essere, a una possibile trasmutazione: l'in¬treccio tra scrittura ed esoterismo si spinge sino all'identificazione, dove la letteratura è iniziazione.
L'attuale visione che l'uomo ha di sé è caratterizzata da una profonda ambivalenza: da un lato, è convinto di avere il potere divino di creare l'intelligenza artificiale o persino la coscienza; dall'altro crede sempre più nella superiorità delle sue macchine antropomorfe. La struttura narcisistica che l'uomo premoderno articolava in rapporto a Dio trova oggi un nuovo "Tu" con cui dialogare: la macchina intelligente. Una deriva "tecnoreligiosa" che fa perdere il contatto con la realtà, alterando la nostra relazione con gli altri e col vivente. È dunque necessario elaborare una nuova concezione dell'umano, ovvero un umanesimo dell'incarnazione, dell'intercorporeità e della convivialità.
Ognuno di noi custodisce un'infelicità che può rivelare risorse inaspettate. Gli analisti junghiani conoscono il suo potenziale: in seduta, il suo racconto può trasformarci in autori del nostro benessere. "Come stai? Uscite di sicurezza dall'infelicità" cerca di portare questa riflessione fuori dalla stanza d'analisi e, sulla scia degli insegnamenti di Carl Gustav Jung, esamina i vissuti di infelicità proponendo alcune modalità con cui la psicologia analitica può modificare queste esperienze, realizzando percorsi di vita più consapevoli e quindi più felici. A partire da «parole e problemi diversi per lo stesso disagio», raccolti con cura e attenzione nella sua carriera di analista junghiana, Marta Tibaldi analizza queste forme del malessere, per concentrarsi poi su come affrontarle con strumenti quali l'analisi dei sogni, la scrittura, l'immaginazione attiva e la camminata veloce. Prefazione di Filippo La Porta.
L'avvincente narrazione della vita di Dietrich von Hildebrand (Firenze, 1889 - New Rochelle, New York, 1977), intellettuale cattolico tra i più importanti del Novecento, filosofo e teologo. Scritta dalla moglie Alice, questa biografia racconta gli esordi e i momenti cruciali della sua carriera di studioso - quelli in cui scriverà i testi fondamentali che lo consacreranno uno dei padri fondatori della fenomenologia realista - ma soprattutto il ruolo ispiratore che ebbe nella battaglia contro l'ideologia nazista e antisemita. Hildebrand, infatti, fu tra i primi nomi della lista nera di Hitler per la sua lotta contro il regime. Per scappare dalla deportazione fuggì oltreoceano, e visse a New York fino alla sua morte. Prefazione di Joseph Ratzinger.
La forma di vita capitalista ha radicalmente trasformato le relazioni sociali, messe a dura prova da un'insensibilità generalizzata alla sofferenza altrui che colpisce tutti coloro che vi sono esposti. Anche le attività di cura non sono state risparmiate da questa «freddezza borghese», come la definì Adorno. La filosofa francese Estelle Ferrarese analizza la fragilità dei caregiver spostando l'attenzione dalla persona assistita a chi se ne prende cura, in maggioranza donne coinvolte loro malgrado nel vortice dell'«espansione infinita del capitale». Intrecciando la filosofia morale di Adorno con l'etica della cura, Ferrarese sviscera il concetto di care e i sottostanti meccanismi sociali che impediscono agli agenti morali di conoscere la sofferenza prodotta dal sistema. Emerge così un'originale prospettiva materialista che intende sottrarre le relazioni affettive alle logiche di mercato e ripensare il potenziale politico dei rapporti di cura, riformulando la teoria critica attraverso il femminismo.
A lungo l'espressione "ecologia di Marx" è stata un ossimoro: Marx, concordavano gli interpreti, è un utopista tecnologico; promuove il dominio dell'umanità sulla natura; i suoi modelli ottocenteschi sono inadeguati per capire la catastrofe ambientale. Ma questa è una falsa convinzione legata al modo in cui Marx ci è stato consegnato - innanzitutto da Engels - e non regge alla prova dei suoi scritti, che la morte gli ha impedito di riordinare. Tra le poche voci divergenti, quella del filosofo giapponese Kohei Saito è certamente la più radicale: tornando all'opera di Marx e introducendo nuove fonti pubblicate solo di recente (i quaderni di Marx incentrati sullo studio delle scienze naturali, di cui Saito è co-curatore), può sostenere che «non è possibile comprendere tutta la portata della critica dell'economia politica» di Marx «se si ignora la sua dimensione ecologica», la contraddizione definitiva del capitalismo. La nuova lettura di Saito, autore bestseller in Giappone qui tradotto per la prima volta in italiano, fornisce il quadro teorico per una nuova stagione di impegno politico. Contro la rassegnazione per la crisi climatica e lo status quo economico, ricompone la frattura tra ambientalismo e socialismo, per porre le basi di uno stile di vita diverso e sostenibile.
Il cattivo è ormai la figura centrale nelle narrazioni immaginative, è spesso il personaggio più sperimentale e complesso, tanto da diventare sistematicamente un modello nonostante incarni il disordine e la devianza da rifuggire. Questa pervasività della violenza del cattivo ha delle ricadute etiche sulle scelte reali? Sì, ma in maniera obliqua. Per comprendere l'odierna accelerazione della trasformazione del cattivo, si devono indagare unitamente l'arricchimento dei mezzi espressivi, che permettono di esperire l'immaginario senza le limitazioni ordinarie, e le ampliate possibilità di fruizione e scelta da parte del pubblico. Sostenuta da uno strutturato impianto teorico, l'analisi di Salvatore Patriarca esplora il male come scelta e la violenza come conseguenza in un percorso che si snoda attraverso filosofia, cinema e televisione, passando dai malvagi "classici", da Giuda a Vito Corleone, per arrivare ai moderni Joker, Dexter e Walter White di Breaking Bad.
La fine dell'uomo è un'ossessione recente. Nel dibattito filosofico contemporaneo si agitano domande relative al nostro destino: sopravvivremo al disastro climatico, all'intelligenza artificiale, a noi stessi? Eppure i limiti di corpo e mente sono in continua definizione. È tempo, quindi, di lasciare spazio a un'altra questione: i con-fini. L'individuazione, cioè il nostro divenire, il divenire ciò che siamo, è un tema caro a due grandi pensatori del Novecento: Gilles Deleuze e Gilbert Simondon. Attraverso una loro alleanza, ovvero nelle concordanze tra il pensiero dell'uno e dell'altro, e talvolta nelle diversità, è possibile scorgere alcune risposte ai dilemmi del presente. E dedurre, così, che la fine dell'uomo è in fondo un falso problema. Vita e morte non sono principi dualistici, ma momenti di passaggio, "soglie" da attraversare; l'individuazione non ha inizio e non conosce fine, perché «fluisce lungo la superficie dell'immanenza». La questione dell'individualità è tutta da ripensare. Prefazione di Rossella Fabbrichesi.
Ancora oggi le "Osservazioni sulla morale cattolica" sono un libro rimosso, l'opera più segreta di Alessandro Manzoni. Scritte per anni, tra il 1819 e il 1855, a commento del pensiero del ginevrino Simonde de Sismondi, che imputava alla Chiesa cattolica la corruzione morale e politica italiana, tracciano con forza l'originalità di una morale potente, contraria ai luoghi comuni e al moralismo razionalistico del pensiero laico. L'ampio commento di Arnaldo Colasanti restituisce alle Osservazioni lo status di novità filosofica assoluta per il dibattito europeo dell'Ottocento. Le domande vere di Manzoni sono le stesse che emergono negli anni del Risorgimento: che Italia vogliamo? Quali sono i diritti e i doveri di una comunità che, per la prima volta, si ritrova unita in una nazione? Infine, può il cattolicesimo risultare un'energia trainante, oltre la consueta, stucchevole querelle che l'accusa d'essere una forza moderata, anzi anti-progressista?
Ci sono voluti cinquant'anni a Jeremy Bernstein per scrivere del fisico Robert Oppenheimer, e quando è riuscito a misurarsi con la sua ossessione lo ha fatto in questo libro. Oppenheimer fu il primo responsabile della bomba atomica e scriveva poesie. Sarebbe potuto arrivare al Nobel, ma la sua tendenza ad auto-sabotarsi finì per rovinargli la carriera. Bernstein riprende il dialogo con questo personaggio inspiegabile, che dalla pagina sfugge in mille direzioni, molto tempo dopo aver seguito le sue lezioni, preso il treno con lui, frequentato le stesse feste. A partire dalle domande che in vita, col suo carattere intrattabile, avrebbe certamente sviato: sentiva ancora di avere "le mani sporche di sangue" per Hiroshima e Nagasaki? Come si ritrovò "a flirtare con il Partito Comunista", trovandosi poi vittima della caccia alle streghe dell'FBI? Come spiegava i "suoi sentimenti ambigui sull'essere ebreo"? Il ritratto è quello di un uomo così tormentato che "ci si meraviglia di come abbia potuto fare scienza". Ma le corde toccate da Bernstein appartengono a un mistero più profondo: possiamo davvero conoscere gli altri e noi stessi, o siamo destinati a convivere con l'enigma? "Con Oppenheimer non c'è mai fine a niente".
"L'insegnamento del disprezzo" (1962) è un'opera nella quale Jules Isaac torna sul tema delle radici cristiane dell'antisemitismo. Nel 1960 il suo "grido di angoscia" aveva raggiunto i vertici della Chiesa di Roma e dal suo incontro con Giovanni XXIII era nata l'idea di un documento che si sarebbe poi trasformato in "Nostra Aetate" (1965), la Dichiarazione del Concilio Vaticano II che ha dato inizio al dialogo ebraico-cristiano e interreligioso. Con quest'opera, che segue "Gesù e Israele" (1948) e "Genesi dell'antisemitismo" (1956), lo storico francese continua quella che per oltre vent'anni ha considerato la missione della sua vita, ovvero correggere l'insegnamento del disprezzo per trasformarlo nell'insegnamento della stima. Prefazione di Marco Cassuto Morselli.