La nascita della Repubblica romana (1798) ebbe un profondo impatto politico e simbolico sul mondo cattolico. La promulgazione della Costituzione repubblicana, che imponeva il giuramento di odio della monarchia e di fedeltà al regime democratico, e l'esilio del pontefice provocarono una profonda frattura nella cultura cattolica. A quanti perorarono la necessità di instaurare un dialogo con la nuova realtà politica si opposero quanti espressero una netta chiusura. Tali vicissitudini sono indagate nel volume attraverso la figura di Giovanni Vincenzo Bolgeni. Ridotto allo stato di prete secolare a seguito della soppressione della Compagnia di Gesù (1773), il teologo ex gesuita occupò un ruolo di primo piano nella curia romana. La sua apertura al dialogo con il regime repubblicano - dopo il periodo in cui, capofila della cosiddetta "scuola romana", difese strenuamente i diritti papali contro le istanze gianseniste - costituisce un punto di osservazione privilegiato per analizzare l'emergere nella cultura cattolica della riflessione intorno a temi come la tolleranza religiosa, il rapporto tra Trono e Altare, tra il cristiano e l'autorità politica, tra il fedele e i giudizi del magistero ecclesiastico, tra la libertà umana e la legge e tra il pontefice e il corpo episcopale. La vicenda intellettuale di Bolgeni permette di andare alla radice del rapporto conflittuale tra Chiesa e modernità che ha segnato l'identità del cattolicesimo almeno sino al Concilio Vaticano II.
La figura di Francesco d'Assisi continua a esercitare la propria forza di attrazione e ad affascinare ancora oggi: la sua vicenda storica si salda profondamente all'ordine da lui istituito e si situa nel contesto di un panorama ricco di altre forme di religiosità, coeve o di poco precedenti, destinate a diventare ordini religiosi riconosciuti: i Predicatori, nati dall'impegno di Domenico di Caleruega, i Carmelitani, che presero avvio da un'esperienza eremitica nella Palestina crociata, gli Agostiniani, frutto dell'unione di diversi gruppi eremitici italiani. Pur differenti nelle loro origini, questi quattro ordini mendicanti, che rappresentano la più dirompente novità nel vivace contesto religioso del Duecento, risultano accomunati, oltre che dal richiamo al vangelo, da un forte interesse per lo studio, che consentì loro di esercitare un'enorme influenza sulla società cittadina, sulla Chiesa, sulla cultura, assumendo, anche grazie alla predicazione, di cui furono "specialisti", un ruolo di primaria importanza nella pratica religiosa, ai più vari livelli. Il volume indaga i molteplici volti del fenomeno mendicante, di cui offre una chiave interpretativa centrata sulla dimensione culturale.
La diversificazione laico-sacerdote, diventata corrente per designare i membri del nuovo movimento sorto nel nome di Gesù di Nazaret, non compare nei testi del Nuovo Testamento, che sono gli scritti cristiani più antichi e anche normativi. Là invece si dà una paritaria convergenza nel costituire tutti insieme una nuova realtà ecclesiale, cioè comunitaria, i cui membri comprendono indistintamente i ministri ecclesiali (mai chiamati sacerdoti) insieme a tutti gli altri membri della comunità (mai chiamati laici). Importa allora scandagliare quelle scritture, comparando la struttura ecclesiale ivi attestata con la compagine religiosa dell'ambiente greco ed ebraico, per prendere atto di quale sia la novità e l'autentico DNA del fenomeno "cristianesimo".