
Livia Drusilla Claudia fu moglie dell'imperatore Augusto e visse negli anni della trasformazione di Roma da repubblica a impero, testimone sia dei trionfi di Augusto che dell'epoca d'instabilità politica aperta dalla lotta per la successione. Deificata postuma nel 41 d.C., in vita Livia rappresentò per le matrone romane un modello di austerità e dedizione ai valori tradizionali. Ciononostante, i posteri non sono stati teneri con lei: autorevoli commentatori come Tacito, infatti, ne hanno restituito un'immagine di donna maligna e prepotente, votata all'intrigo e pronta a uccidere subdolamente uno a uno i suoi stessi familiari pur di spianare la strada verso il trono al figlio Tiberio, così da assicurarsi il controllo su Roma attraverso di lui. Matthew Dennison supera lacune e faziosità delle fonti, e in questa attenta ricostruzione biografica prova finalmente a rendere giustizia a una grande figura storica, dipingendone un ritratto appassionante ed equilibrato. In una società conservatrice e maschilista, nella quale le donne potevano essere ricordate solo quali esempi di virtù o vizio estremo, Livia seppe affermarsi come personaggio pubblico, gestì il proprio circolo di clientes e mantenne negli anni una sua sfera d'influenza riconosciuta: l'unico vero «crimine» di Livia non fu l'assassinio, dunque, ma l'esercizio del potere.
Tra la metà del XVI e la fine del XVIII secolo, quando furono espulsi da tutte le colonie spagnole e portoghesi delle Americhe, i Gesuiti posero le basi di un sistema culturale ed economico autosufficiente, fondato sulla religione e sulla convivenza tra indigeni ed europei. Attorno alle chiese e alle scuole delle missioni, la vita e il lavoro si svolgevano secondo un regime quasi collettivista, mentre la Compagnia di Gesù era ormai un pericoloso concorrente per gli affari dei latifondisti. Per questo e per la ferma opposizione allo schiavismo, dopo due secoli di lotte con le autorità laiche e le gerarchie cattoliche, le missioni vennero attaccate e distrutte una dopo l'altra, i Gesuiti espulsi, i nativi uccisi o ridotti in schiavitù. Robert Cunninghame Graham - attivista politico, scrittore e avventuriero - racconta la storia delle missioni gesuitiche in Paraguay servendosi dei numerosi e discordanti documenti dell'epoca. La sua cronaca è precisa, ma non nasconde la passione per un'epopea che anticipa per molti versi le idee del cristianesimo sociale del Novecento, per un'utopia - nobile nonostante i limiti posti dal proselitismo cristiano - cancellata quando era sul punto di realizzarsi.
Il giorno dopo il Grande incendio, Roma offre uno spettacolo di desolazione e distruzione. Tutto è irriconoscibile: gli edifici collassati sono diventati grandi ammassi di macerie, le strade e i vicoli ora sono degli avvallamenti, mentre nell'aria aleggia un acre odore di bruciato. Molti hanno perso tutto ciò che avevano e i campi per gli sfollati diventano la loro unica casa. Tutti guardano all'imperatore per ripartire, aspettano la sua guida per andare verso il futuro. Ma lui non è né un conquistatore di terre come Cesare, né un costruttore di imperi come Augusto. Dalle ceneri di Roma, Nerone emergerà come il Joker della Storia... Intrecciando fonti storiche, dati archeologici e studi moderni, Alberto Angela ne ricostruisce la vita e indaga i suoi diversi aspetti umani, fatti di debolezze, passioni e follie. Quella che emerge è la figura di un artista poliedrico (cantante, musicista, poeta e attore), un audace auriga, un amante appassionato, un raffinato collezionista d'arte... Ma al contempo un abile negoziatore, un cinico assassino e un feroce repressore, come dimostra la persecuzione dei cristiani incolpati di aver causato proprio il Grande incendio, il fil rouge di questa Trilogia di Nerone. Il racconto ci permetterà di capire come un singolo momento del passato abbia plasmato il nostro mondo attuale. Se quella notte del 18 luglio del 64 d.C. non fosse caduta una lucerna accesa in un magazzino sotto le arcate del Circo Massimo, cosa ci sarebbe scritto oggi sui libri di storia? Senza la conseguente crocifissione di san Pietro, quale sarebbe stato il percorso del cristianesimo? Nella Roma odierna ci sarebbero il Colosseo e tutti i meravigliosi monumenti che ancora oggi possiamo visitare? Un'indagine meticolosa, originale e affascinante che offre una chiave di lettura nuova su Nerone, il suo impero e ciò che ci ha lasciato in eredità. All'interno del volume un'illustrazione inedita realizzata da Milo Manara, che ha voluto rappresentare Nerone seguendo le parole di Alberto Angela.
Scrisse Alan Palmer: "Francesco Giuseppe, nato nell'estate del 1830, governò l'Austria e buona parte dell'Europa centrale dal dicembre del 1848 fino alla morte, avvenuta nel novembre del 1916. Fosse vissuto undici giorni di più, avrebbe regnato per sessantotto anni. Nessun altro Imperatore o Imperatrice, Re o Regina ha mai esercitato la piena sovranità per un periodo tanto lungo". Fu un sovrano timido, intelligente, dotato di una memoria fuori dal comune e di un carattere semplice e piacevole. Quasi sempre frainteso dalla storiografia classica, fu dipinto e criticato in molti modi, ma questo ritratto che ne ha fatto Albert von Margutti resta oggi tra le fonti principali e più attendibili. Margutti ha ricoperto le più alte cariche dell'esercito austro-ungarico ed è stato tra i più stretti collaboratori dell'Imperatore. Le pagine delle sue memorie ci restituiscono i retroscena, gli aneddoti, i tratti peculiari della personalità di Francesco Giuseppe, Imperatore vivo e umano anche nei momenti decisivi del suo regno.
Il sempre più spinto laicismo dell’Occidente, affonda le radici in un secolare processo storico riattualizzato in età tardo medievale dallo scontro tra Papato e poteri secolari.Culmine ne fu il conflitto tra Gregorio IX e Federico II. Pomo della discordia si rivelò la Costituzione che Federico promulgò per il regno di Sicilia. Il papa reagì duramente pretendendo di essere giudice del rispetto del diritto naturale-divino negli ordinamenti secolari, nonché difensore dei privilegi in essi riconosciuti da tempo alla chiesa. Il testo della Costituzione e il carteggio tra i due, consentono di penetrare nella ragioni, anche recondite, del conflitto culminato nella scomunica papale e nella rabbiosa reazione di Federico.
La vicenda di Marco Antonio appartiene alla storia dei vinti. La sua condotta fu diffamata con accanimento dagli antagonisti politici, Cicerone prima e Ottaviano poi; la sua memoria, dopo la morte, fu oggetto di sistematica rimozione in attuazione di un provvedimento del senato; la sua figura fu consegnata ai posteri inquinata dalla manipolazione del vincitore, il futuro Augusto: ne emerse l'immagine di un abile generale romano, soggiogato però dall'amore per la regina d'Egitto Cleopatra, corrotto dalla depravazione dell'Oriente, caduto preda degli eccessi di vino, cibo, lusso, sesso. A dispetto di tale deformazione, la documentazione superstite ci restituisce il profilo di una personalità politica animata da una progettualità innovativa. Nel contesto pubblico l'adesione al progetto cesariano e l'empatia nei confronti dei ceti popolari maturarono in una visione politica che intendeva conciliare le istituzioni della repubblica romana praticabili in Occidente con gli assetti delle monarchie ellenistiche a conduzione dinastica, proprie delle province orientali; a tale impostazione, ispirata a flessibilità e diversificazione, si coniugarono il rispetto, la valorizzazione e l'accoglienza degli usi e costumi del mosaico di popoli che componevano l'impero. Nell'ambito privato egli oppose un consapevole rifiuto delle convenzioni. Ad una esistenza consacrata, secondo le tradizioni, alla morigeratezza, alla sobrietà, allo spirito di sacrificio, all'impegno per l'interesse collettivo, egli contrappose un modello di vita che riservasse spazio ai piaceri individuali: le gioie dell'amore, l'ebrezza del vino, le raffinate prelibatezze della tavola, l'apprezzamento per ogni forma d'arte, la propensione per il lusso, la complicità cameratesca, la solidarietà con l'elemento femminile.
Tra il settimo e il sedicesimo secolo i musulmani conquistarono vaste aree delle regioni mediterranee e dell'Europa centro-orientale abitate prevalentemente da cristiani. Alcuni di quei territori, la cui popolazione nel frattempo era divenuta in maggioranza musulmana, furono riconquistati dai cristiani tra l'undicesimo e il quindicesimo secolo. Sovrani e sudditi si sono dunque trovati spesso a professare fedi diverse, ma quali sono state le strategie elaborate dalle élite nel corso dei secoli per governare questo avvicendamento di fedi e popoli? E cosa avvenne quando cambiarono gli equilibri e le genti "infedeli" divennero minoranza? Questo libro esamina i complessi rapporti tra dominatori e sudditi di religioni diverse, osservandone l'evoluzione nell'ampio arco cronologico che va dalle prime conquiste degli Arabi nel Vicino Oriente nel settimo secolo, allo scambio nel 1923 tra Turchia e Grecia dei cristiani e musulmani residenti nei loro territori. Quanto emerge da uno sguardo così ampio, gettato sulla storia di un intreccio di culture tanto prossime, smonta molti pregiudizi ponendo domande che ci riguardano ancora.
Sophie Scholl fu ghigliottinata all’età di 21 anni dal Tribunale del Popolo di Monaco di Baviera, il 22 febbraio 1943, per tradimento contro lo Stato e il Führer. Insieme a lei vennero decapitati il fratello Hans, Christoph Probst e, due mesi dopo, Alexander Schmorell, Willi Graf e il loro professore di filosofia, Kurt Huber.
Si concluse così l’avventura della «Rosa Bianca», il gruppo di cinque giovani universitari tedeschi che nel corso del 1942 e nelle prime settimane del 1943 sfidarono il regime nazista stampando e diffondendo clandestinamente in Germania e Austria sei opuscoli contro Hitler. Quei fogli raccontavano gli orrori che si stavano consumando ai danni degli ebrei, informavano delle sconfitte militari naziste – una su tutte: Stalingrado –, facevano appello ai grandi ideali della cultura e alle lezioni della storia, esortavano i tedeschi alla ribellione, al sabotaggio, alla diserzione.
La Rosa Bianca non fu un’organizzazione diffusa, strutturata, con collegamenti internazionali, sul modello della nostra Resistenza. Fu qualcosa di diverso e forse di unico nella storia della lotta ai totalitarismi del ’900. Quei giovani, infatti, non erano animati da un’ideologia né erano particolarmente interessati alla politica. Il loro sacrificio – ispirato ai principi cristiani di fratellanza e giustizia – è un inno alla sacralità della vita di fronte alla barbarie e al disprezzo per l’uomo.
Nell'arco di cinque anni, fra il 1969 e il 1974, in Italia si sono contati 4.000 attentati e sei stragi: in piazza Fontana, a Milano, nella sede della Banca dell'Agricoltura (12 dicembre 1969), sulla Freccia del Sud presso Gioia Tauro (22 luglio 1970), a Peteano (31 maggio 1972), alla questura di Milano (17 maggio 1973), in piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) e infine sul treno Itali-cus (4 agosto 1974). Il bilancio è stato di 50 morti e di circa 2.700 feriti. Tanti i fatti e gli elementi anomali e inquietanti: ripetuti errori nella conduzione delle indagini, rivalità fra forze dell'ordine e apparati dello stato, l'azione dei servizi segreti, l'esistenza di piani di difesa in caso di invasione, l'intervento della criminalità organizzata. Su questo complicatissimo intreccio si è poi innestata la teoria della cosiddetta strategia della tensione. A districare questa matassa, ancora così delicata e scottante, si è dedicato Massimiliano Griner con un lungo lavoro di raccolta e studio delle sentenze, di scavo negli archivi e di rigorosa rilettura delle testimonianze dei protagonisti. L'analisi di Griner ha soprattutto cercato di eliminare le false piste e le deviazioni, le leggende e i miti, per raccontare i fatti e, quando non era possibile appurarli, per proporne la ricostruzione più verosimile e ragionevole. Questo libro è dedicato a chi ha vissuto quelle tragedie, ma soprattutto a quanti ancora vogliono capire.

