Il vecchio commissario Bärlach è a fine corsa. A pochi giorni dalla pensione, giace in un letto d'ospedale. Il complesso intervento a cui è stato sottoposto è andato bene, sì, ma gli è stata diagnosticata una malattia senza scampo. È messo male, Bärlach, e le riviste che ha a disposizione per distrarsi non lo distraggono affatto: «Erano bestie, Samuel... Tu sei un medico e puoi renderti conto. Guarda un po' questa fotografia» dice all'amico Hungertobel porgendogli un numero di «Life» del '45. Una scena di inaudita efferatezza: nel campo di concentramento di Stutthof il dottor Nehle, medico del lager, con «l'imperturbabilità di un idolo» sta operando un prigioniero senza narcosi. Di colpo Hungertobel impallidisce. In quella foto gli è parso di riconoscere il suo antico compagno di studi Emmenberger, ora stimato proprietario della più esclusiva clinica di Zurigo, un luminare amato dai suoi pazienti, che «credono in lui come in un dio». L'atroce sospetto, però, non tarda a rivelarsi infondato, anzi «una follia»: dalle informazioni che Bärlach riesce a ottenere risulta infatti che Nehle si è tolto la vita alla fine della guerra. Eppure qualcosa non gli torna. Ci sono strane discrepanze - e ancor più strane somiglianze: le figure di Nehle ed Emmenberger sembrano confondersi. Negli occhi di Bärlach, stretti a fessura, torna a brillare l'antica vitalità quando convince Hungertobel a farlo trasferire sotto falso nome, come paziente, nella clinica di Emmenberger. Lì potrà condurre la sua ultima, solitaria battaglia contro il Male.
Tutta giocata di sponda è la partita di biliardo (umano) su cui si impernia questo romanzo giallo: o meglio "antipoliziesco", giacché sin dall'inizio ci esibisce l'assassino. La prima palla a finire in buca, per un colpo a la bande, è la testa calva del professor Winter, esimio germanista: centrato dai proiettili dello squisito consigliere cantonale Kohler, cade con la faccia nel piatto di tournedos Rossini che stava gustando nel ristorante Du théâtre. Quindi, a una a una, rotoleranno in buca le altre palle - un playboy, una squillo d'alto bordo, una perfida nana, un protettore -, delineando un autentico rompicapo: "II comandante era disperato. Un omicidio senza motivo per lui non era un delitto contro la morale, bensì contro la logica". Kohler, poi, in galera è l'uomo più felice del mondo: trova giusta la pena, meravigliosi i carcerieri, e intreccia serafico ceste di vimini. Ha un unico desiderio: che l'avvocato Spät, squattrinato difensore di prostitute, si dedichi finalmente a un'impresa seria (ma a lui sembrerà pazzesca) e riesamini il caso partendo dall'ipotesi che non sia Kohler l'omicida: "Deve solo montare una finzione. Come apparirebbe la realtà, se l'assassino non fossi io ma un altro? Chi sarebbe quest'altro?". Accettata la sfida, Spät precipiterà ben presto in un gorgo, in una surreale commedia umana e filosofica che tiene tutti - lettori in primis - col fiato sospeso: per quale ragione Kohler è di umore tanto allegro? E perché mai ha ucciso Winter?
Un banale incidente costringe Alfredo Traps, rappresentante di articoli tessili, a fermarsi in un paese. La panne non gli spiace, una notte fuori casa può sempre offrire un'avventura. Ma la casa che lo ospita, quella di un vecchio giudice a riposo, non è quanto si aspettava. Infatti, invece di qualche compagnia femminile, il rappresentante trova quattro vecchietti, tutti ex uomini di legge, che gli spiegano il loro unico passatempo: rifare dei famosi processi storici come quello a Socrate, a Gesù, a Giovanna d'Arco. Ma il gioco, aggiungono, diventa più bello con del materiale vivente. E cosi Traps, tra una bottiglia di vino e l'altra, si ritrova in veste di imputato. In un'atmosfera sempre più inquietante, il gioco scivola nella realtà per poi tornare gioco, in uno sfasamento continuo abilmente orchestrato dai quattro amici: Traps parla, si confessa, la sua vita banale sembra acquistare improvvisamente risvolti cruenti; sognava un'avventura ma si sente scoperto e si svela attraverso un esercizio di raffinate sevizie mentali, dove la posta finale può sciogliersi in una risata generale o in una condanna senza possibilità di appello.