
Quando, il 10 giugno 1940, l'Italia entrò in guerra a fanco della Germania, la Regia Aeronautica godeva di un'alta reputazione in patria e all'estero, ma la dura realtà bellica non avrebbe tardato a evidenziare che l'equipaggiamento delle unità di prima linea non era all'altezza della fama acquisita. Ciononostante, oltre 100 piloti italiani guadagnarono lo stato di "asso" per aver ottenuto almeno cinque vittorie individuali, grazie alla determinazione con la quale si misurarono, sia pure in condizioni di inferiorità, con il nemico. Per la maggior parte, i loro successi furono conseguiti nei cieli dell'Africa settentrionale, durante le alterne avanzate e ritirate delle forze terrestri, ma anche nelle aspre battaglie aeree su Malta, fno alla disperata difesa del territorio nazionale prima dell'armistizio dell'8 settembre 1943. Gli aerei che utilizzarono in combattimento furono dapprima i biplani Fiat CR.42, poi i monoplani Fiat G.50 e Macchi C.200, e infne i Macchi C.202 e 205V, macchine fnalmente all'altezza di quelle degli avversari. Questi ultimi riconobbero unanimemente le capacità di volo acrobatico dei piloti italiani, spesso condizionati dalla limitata potenza dei loro motori.
Per quasi novecento anni, l'establishment militare romano ebbe a disposizione una potente marina, inizialmente composta da poche unità, che nel tempo aumentò in termini qualitativi e di dimensioni, sino a diventare un efficacissimo strumento nelle mani della prima vera superpotenza dell'antichità. Sia nell'era repubblicana sia nel successivo periodo imperiale, i romani utilizzarono flotte forti di centinaia di navi dalle caratteristiche diversificate, suddivise in gruppi presenti in tutte le province dell'impero. Il piano di rafforzamento navale si adeguò ai teatri operativi tra i più disparati, nonché alle diverse caratteristiche dei nemici che Roma affrontava nel corso della sua espansione territoriale. Il margine di sicurezza garantito dalle flotte imperiali consentì uno sviluppo dei commerci marittimi senza precedenti; le navi da guerra romane costituivano di per sé una "proiezione di forza" che si rivelò fondamentale nello sviluppo dell'impero e nel mantenimento delle conquiste territoriali. Lo studio delle unità navali nel contesto descritto trova la sua prima analisi esauriente in questo libro, che ne esamina nel dettaglio lo sviluppo e l'evoluzione.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la Regia Marina italiana era considerata la quarta potenza navale del mondo; ciononostante, il suo ruolo non ha ricevuto la necessaria attenzione, a causa della sua presunta incapacità. È vero che le sue navi erano antiquate, che non conosceva l'uso del radar e che i suoi marinai avevano la fama di essere indisciplinati e male addestrati; ma il maggiore ostacolo che impediva alla Marina italiana di essere una forza all'avanguardia era costituito dal suo complesso sistema di comando, per di più afflitto da un'esasperante burocrazia. In questo libro, Mark E. Stille spiega in che modo le navi da battaglia italiane seppero comunque mantenere alta la propria reputazione, esaminandone la straordinaria potenzialità, nonché il coraggio e la determinazione che le sue flotte dimostrarono nei momenti più drammatici del conflitto nel Mediterraneo: in Calabria, nel Golfo della Sirte, a Capo Spartivento e a Matapan. A corredo del volume, una raccolta di immagini fotografiche provenienti dagli archivi della Marina italiana.
La serie di modelli RPG è considerata da molti esperti la famiglia di armi controcarro più diffusa al mondo. Sviluppati subito dopo la Seconda guerra mondiale, questi sistemi si sono dimostrati semplici, flessibili e potenti, capaci di ottenere risultati molto superiori alle aspettative, soprattutto quando impiegati da forze irregolari. Leggeri, di facile impiego e manutenzione, gli RPG sono diventati l'arma prediletta di miliziani, gruppi di ribelli e guerriglieri, dai quali sono stati utilizzati in funzione contraerea, di artiglieria improvvisata e per distruggere svariate tipologie di obiettivi, fra cui opere fortificate e navi.
Nate come una miscela di fervore religioso, ardore militare e volontà politica, le crociate rimangono un aspetto affascinante e spesso mal compreso della storia medievale. Il regno di Gerusalemme, fondato tra enormi sofferenze e spargimenti di sangue, fu un campo di battaglia per almeno duecento anni. Le crociate videro il sorgere degli Ordini militari dei Templari e degli Ospitalieri, nonché di numerose organizzazioni minori, e fecero da sfondo alla carriera di alcuni tra i più famosi condottieri, fra cui Riccardo I "Cuor di Leone" e Saladino. David Nicolle descrive con grande efficacia lo scenario, la strategia, le fortificazioni e le armi di queste campagne che segnarono profondamente il Basso Medioevo.
La figura del legionario romano ci è familiare oggi quanto lo era ai cittadini - e ai nemici - dell'Impero romano duemila anni fa. Questo libro, superando gli stereotipi più diffusi, vuole mettere in evidenza ciò che l'esercito di Roma fu dal costituirsi della prima milizia cittadina, all'inizio della Repubblica, fino all'eccellenza della legione imperiale, e ancora oltre, nel momento delle mortificanti sconfitte subite per mano dei Goti e degli Unni nel Basso Impero. Ricostruendone l'evoluzione di tattiche, armamento e addestramento, l'opera ci permette di conoscere a fondo le forze che consegnarono a Roma il più grande impero che la storia ricordi. Il volume, tuttavia, non si limita a ripercorrere i mutamenti di questo formidabile apparato militare attraverso i secoli, ma si sofferma anche sull'eccezionalità degli uomini che condussero quei soldati in guerra, in particolare nella rievocazione delle grandi battaglie, quali Canne, Farsalo, Adrianopoli. Corredato di illustrazioni, fotografiche e mappe dettagliate, il volume è un fondamentale testo di riferimento sulle forze armate romane dall'VIII secolo a.C. fino al V secolo d.C., dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente.
Il carro pesante tedesco Tiger fu una potente macchina in grado di dominare i campi di battaglia d'Europa. Fra i più temuti sistemi d'arma della Seconda guerra mondiale, si guadagnò fama di invincibilità che venne incrinata soltanto con l'entrata in servizio dello Sherman Firefly ("lucciola") nell'estate del 1944. Progettato dai britannici proprio per opporsi al Tiger, il tank alleato era basato sull'M4A4 Sherman statunitense, ma equipaggiato con un potente cannone da 17 libbre (76,2 mm) che lo trasformò in un mezzo letale. Il libro descrive la progettazione e lo sviluppo di questi due antagonisti, ne analizza punti di forza e debolezze, ne valuta armamento e addestramento degli equipaggi. Le illustrazioni con vista "dal mirino" portano il lettore "dentro" al veicolo corazzato durante una famosa battaglia che gli anglo-americani vinsero grazie alla loro superiorità numerica, tattica e ingegneristica.
Raccontare un decennio della storia di Gorizia non è cosa facile, quando gli anni in questione siano quelli tormentati della guerra e dell'immediato dopoguerra. La disponibilità dell'archivio storico fotografico Edvigio e Arduino Altran permette di farlo con una impostazione che privilegia la valorizzazione delle immagini, ponendo il lettore di questo libro nella condizione di osservatore e testimone degli eventi, quasi aprisse la propria finestra di casa sulla storia: la storia di una piccola città improvvisamente protagonista di un periodo tragico, che riportava il suo nome, già noto a livello internazionale alla generazione precedente per la sua vicenda nella Prima guerra mondiale, sulle pagine dei giornali e nelle stanze degli incontri ad alto livello che dovevano decidere gli assetti politici e territoriali del futuro. Il volume, oltre agli scritti dell'autrice Antonella Gallarotti e di Roberto Covaz, raccoglie 230 fotografie in bianco e nero dello Studio Altran di Gorizia riferite al decennio in oggetto.
Fra il 1914 e il 1918 nel relativamente piccolo spazio mediterraneo si affrontarono le Marine inglese, francese, italiana, russa, da una parte, alle quali poi si aggiunsero quella giapponese e americana, e tedesca, austro-ungarica e turca, dall'altra. A quel mosaico di settori, campagne e operazioni, apparentemente slegati l'uno dall'altro, è corrisposta nella storiografi a navale una grandissima quantità di studi, narrazioni e memorie, spesso assai valide, ma altrettanto scollegate, non sorrette da quella visione d'insieme che Halpern riesce, invece, per la prima volta a dare del teatro mediterraneo, partendo da un'imponente opera di ricerca incrociata in tutti gli archivi, mai prima svolta. Ciò consente al lettore, da un lato, di farsi un'idea più precisa sull'importanza del Mediterraneo nel quadro della guerra marittima e, in generale, del Primo conflitto mondiale, dall'altro, di apprezzare meglio il ruolo e il peso effettivamente assunti dai singoli settori e dalle singole Marine. Connessa è l'indagine che l'autore ha condotto su ambiti, poco o punto esplorati, come gli orientamenti politico-militari degli alti comandi navali, i piani di guerra e la stessa genesi delle operazioni navali nonché i rapporti fra le Marine all'interno dei rispettivi campi di lotta, i reciproci giudizi e le relazioni fra queste, la politica e le altre forze armate.

