
Il volume intende tracciare un ritratto articolato del divenire dell'industria italiana nel suo complesso, degli attori e degli interlocutori del processo di industrializzazione. L'Annale intende mettere in luce peculiarità nazionali e tratti comuni all'esperienza di altri paesi, prestando attenzione a tutta una serie di tempi ancora poco esplorati sul piano della ricerca storica.
L'autore ha raccolto con l'ideazione di quest'opera un'importante sfida: quella di scrivere la storia economica del mondo dalla scoperta dell'America fino ai gionri nostri, dalla nascita della scienza economica alla caduta del comunismo, passando per la colonizzazione, le guerre mondiali, la crisi del '29, lo shock petrolifero, ecc. Il volume è ricco di dati e di informazioni su quasi tutti i paesi del mondo, di tabelle sui vari aspetti dei processi economici, di dati statistici aggiornati al 1995.
Le origini, l'evoluzione, le strutture che caratterizzano l'istituzione parlamentare in Italia, analizzate in ogni loro aspetto attraverso cinquanta saggi affidati a grandi esperti di questioni storico-poliitiche e con una particolare attenzione ai cambiamenti che l'Europa unita e, più in generale, il processo di globalizzazione, vanno apportando.
Il volume presenta cinque testi che documentano le origini della leggenda. Innanzitutto il testo fondatore, l'incompiuta "Storia del Graal" di Chrétien de Troyes, cui segue il "Giuseppe di Arimatea", la riscrittura fattane da Robert de Boron che apre la strada alle innumerevoli rielaborazioni misticheggianti; tra esse i celebri "Perlesvaus" e "La ricerca del Santo Graal"; arricchisce la scelta dei testi di area francese l'altotedesco "Perzival" di Wolfram von Eschenbach.
Tra la spedizione dei Mille (1860) e la morte di Giuseppe Verdi (1901) si snodano quarant'anni di storia italiana raccontati da testimoni grandi e piccoli, celebri o poco noti sulle pagine della stampa quotidiana e periodica. Si tratterà ora di uomini politici (Giuseppe Mazzini, Cesare Correnti, Carlo Cattaneo, Aurelio Saffi), o di storici (Pasquale Villani), filosofi (Antonio Labriola) o scrittori (Ippolito Nievo, Cletto Arrighi, Giuseppe Rovani, Antonio Ghislanzoni, Emilio Praga, Igino Ugo Tarchetti, Giovanni Faldella, Vittorio Imbriani, Carlo Dossi, Renato Fucini), prestati al giornalismo per periodi più o meno lunghi, ora dei primi giornalisti "professionisti" che contribuiscono in misura decisiva alla fondazione di quell'inedito mestiere: da Vittorio Bersezio a Leone Fortis, da Filippo Filippi a Yorick, da Carlo Romussi a Francesco Giarelli. Rifulge, a far data dalle cronache di Roma capitale, l'astro giornalistico di Edmondo De Amicis; si impone, a partire dal 1882, per la straordinaria qualità della scrittura, Gabriele d'Annunzio "romano", destinato per qualche anno a condividere un ruolo centrale con Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio. Emergono, intanto, nuove figure professionali: il giornalista di opposizione, a vario titolo legato a un orizzonte politico di segno radicale, repubblicano o socialista; il direttore-proprietario di una testata giornalistica amministrata secondo criteri di moderna managerialità; il "redattore viaggiante".
La storia del giornalismo italiano nei primi vent'anni del nuovo secolo è letteralmente inseparabile dal racconto delle guerre lontane e vicine. Il 1901 è, sì, l'anno in cui Alberto Bergamini, direttore del "Giornale d'Italia", vara la "terza pagina", ma il filo conduttore del ventennio è costituito dai conflitti internazionali presto destinati a coinvolgere anche l'Italia. Lascia un'impronta non effimera nel corso di un'intera stagione del giornalismo italiano, avanti e dopo la Prima guerra mondiale, Benito Mussolini. Ribadisce sul campo la propria competenza di corrispondente di guerra "en titre" Luigi Barzini: al quale si affiancano, tra Libia, Grande Guerra e Fiume, Giuseppe Bevione, Luigi Ambrosini, Achille Benedetti, Rino Alessi. Della crisi irreversibile dello Stato liberale sono testimoni non secondari Luigi Albertini e Mario Missiroli, Antonio Gramsci e Piero Gobetti, Luigi Salvatorelli e Pietro Menni. La fascistizzazione della stampa italiana cancella i giornalisti di opposizione: in un universo di discorso definitivamente "unificato" e omologato spiccano alcune figure di giornalisti politicamente conformisti e tecnicamente provetti. Una nuova generazione di inviati speciali compie il proprio apprendistato tra Etiopia e Spagna. Inaugura con "Omnibus" una nuova fase del giornalismo illustrato Leo Longanesi.
Un'opera che salda sensibilità e interessi propri della storiografìa tradizionale più attenta all'oggettività dei processi, alle dimensioni diplomatiche, politiche, militari, ma anche economiche e sociali dell'evento, con i nuovi orizzonti aperti da una storia che si suole definire culturale e che riporta in primo piano le dimensioni della soggettività, dell'esperienza vissuta, dell'immaginario e della memoria anche grazie all'uso di fonti mai prima esplorate. Non solo la vita politica dunque, ma anche il ruolo, attivo o passivo, delle donne e dei bambini, degli intellettuali e degli scienziati, dei giornalisti e dei cineasti. Anche il secondo volume integra ampiamente l'edizione francese con voci che mettono l'accento sulla specificità dell'Italia, con saggi sulle regioni di confine, su Vittorio Veneto e l'armistizio, sul territorio e la memoria della guerra, sulle scritture dei soldati, sulla violenza squadristica, sul cinema e la letteratura.