
L’attrazione del nazismo per le scienze occulte ha richiamato da
sempre l’interesse degli storici e degli studiosi del Terzo Reich, i
quali hanno scorto nell’«immaginario soprannaturale» una delle chiavi
per spiegare l’ascesa, la popolarità e la peculiarità del regime
hitleriano. Ma perché proprio in Germania, e non negli altri paesi
europei, il pensiero soprannaturale trovò un’adeguata espressione
politica e ideologica? Perché l’esoterismo, il paganesimo,
l’astrologia, il paranormale o le teorie pseudoscientifiche come la
«teoria del ghiaccio cosmico» ebbero così grande successo presso il
popolo tedesco? Per quale motivo nemmeno i vertici del partito – da
Himmler a Goebbels allo stesso Hitler – ne rimasero immuni, ma anzi
operarono al fine di ridefinire e riorganizzare la scienza e la
religione tedesche?
Per Eric Kurlander la risposta a queste domande va trovata nella
volontà della leadership nazista di conquistare il consenso popolare
non solo attraverso la propaganda, il controllo dei media, la
creazione di miti e leggende di una supposta tradizione nordica a
sostegno di una nuova comunità su base etnica o razziale, ma anche
mediante la manipolazione delle coscienze. E questo allo scopo di
attuare i due capisaldi dell’ideologia nazista: la conquista dello
«spazio vitale» e la distruzione del giudeobolscevismo, in altre
parole la guerra all’Est e lo sterminio degli ebrei d’Europa. Ecco
allora un Terzo Reich popolato di veggenti, maghi, sensitivi e
rabdomanti, spesso in lotta fra loro per accattivarsi le simpatie del
potere; di ciarlatani che setacciano il paese alla ricerca delle prove
dell’esistenza di un’ancestrale patria tedesca; di pseudoscienziati
impegnati a diffondere dottrine prive di ogni fondamento scientifico,
a mettere a punto le armi miracolose che avrebbero assicurato la
vittoria finale o a condurre orribili esperimenti sulle «cavie umane»
prigioniere nei campi di sterminio. Un mondo soprannaturale fatto di
magie, folclore, rune, lupi mannari, streghe e vampiri. Un mondo di
demoni, che, come scrisse Carl Gustav Jung, seppero suggestionare e
portare alla catastrofe un popolo smarrito.
Frutto di lunghi anni di ricerche condotte su un’impressionante mole
di documenti rinvenuti negli archivi tedeschi, I mostri di Hitler
affronta un argomento cruciale per la comprensione del Terzo Reich
scavando nel cuore più oscuro della Germania nazista.
Nel congresso dei popoli oppressi, che riunì a Roma nel 1918 delegati cechi, polacchi, e slavi meridionali, fu riaffermato il diritto di ogni popolo al proprio Stato nazionale. Dopo la fine degli scontri bellici, l'applicazione pratica di questo sublime principio divenne presto l'incubo dei diplomatici europei. Al compito pressoché inestricabile di arrivare a tracciare confini in grado di riscuotere consensi, in presenza di una tipica frammentazione dei gruppi etnici, in cui la lingua varia "di villaggio in villaggio, quasi di fattoria in fattoria" (Marx), gli uomini di stato delle conferenze di pace parigine erano del tutto impreparati. Una tremenda ignoranza delle circostanze etnografiche e geografiche portò a conclusioni fatalmente errate.
Un'analisi comparata delle dittature che hanno scatenato la seconda Guerra mondiale: origini, strutture e crollo di due sistemi politici che hanno segnato così tragicamente il Novecento: la dittatura fascista in Italia e quella nazionalsocialista in Germania, nel periodo compreso fra le due guerre mondiali. MacGregor Knox si propone di cogliere somiglianze e differenze storiche grazie ad uno studio analitico che, prendendo in considerazione l'arco di tempo fra unificazione territoriale negli anni Sessanta dell'Ottocento e catastrofe nazionale del 1943-1945, confronta fascismo e nazismo nella tradizione della politica rivoluzionaria di massa inaugurata dalla Rivoluzione francese.
Durante il Terzo Reich furono uccisi tra i 5 e i 6 milioni di ebrei. Per i nazisti, l'antisemitismo finalizzato all'eliminazione fisica degli ebrei era una questione di importanza fondamentale e le principali divergenze tra gli studiosi riguardano l'interpretazione piuttosto che il fatto in sé. Questo dizionario è frutto del lavoro collettivo di oltre cento autori di undici paesi, con l'aggiunta di saggi specifici dedicati alla peculiare situazione italiana.
"Nonostante la fortuna strepitosa che ha fatto dell'Eneide uno dei testi fondativi della cultura occidentale, quella di Virgilio non è che l'ennesima variante di un mito enormemente complesso, che aveva alle spalle già un millennio di vita e che nel corso dei secoli aveva continuato ad arricchirsi e modificarsi, in una stratificazione di versioni che hanno servito di volta in volta strategie politiche, interessi di città desiderose di accreditarsi un fondatore prestigioso, bisogni identitari variamente declinati, scelte letterarie. Una sola cosa era stata chiara sin dall'inizio: da quel crogiolo di storie che è la guerra di Troia, da quel vero e proprio big bang dell'universo mitologico greco-romano, Enea era destinato a salvarsi. A differenza di eroi come Achille o Ettore, il suo destino non era circoscritto al presente, sia pure al presente luminoso della prodezza guerriera e della bella morte sul campo di battaglia, ma abitava per vocazione la dimensione del futuro. Ciò che questo libro cercherà di fare è di raccontare una simile, lunghissima durata: nella consapevolezza che se non sarà mai possibile esaurire la complessità di un mito antico, e di un mito come quello di Enea, avremo in ogni caso aggiunto ad esso una ennesima variante - che è poi il modo in cui le storie degli antichi continuano a vivere e a significare."
Che cosa è stato il sacco di Roma compiuto nel 1527 dai lanzichenecchi e dalle altre truppe dell'imperatore Carlo V? La storiografia lo ha spesso descritto come un evento traumatico per la storia di Roma e della penisola italiana, ma non come una vera e propria frattura, in diversi casi un semplice riferimento cronologico utile, al piú, a scandire i tempi della periodizzazione storica. Con questo libro Chastel si contrappose polemicamente a tale orientamento e riaffermò con forza, arricchendola di nuovi contenuti, l'interpretazione del sacco come frattura, data dai grandi storici del passato: da Guicciardini a Burckhardt. Una frattura che non risparmiò gli equilibri politici e sociali di Roma, ma si ripercosse soprattutto sulle tradizioni, sui costumi, sull'immagine e sulla spiritualità della capitale del mondo cristiano, spezzando letteralmente in due il corso della vita romana.
«La storia è come un tessuto variopinto, con figurazioni e ornati irregolari: a volerlo tagliare secondo linee nette, se ne guastano i disegni, se ne scompongono i motivi, col rischio di renderli illeggibili. Cosí, scrivere una storia dell'arte in Europa dal 1300 al 1399 sarebbe un'impresa artificiale, che spezzerebbe assurdamente le carriere di molti artisti (...)».
Michele Tomasi, L'arte del Trecento in Europa
Il Trecento fu un secolo di notevoli cambiamenti nell'arte europea, molti dei quali destinati a un grande avvenire: se il ritratto inteso in senso moderno è in fase embrionale, un nuovo interesse per la natura prepara il terreno alla rappresentazione del paesaggio. La progettazione urbana acquista un'importanza fino ad allora sconosciuta, mentre si fa strada un concetto diverso del mestiere d'artista, da cui scaturirà la nostra idea di genio creatore. Nuovi committenti e acquirenti avanzano sulla scena, richiedendo la realizzazione tanto di oggetti originali quanto di temi inediti. Nuovi centri artistici s'impongono, come Avignone, Barcellona, Praga, Vienna.
Abbracciando in uno sguardo unitario buona parte del continente europeo, questo volume offre alcune chiavi di lettura per decifrare i capolavori di un'epoca di sfolgorante varietà, prestando particolare attenzione agli uomini e alle donne che hanno fabbricato, usato, osservato le opere d'arte. Artisti ancor oggi celebri, come Giotto o Giovanni Pisano, o straordinari maestri ormai anonimi, sovrani o suore, vescovi o mercanti vollero gli edifici, le sculture, i dipinti, ma anche gli oggetti preziosi - arazzi e ricami, avori e oreficerie - che ancora ci parlano dei loro bisogni, desideri, paure e convincimenti, continuando a suscitare la nostra ammirazione.
Il mito di Arianna è così celebre da esserci quasi familiare. La sua silhouette attraversa le rovine di gigantismi mitologici: figure che hanno colonizzato in modo ipertrofico l'immaginario della cultura occidentale; lei minuta fra le statue ciclopiche del padre Minosse, del fratello Minotauro e della prigione, il labirinto, in cui era rinchiuso. Tuttavia, se anche si muove leggera nel cono di luce di questo mondo famoso, Arianna è intessuta nell'ombra e quando si afferra la sua veste è pronta a sfuggire, negandosi all'interpretazione. È stata, nella sua madrepatria, una dea del labirinto e ha visto i coetanei muoversi in cerchio, seguendo una misteriosa coreografia inventata da Dedalo. Ha amato follemente Teseo, senza esserne in verità mai ricambiata. Ha scelto di tradire la famiglia, di lasciare dietro di sé la patria, per salire su una nave ateniese sperando di diventare, un giorno, regina di Atene. Si è spenta, invece, sulla riva del mare di Nasso, dopo l'abbandono. È morta di parto a Cipro. Si è mutata in statua sulla piana di Argo, per aver incrociato lo sguardo pietrificante della gorgone Medusa. Il dio Dioniso l'ha scelta, infine, come compagna e le ha regalato una nuova vita fra le stelle. Molti destini diversi, a volte persino dissonanti fra loro, per un personaggio fra i più noti della mitologia antica. Questo libro vuole restituire al lettore tutte le anime di Arianna e infonderle un po' di nuova vita...
A un secolo dall'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando, le ripercussioni del devastante conflitto mondiale che ne segui durano ancora oggi. In questo saggio, lo storico Ian Beckett isola dodici eventi cruciali della prima guerra mondiale. Soffermandosi su episodi sia celebri sia pressoché dimenticati, l'autore racconta la storia della Grande Guerra da una prospettiva inedita, sottolineando di volta in volta il ruolo del caso come quello della strategia, episodi giganteschi come solo apparentemente poco rilevanti, la dimensione sociale come quella militare e l'evento di lungo periodo come quello che esaurisce rapidamente la sua portata storica. "La prima guerra mondiale" adotta una prospettiva globale, accompagnando il lettore dai campi belgi intenzionalmente inondati per arrestare l'avanzata tedesca alle immagini della tragica battaglia della Somme proiettate nei cinematografi inglesi, dall'idealismo della Washington di Thomas Woodrow Wilson alla catastrofica offensiva tedesca del Lys, nel 1918. La guerra è di per sé un enorme agente di trasformazione, ma Beckett ci mostra che gli sviluppi storici più significativi non si verificarono solo sui campi di battaglia o nei palazzi del potere, bensì anche nei cuori e nelle mentalità dei popoli.
Accessibile a studenti, turisti e al pubblico in generale, questo libro offre un'ampia panoramica della storia della Russia dal IX secolo a oggi. Paul Bushkovitch sottolinea i fondamentali mutamenti di prospettiva nella comprensione della realtà russa che hanno avuto luogo con il crollo dell'Unione Sovietica del 1991. Da allora le enormi quantità di materiale documentale venuto alla luce, relativo alla storia dell'epoca sovietica, hanno consentito di elaborare nuove concezioni storico-critiche dello stesso passato della Russia pre-rivoluzionaria. "Breve storia della Russia" ricostruisce non solo la storia politica ma anche gli sviluppi nel campo della letteratura, dell'arte e della scienza della Russia; ritrae cosi protagonisti di grandezza assoluta - Tolstoj, Cechov e Mendeleev, per esempio - nei loro contesti storici e istituzionali. Benché la Rivoluzione del 1917, il successivo sistema sovietico e la guerra fredda siano stati momenti cruciali della storia russa e mondiale, merito specifico dell'autore è di presentare anche le epoche precedenti in tutta la loro complessità e ricchezza storica e culturale.
A partire dalla sua fondazione, nel 1794, fino a oggi, Odessa ha lottato per sopravvivere tra i due opposti poli del successo e dell'autodistruzione. Come molte altre vivaci città portuali e come molti tessuti urbani multiculturali, essa ha sempre liberato i suoi demoni più vitali, quegli spiritelli che incarnano le muse palpitanti della società metropolitana e i creatori instancabili dell'arte e della letteratura. Spesso, tuttavia, ha lasciato emergere anche i lati più oscuri, quelli che stanno in agguato nei vicoli e bisbigliano parole di odio religioso, invidia di classe e vendetta etnica. Quando tutto andava per il meglio, Odessa era in grado di formare artisti e intellettuali il cui talento seppe illuminare il mondo. Quando invece tutto crollava, il nome della città divenne sinonimo di fanatismo, antisemitismo e bieco nazionalismo. Questo libro segue l'arco della storia di Odessa sin dagli albori della sua esplosione urbanistica, passando dalle tragedie che hanno costellato il XX secolo, fino a quella che si può considerare la sua consacrazione al regno del mito e della leggenda. Intende tracciare la storia attraverso cui generazioni di odessiti, nativi o trapiantati, hanno costruito una città con un assetto unico nel suo genere, un luogo chiamato a diventare il porto più ambito della Russia e la fonte di ispirazione di scrittori come Aleksandr Puskin e Isaak Babel'. La storia della città si intreccia con quella di alcune vite individuali emblematiche...
La Grande Guerra non fu soltanto il primo conflitto "totale" - capace, cioè, di coinvolgere e mobilitare ogni forza sociale ed enormi risorse economiche -, ma anche la prima guerra realmente globale nella storia del mondo. Essa rappresentò non solo per l'Europa, ma anche per molti paesi extraeuropei la "catastrofe originaria del XX secolo". Prima di allora mai nessun evento aveva cambiato la vita di così tante persone in tutti i continenti. La prima guerra mondiale dimostra quanto il mondo e il sistema di potere internazionale fossero globalizzati già nel 1914. Un disastro su vasta scala che, a partire dai Balcani, influenzò in maniera diretta sia i sistemi produttivi e finanziari sia l'assetto sociale e politico dei paesi che presero attivamente parte al conflitto, dall'Europa e le sue colonie fino ai molti Stati extraeuropei. Ed è proprio a partire da questo punto di vista globale che Oliver Janz analizza gli eventi e le conseguenze di lungo periodo del conflitto. Storia politica, economica, militare e sociale - dai movimenti delle masse e degli eserciti alla vita quotidiana delle popolazioni -, raccontata avvalendosi dei più recenti apporti della ricerca storiografica: un saggio che unisce al rigore della ricostruzione storica una prospettiva ricca di sfaccettature.

