
Un'immagine complessa ed imprevista racconta i rapporti tra i poteri nel Medioevo dei secoli VIII-XI. L'affermazione e la caduta delle élites stanno alla base di questa narrazione vissuta sulla testimonianza degli scrittori che punteggiano successi e fallimenti, mediazioni e scelte radicali della società medievale italiana ed europea. Cultura, potere, religione e religiosità, politica e voltafaccia non abbandonano mai le personalità di personaggi illustri o di contorno che tratteggiano il formarsi delle ideologie e delle fazioni. Un libro indimenticabile per metodo storico e distacco critico.
Ma davvero è successo tutto questo? In un libro di novecento pagine, una cavalcata in quel vero romanzo che è stata l'Italia degli ultimi trent'anni. È come guardare un film sulla nostra vita, in cui gli avvenimenti sono raccontati mentre succedono. Si comincia con Aldo Moro nella prigione del popolo, nell'anno che ha cambiato tutto. E poi, l'ascesa della mafia, il rapporto stretto tra crimine e potere, la guerra e i segreti di Cosa Nostra, i morti e i soldi che li hanno accompagnati. I grandi condottieri dell'industria tra sogni e corruzione, la fine ingloriosa della Prima repubblica, l'ascesa della televisione e del suo magnate, il Nord conquistato dalla Lega, il nuovo potere del Vaticano, la rivalutazione del fascismo, la crisi e la deriva. La nostra storia in cinquecento storie: anno per anno, i protagonisti, i fatti, le parole, le vittime e i vincitori, le resistenze, la musica e le idee che hanno costruito il nostro paese. Un libro per ricordare quanto è successo e per scoprire che - molto spesso - le cose non erano andate proprio così.
Tenuti in maniera discontinua ma frequente, i diari di Albertini sono raggruppabili in quattro nuclei fondamentali. Il primo comprende gli anni 1907-9 e 1913-14, dove prevale l'impegno di direttore del "Corriere", a contatto quotidiano con i problemi della macchina del giornale e in relazione con politici e scrittori (memorabile, ad esempio, il ritratto di D'Annunzio a corto di soldi); il secondo (1915-16) è quello della guerra, nella quale Albertini giocò un ruolo importante di sostenitore di Cadorna; il terzo è il dopoguerra (1919-20), dove è rilevante soprattutto il diario della Conferenza politica di Washington, dove Albertini si recò come membro della delegazione italiana; il quarto (1922-1923) è la cronaca dell'avvento del fascismo.
La prima guerra mondiale fu una carneficina inaudita: i sopravvissuti, tanto i reduci quanto chi era rimasto a casa, dovettero fare i conti con l'accaduto, elaborare il lutto. Ai molti e differenti modi, pubblici e privati, di questo lutto è dedicato il libro, nella convinzione che l'esigenza di trovare un senso alla guerra e alla sofferenza subita non generi soltanto una "memoria moderna", quanto un ritorno a forme culturali arcaiche.
Condotta sulla base di una ricognizione vastissima nei registri di decine di comuni italiani, lo studio di Pivato traccia per la prima volta i contorni del vistoso fenomeno del nome ideologico, localizzandolo e seguendone l'evoluzione nel tempo. Il fenomeno attraversa le religioni politiche dell'Otto-Novecento, dal repubblicanesimo al socialismo, dall'anarchismo al nazionalismo, al fascismo, e declina nel secondo dopoguerra. Pivato repertoria e interpreta centinaia di nomi, mostrando in maniera convincente come essi si giustifichino all'interno di una cultura popolare che ha sostituito la religione con la politica, ma ha trasportato in questa atteggiamenti e ritualtà di quella.
Il libro traccia a grandi linee il processo di nascita e affermazione delle industrie culturali in Italia tra la fine dell'Ottocento ad oggi. Dopo una premessa sul sistema scolastico post-unitario, Forgacs studia la produzione, la distribuzione e la ricezione dei prodotti culturali: teatro, stampa quotidiana e periodica, produzione libraria, spettacoli popolari, fumetti, cinema, radio e televisione vengono passati in rassegna utilizzando e discutendo dati come quelli sull'alfabetizzazione o sulla vendita dei giornali, oppure tracciando le vicende proprietarie di testate e case editrici, o ricapitolando le relazioni tra industrie culturali e potere politico.
Parole rubate dall'informatore, lettere sequestrate alla censura, relazioni settimanali degli organi di polizia che registrano per il Duce lo "stato d'animo delle popolazioni". Cavallo è riuscito a ricostruire come la pensavano gli italiani, quasi giorno per giorno, sulla guerra. Questo libro non costituisce dunque una storia della guerra in Italia, dei fatti politici e militari, ma una storia dei sentimenti, dell'immaginario che la guerra ha generato: in breve una storia di come essa è stata percepita e vissuta. Un tema in larga parte inedito, studiato anche su fonti e materiali come canzonette, film, commedie e barzellette, ossia tutta quella produzione che al tempo stesso rispecchia e influenza l'immaginario collettivo.

