
Questo libro di Otto Pächt si occupa di uno dei problemi centrali della storia dell'arte occidentale: la nascita di un nuovo tipo di pittura negli antichi Paesi Bassi, quella fiamminga; gli artisti che furono i promotori di questo rinnovamento sono il Maestro di Flémalle e i fratelli Van Eyck, mentre il Polittico di Gand appare come opera centrale che apre, al tempo stesso, nuove discussioni. Questa svolta non è caratterizzata soltanto da un nuovo tipo di tecnica pittorica, ma soprattutto da una inedita concezione della rappresentazione, liberata da costrizioni ideologiche. Intorno a questi temi, a questi artisti e alle loro opere (dal Maestro di Flémalle a Jan Van Eyck, dal Polittico di Gand a Hubert Van Eyck e al Libro d'Ore di Torino) si snodano i cinque capitoli in cui è suddiviso il testo che, senza voler trattare da un punto di vista monografico né le personalità artistiche, né tanto meno i loro celebri dipinti, mira a tracciare un disegno complessivo del nuovo linguaggio figurativo, che dissolse a nord delle Alpi la tradizione medievale e introdusse la prima idea di realismo moderno. Pächt procede attraverso una sapiente e serrata lettura formale del dipinto, dal quale non si allontana mai. Anche per questo le numerosissime riproduzioni a colori accompagnano costantemente il lettore in una vera e propria galleria di capolavori.
"Il Medioevo da noi proposto è vicino e lontano insieme. È vicino perché allo strato dei retaggi preistorici e antichi, ha aggiunto (e spesso sostituito) apporti che noi avvertiamo, che oggi viviamo come retaggi fondamentali, creazioni d'identità originali: paesaggi urbani e rurali, conflitti e compromessi tra ragione e fede, rapporti difficili tra lo Stato e la società, organizzazione scolastica e universitaria, sensibilità artistica e letteraria. Tante cose ci arrivano dal Medioevo: il libro (alla fine dell'Antichità il codex cominciò a sostituire i rotoli), i nostri abiti (la camicia e i calzoni che hanno fatto dimenticare l'antica toga), il calendario, il genere letterario del romanzo, gli atteggiamenti nei confronti dei poveri, le reazioni di fronte alle epidemie (dalla lebbra e dalla peste all'Aids gli echi non mancano certo), ecc. Ma il Medioevo è anche lontano da noi. Ci è spesso estraneo, e questo charme esotico costituisce una parte importante del fascino che esercita." (Dalla prefazione di Jacques Le Goff e Jean-Claude Schmitt)
Il testo di Nordenfalk - apparso piú di mezzo secolo fa in tedesco, francese e inglese - è un classico della storia dell'arte; la sua traduzione colma una lacuna nel panorama editoriale italiano, offrendo una sintesi rigorosa e accessibile della storia della miniatura occidentale corredata da una ricca galleria di illustrazioni a colori. Dalla tarda antichità, attraverso l'alto Medioevo, fino alla diffusione dello stile romanico e agli inizi dello stile gotico, la storia della miniatura è magistralmente presentata nelle sue linee di sviluppo.
Pensatore di matrice democratica, Carlo Cattaneo pervenne a formulare una decisa opzione per la struttura federale di un eventuale Stato italiano, ragionandone in termini storico-critici fin dagli inizi degli anni Quaranta dell'Ottocento. Riflettendo sulla particolare vicenda italiana, di cui coglieva gli elementi di frammentarietà e pluralità, Cattaneo teorizzò che la migliore soluzione per una Italia unita sarebbe stata quella dove le autonomie locali non fossero mortificate da una vincolante struttura centrale. La storia gli diede torto. Vinse la monarchia, vinsero i Savoia e il Piemonte esportò in Italia il suo modello accentrato. Solo la costituzione del 1948 avrebbe assicurato un regime repubblicano e un nuovo valore alle autonomie locali, lasciando tuttavia incerta e tuttora incompiuta una riforma in senso federale della struttura statuale. Di là dalle contingenze politiche, la voce di Cattaneo è una importante testimonianza dela solidità e della molteplicità dei dibattiti agli albori del Risorgimento italiano. Una voce non priva di effettiva attualità.
Perché gli intellettuali scelsero di mettersi al servizio del Terzo Reich? Una storia del nazismo intessuta di esperienze personali, angoscia, utopia e crudeltà.
Erano brillanti, intelligenti e colti, neppure trentenni quando Hitler prese il potere. Provenivano dalla classe media e i loro studi universitari li destinavano a carriere prestigiose, come giuristi, economisti, filosofi, linguisti o storici. Ma scelsero di far parte degli organi di repressione del Terzo Reich, in particolare presso il Servizio di sicurezza delle SS. Essi teorizzarono, pianificarono e giustificarono l'eliminazione di venti milioni di individui ritenuti di «razza inferiore». Christian Ingrao analizza il destino di molti intellettuali, bambini al tempo della Grande Guerra, si interessa alla loro rete di relazioni, ricostruisce il loro modo di rappresentarsi la guerra e il nemico, li segue durante l'esperienza cruciale delle campagne di Polonia e di Russia, e dopo la sconfitta. Ingrao ha cercato di capire come questi intellettuali fecero a credere, e arrivarono a distruggere.
Il nazismo, in Germania, non fu soltanto un movimento guidato da folli in preda a deliri di onnipotenza. Fu anche una poderosa macchina burocratica che, per funzionare, aveva bisogno di uomini preparati. Giuristi, dottorandi in economia o in storia, giovani laureati costituirono un'élite di intellettuali che, pur non rientrando nella cerchia degli uomini piú fidati di Hitler, svolse un ruolo fondamentale sia dal punto di vista teorico e organizzativo, sia come apparato di esercizio quotidiano del potere. Ma che cosa spinse questi uomini a mettersi a servizio del nazismo? Secondo l'originale e controversa tesi di Ingrao, la cultura bellica che durante la prima guerra mondiale aveva caratterizzato tutte le società europee, senza risparmiare i bambini tedeschi del primo dopoguerra - tanto piú quelli provenienti dalle aree di confine, che avevano subito occupazione ed espropri - una volta cresciuti sentivano di vivere assediati da un «mondo di nemici». Essi espressero la propria angoscia aderendo in massa al radicalismo di destra. Il messaggio nazista come progetto di rifondazione della germanità, intercettando e dando un obbiettivo a questo fervore, rappresentò il transfert di una rivincita anche ideale, il sogno di un invincibile «Grande Reich millenario».
Traduzione di Mario Marchetti (pp. VII - XXX, 1-162) e Frédéric Ieva (pp. 163-359)
Trascorso un ragionevole lasso di tempo dal suo crollo in Europa e in Unione Sovietica, è possibile oggi narrare la storia del comunismo non soltanto con il distacco necessario e con l'impiego delle conoscenze archivistiche accumulate, ma con l'intento di collocarla nella storia internazionale del secolo scorso. Il comunismo fu parte essenziale della formazione del mondo globale in cui viviamo. A lungo si identificò con la prospettiva di una rivoluzione mondiale, nel solco di Lenin e dell'Ottobre 1917. Suscitò un'attrazione o una repulsione che contribuirono dappertutto a definire ideologie e identità, a mobilitare risorse e coscienze, a influenzare psicologie e intelletti. Rappresentò il fenomeno transnazionale per eccellenza. La nozione di comunismo internazionale assunse una molteplicità di significati, che rimandavano al rapporto tra lo Stato sovietico e un movimento di partiti dispiegato su scala planetaria, ai miti rivoluzionari e alla "modernità alternativa" anticapitalistica, al terrore e al progresso. Questo volume racconta il dipanarsi della storia del comunismo internazionale dalla rivoluzione alla disgregazione dell'Urss, passando attraverso le vicende della guerra fredda e illuminando i motivi del declino, emersi dopo la morte di Stalin
Come ogni dramma teatrale, ciò che manteneva alta la tensione degli spettatori era l'incertezza dell'esito. Erano in gioco due vite, quella del corpo e quella dell'anima e tutte e due rimanevano in pericolo fino alla fine: una fine che si prolungava oltre l'esecuzione, quando il corpo rimaneva esposto alla folla, talvolta squartato e infilzato sulle picche talvolta pendente dalla forca, talvolta ancora "sparato" dai chirurghi nel rito della "notomia" pubblica. La sorte del corpo e quella dell'anima entrarono a far parte dei dialoghi che si svolsero tra il condannato e la folla per incanalarsi poi all'interno del confronto tra il condannato e gli esperti nell'arte del conforto, i membri di confraternite che si specializzarono in questa funzione e che, fiorite inizialmente nell'Italia centrosettentrionale fra Trecento e Quattrocento, si diffusero in seguito in tutta Europa.
Il tempo viene per lo più rappresentato sotto forma di linea: la metafora lineare, infatti, è onnipresente in almanacchi, calendari, tabelle e grafici di ogni genere. Anche se nella sua forma moderna non ha nemmeno 250 anni, la linea del tempo fa talmente parte del nostro bagaglio culturale che si fatica a pensare ci sia stata un'epoca in cui l'abbiamo acquisita per la prima volta. "Cartografie del tempo2 è la prima storia completa delle rappresentazioni grafiche del tempo in Europa e negli Stati Uniti dal 1450 a oggi. Dai manoscritti medievali fino all'era di internet, il volume prende in considerazione una vasta gamma di linee temporali che con le loro forme danno vita a emozionanti narrazioni. Una linea del tempo (dalla Creazione al 1753) è lunga sedici metri e mezzo, montata su cilindri girevoli e inserita in un astuccio. Un'altra utilizza le diverse parti del corpo umano per mostrare le genealogie di Gesù e dei sovrani di Sassonia. I diagrammi creati dai missionari del XVIII secolo per convertire gli indiani dell'Oregon ordinano in colonne verticali le storie bibliche. C'è persino il diagramma di comunicazione nel Nord Atlantico del telegrafo di Marconi, datato aprile 1912. Ci sono poi opere poco conosciute di personaggi famosi, come la cronologia storica del cartografo Gerardo Mercatore o un gioco mnemonico da tavolo brevettato da Mark Twain.
Una donna di 93 anni muore lasciando una soffitta piena di memorie. Ma se quella signora è Helene Frank, sorella di Otto Frank padre di Anne, il valore di quelle memorie diventa inestimabile. Prima della guerra, quando Otto con la sua famiglia si trasferisce ad Amsterdam, sua madre Alice si stabilisce a Basilea e nella soffitta di casa, che erediterà Helene e poi suo figlio Buddy (compagno di giochi della cugina Anne), accumula ricordi, retaggio della famiglia Frank: oltre seimila documenti tra fotografie, cartoline, disegni, poesie e lettere, tra cui quelle che Otto le spedì da Auschwitz. Il racconto di quelle memorie, costruito dalla moglie di Buddy con la sapiente cura di Mirjam Pressler, restituisce un ritratto inedito e ancora più indelebile della famiglia Frank attraverso la loro fitta corrispondenza: gli amori, le vacanze estive, le angosce e le speranze durante gli anni di attese. E partendo dalla vita di Alice Frank prima della guerra, ci regala anche un'immagine di Anne precedente al "Diario", una bambina piena di aspettative e opportunità.
Il 29 aprile 1945, partigiani e popolo di Milano si danno appuntamento in piazzale Loreto per celebrare la morte del duce. Appeso per i piedi, il cadavere di Mussolini appare un simbolo della Resistenza vittoriosa. Ma quel corpo straziato incarna anche l'orrore della guerra civile: racconta una storia diffìcilmente proponibile come mito di fondazione dell'Italia nuova. Quanto i milanesi di piazzale Loreto somigliano ai romani di piazza Venezia, quanto l'Italia del crucifìge all'Italia dell'osanna? Ricostruendo la vita d'oltretomba di Mussolini, Luzzatto propone un'interpretazione originale della cultura politica repubblicana, divisa tra intransigenza e indulgenza, radicalismo e trasformismo, dovere della memoria e arte dell'oblio. Pubblicato nel 1998 e tradotto in varie lingue, questo libro è divenuto un piccolo classico della storiografia contemporanea.
Il mito di Arianna è così celebre da esserci quasi familiare. La sua silhouette attraversa le rovine di gigantismi mitologici: figure che hanno colonizzato in modo ipertrofico l'immaginario della cultura occidentale; lei minuta fra le statue ciclopiche del padre Minosse, del fratello Minotauro e della prigione, il labirinto, in cui era rinchiuso. Tuttavia, se anche si muove leggera nel cono di luce di questo mondo famoso, Arianna è intessuta nell'ombra e quando si afferra la sua veste è pronta a sfuggire, negandosi all'interpretazione. È stata, nella sua madrepatria, una dea del labirinto e ha visto i coetanei muoversi in cerchio, seguendo una misteriosa coreografia inventata da Dedalo. Ha amato follemente Teseo, senza esserne in verità mai ricambiata. Ha scelto di tradire la famiglia, di lasciare dietro di sé la patria, per salire su una nave ateniese sperando di diventare, un giorno, regina di Atene. Si è spenta, invece, sulla riva del mare di Nasso, dopo l'abbandono. È morta di parto a Cipro. Si è mutata in statua sulla piana di Argo, per aver incrociato lo sguardo pietrificante della gorgone Medusa. Il dio Dioniso l'ha scelta, infine, come compagna e le ha regalato una nuova vita fra le stelle. Molti destini diversi, a volte persino dissonanti fra loro, per un personaggio fra i più noti della mitologia antica. Questo libro vuole restituire al lettore tutte le anime di Arianna e infonderle un po' di nuova vita...
Dopo lo spettacolo "Ausmerzen", anche per rispondere alle domande che lo spettacolo stesso aveva creato, Marco Paolini si è immerso per un anno nella scrittura, rielaborando e tessendo in narrazione una mole enorme di dati, alcuni dei quali - tra i più sconvolgenti - quasi sconosciuti. L'interrogazione su eugenetica, scienza ed etica, e sulle politiche del potere si fonde nel racconto. Un narratore appassionato, pieno di sdegno e pudore, e non privo di humour, ci consegna così un libro di feroce potenza, destinato a diventare necessario. Per tutti. Con uno scritto di Mario Paolini.

