Nel nostro mondo postmoderno non c'è posto per la stabilità e la durata, l'apparenza prevale sulla sostanza, il tempo si frammenta in episodi, la salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping. Dalle macerie del vecchio ordine politico bipolare sembra emergere solo un nuovo disordine globale. Le figure emblematiche che abitano questo traballante universo sono il giocatore (in borsa o alla lotteria) e il turista, lo sradicato e il "collezionista di sensazioni". Ma forse, più di ogni altro, lo straniero. Per impedire che l'individuo diventi presto straniero anche a se stesso, è giunto forse il momento di guardare a nuove strategie di vita.
Cosa ne è dell'amore quando l'erotismo impera? Sesso, erotismo e amore: mondi collegati e tuttavia separati. È difficile che possano darsi l'uno senza gli altri, eppure si consumano in una guerra perenne per l'indipendenza. Come in tutte le guerre, nel tempo mutano le strategie e i rapporti di forza. Nella società postmoderna è l'erotismo ad aver assunto un ruolo senza precedenti: non più alleato con la riproduzione sessuale né con l'amore, esso reclama la propria indipendenza da entrambi, e mette prepotentemente in primo piano il piacere e l'esperienza vissuta. Il prezzo da pagare, segnala Bauman, è un rapido indebolimento dei rapporti umani, che si spogliano via via di intimità ed emotività.
Bauman esplora in questo saggio come la cultura contemporanea si atteggi davanti al tabù della morte, come la consapevolezza del morire porti a elaborare determinate strategie di vita. Una prima strategia individuata dall'autore consiste nella "decostruzione della morte", ossia nello spostare l'attenzione dalla morte alle sue cause (malattie, incidenti), che sono sempre contingenti, evitabili, razionalmente aggredibili. In un certo senso, nella società contemporanea non si muore, si è uccisi da qualcosa. Una seconda strategia consiste viceversa nella "decostruzione dell'immortalità", ossia nell'annullamento dell'idea di eternità in un presente fatto di momenti, dove transitorio e duraturo si confondono, dove prima e dopo, storia ed eterno non contano più.
"Bauman è uno di quei giganti della sociologia... che sono capaci di definire lo spirito di un'epoca e che, interrogandosi sulla direzione in cui si muove la società, sanno individuarne rischi e opportunità" (Contemporary Politics)
Apatia politica, declino dell'uomo pubblico, ricerca affannosa di comunità, scomparsa della vecchia arte di costruire legami sociali, culto disperato del corpo: è quanto caratterizza le società contemporanee. Ma sebbene le conseguenze di tutto ciò - incertezza, ansie, senso del rischio - siano riconducibili a fattori strutturali, esse vengono vissute come tratti di esperienza squisitamente individuale. Una visione privatistica e un destino che possono essere superati, ci dice Bauman, guardando più lucidamente al modo in cui viviamo, ai confini socialmente definiti della nostra immaginazione e ambizione, alla natura fondamentalmente sociale delle nostre angosce personali.
Zygmunt Bauman è professore emerito nell'Università di Leeds. Tra le sue opere pubblicate dal Mulino ricordiamo "La società dell'incertezza" (1999), "Vite di corsa" (2009), "Modernità e Olocausto" (nuova ed. 2010).
"Un libro che non si può non leggere" (Andrea Casalegno).
Lungi dal costituire un episodio della storia millenaria dell'antisemitismo o un incidente di percorso, una barbara ma temporanea deviazione dalla via maestra della civilizzazione, l'Olocausto è inestricabilmente connesso alla logica della modernità così come si è sviluppata in Occidente. Nella spietata analisi di Bauman, quanto accadde nei campi di sterminio non costituisce una sorta di "malattia" sociale, ma un fenomeno legato alla condizione "normale" della società. La razionalizzazione e la burocratizzazione tipiche della civiltà occidentale sono state condizione necessaria del genocidio nazista, che fu l'esito dell'incontro fra lo sconvolgimento sociale causato dalla modernizzazione, con il suo portato di angosciose insicurezze, e i poderosi strumenti di ingegneria sociale creati dalla modernità stessa. Una lezione che va appresa nella sua radicalità, specie in un mondo ancora una volta travagliato da problemi di convivenza fra culture ed etnie.
Zygmunt Bauman è professore emerito nell'Università di Leeds. Tra le sue opere pubblicate dal Mulino ricordiamo "La società individualizzata" (2002) e "Vite di corsa" (2009).
"Nella modernità liquida il tempo non è né ciclico né lineare, come normalmente era nelle altre società della storia moderna e premoderna, ma invece 'puntillistico', ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate, ciascuna ridotta ad un punto". Viviamo in un perpetuo e trafelato presente, in cui tutto è affidato all'esperienza del momento, e in cui la perdita di senso del tempo si accompagna allo svuotamento dei criteri di rilevanza che fanno distinguere l'essenziale dal superfluo, il durevole dall'effimero. E la nostra identità di persone, ieri faticosamente costruita su un progetto di vita, può essere oggi assemblata e disassemblata in modo intermittente e sempre nuovo, alla stregua di "un pacchetto pay per view". Dato questo sconsolante scenario, è dunque un'occasione preziosa quella che Bauman ci offre ora, invitandoci, almeno per il tempo della lettura, a sospendere le nostre vite di corsa per riflettere sulle questioni che ci riguardano più profondamente: bisogni e felicità, memoria e oblio, fondatezza e inconsistenza, costrizione e libertà.
Professore emerito di Sociologia nell'Università di Leeds, Zygmunt Bauman è uno degli intellettuali più ascoltati del nostro tempo. Tra i suoi libri più recenti in italiano: "Consumo, dunque sono" e "Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido", entrambi pubblicati da Laterza nel 2008.