
Un viaggio nei due piú gloriosi e cruciali momenti della nostra storia: dalla Roma dei re, dei senatori e degli imperatori che ha conquistato l'intero mondo conosciuto con il ferro della spada, alle Repubbliche italiane, Pisa, Amalfi, Genova, Venezia, Firenze, Milano, che con l'oro dei commerci risollevarono le sorti dell'Italia. Attraverso il racconto degli eventi storici e dei protagonisti, le strutture economiche e le grandi correnti sociali, ma anche gli aneddoti e le leggende, Ruffolo mette a confronto due epoche di indiscussa superiorità mondiale da cui emergono i tratti caratteristici dell'identità italiana, le sue continuità e le sue discontinuità.
Il 1° gennaio 1941 nei campi dell'NKVD si trovavano più di un milione e mezzo di detenuti, nelle colonie di lavoro quasi 429.000, nelle carceri quasi 488.000. Negli insediamenti di lavoro e speciali alla vigilia dell'invasione tedesca erano distribuite circa un milione e mezzo di persone. Tenendo conto della crescita del numero dei condannati nella prima metà del 1941, si può calcolare che nelle diverse articolazioni del Gulag prima della guerra si contassero circa quattro milioni di persone. In questo libro Oleg Chelevnjuk propone la storia della prima fase del Gulag, fino al 1941, rivelandone tutti i segreti più profondi e offrendo un punto di vista acuto sul regime del terrore nel suo complesso.
Viene riprosto in questo volume uno dei saggi più affascinanti della "Storia dell'arte italiana" Einaudi: l'analisi delle principali costanti iconografiche di quattro secoli di tradizione figurativa italiana. Salvatore Settis indica i percorsi culturali che, tra il XII e il XVI secolo, portarono pittori, scultori e committenti ecclesiastici a scegliere temi, modelli e schemi che avrebbero decorato nei secoli seguenti chiese, cattedrali e conventi. L'iconografia sacra diventa così lo strumento ideale con cui coinvolgere l'osservatore, emozionarlo.
Si tratta del primo volume dell'edizione italiana dell'"Encyclopédie de la Grande Guerre" curata dagli storici francesi Jean-Jacques Becker e Stéphane Ardoin-Rouzeau. Le linee guida dell'opera sono quelle di fondere sensibilità e interessi propri della scuola tradizionale attenta all'oggettività dei processi, alle dimensioni diplomatiche, politiche e militari, ma anche economiche e sociali dell'evento, con i nuovi orizzonti aperti da quella che si suole definire storia culturale, e che riporta in primo piano le dimensioni della soggettività, dell'esperienza vissuta, dell'immaginario e della memoria anche grazie al ricorso a fonti finora poco esplorate. La Grande Guerra, in particolare in Francia, continua a occupare un ruolo di primissimo piano tanto dal punto di vista storiografico che da quello della memoria collettiva: un evento carico di intensa emotività, il primo esempio di "evento senza soggetto", la prima rivelazione compiuta e folgorante della modernità, della sua natura, dei suoi dilemmi e dei suoi rischi.
Tra i fondatori del Partito d'azione, Giorgio Agosti appartiene a quella generazione di uomini che ha segnato un'impronta profonda nella cultura nazionale di una "Italia civile", trasmessa in eredità dal Novecento al nuovo secolo. Il diario che ha lasciato, con alcune anticipazioni relative al 1946-47, abbraccia senza interruzioni quasi trentacinque anni di storia repubblicana, dal 1953 al 1988. Giorno per giorno si succedono commenti alla situazione politica interna e internazionale, resoconti di incontri con amici e maestri, come Salvemini, Calamandrei, Galante Garrone, Bobbio e tanti altri. Il diario è curato dal figlio Aldo.
Pubblicato nel 1978, più volte ristampato e tradotto in sei lingue, questo libro diventò e resta un riferimento obbligato nei dibattito sui metodi della storia dell'arte. Attraverso un esperimento di lettura dei due quadri più famosi e più controversi di Giorgione, la Tempesta e i Tre Filosofi, esso propone una riflessione sul carattere dell'argomentazione, le oscillazioni interpretative e lo statuto della prova nell'analisi iconografica, ma anche nello studio delle letture precedenti di quei dipinti e dei rispettivi approcci critici.
Il nazionalsocialismo fu una dittatura implacabile con le popolazioni sottomesse ma compassionevole e compiacente verso il popolo tedesco. La sua principale preoccupazione fu alimentare il consenso della nazione tedesca, con politiche che oggi definiremmo di welfare state. Programmi di sostegno ai più deboli, sovvenzioni per le famiglie dei combattenti, reti di sicurezza sociale. il tutto fu finanziato con la rapina selvaggia e sistematica delle nazioni asservite dalla guerra: depredate delle materie prime, colpite nella moneta nazionale, saccheggiate di ogni bene. Ricavando dalla guerra di rapina le risorse per il sistema del consenso, Hitler e i suoi uomini si comportarono come classici uomini politici attenti agli umori dei loro cittadini. Chiedendosi sempre come garantire la soddisfazione del popolo tedesco o quanto meno la sua indifferenza. Per questo la dittatura hitleriana poté contare per la gran parte della sua durata sull'appoggio della maggioranza dei cittadini tedeschi.
Nel 1915 il governo Ottomano, presieduto dal partito dei Giovani Turchi, deportò la maggioranza degli Armeni dalle loro terre in Anatolia. Secondo alcune stime, quasi il 40% della popolazione morì, molti in brutali massacri. Gli Armeni lo considerano il primo genocidio del Novecento (un milione e mezzo di morti), per i turchi la deportazione fu una risposta alla ribellione di massa armena, supportata da Russia e Inghilterra: una guerra regionale sottostante a frizioni internazionali; le morti, il risultato di malattie o inedia. Il saggio intende esaminare i fatti storici senza preconcetti politici, equidistante dalle due parti in causa.
Tra il 1900 e il 1993 sono state censite 54 guerre, l'autore rilegge questo secolo di orrori incentrando la sua analisi a partire dalle vittime. I corpi diventano la principale fonte storiografica e avvicinano lo storico alla comprensione più compiuta della realtà della guerra, di cui i morti rappresentano il concreto prodotto finale. Dalle teste mozzate dei boxer in Cina alla guerra in Iraq, l'autore si sofferma sulle guerre principali e più sanguinose, mettendo in evidenza tratti comuni e vicende storico-militari anche molto distanti l'una dall'altra, ma accomunate dal grado di violenza sui corpi.
Ancora oggi alcuni credono che il dominio dell'Occidente sia il risultato di una particolare "cultura" che sarebbe superiore a quella degli altri continenti; ma come spiegare allora che alla fine del Settecento l'India e la Cina fabbricavano più manufatti ed editavano più giornali che Italia, Francia, Inghilterra e Germania? Al termine di un'investigazione storica che attraversa i cinque continenti, incrociando dati economici, politici, artistici e religiosi, Bayly dimostra che la dominazione occidentale sul mondo non ha veri effetti che a partire dal XIX secolo. Alla fine del Settecento un'aspirazione alla libertà e all'uguaglianza si diffonde nell'intero pianeta e mette in discussione i diversi regimi. L'egemonia delle nazioni occidentali si manifesta qualche decennio più tardi, grazie a eserciti più agguerriti, alla padronanza delle regole del commercio e allo sviluppo interno di una società civile più indipendente dal potere politico.
Un'opera che salda sensibilità e interessi propri della storiografìa tradizionale più attenta all'oggettività dei processi, alle dimensioni diplomatiche, politiche, militari, ma anche economiche e sociali dell'evento, con i nuovi orizzonti aperti da una storia che si suole definire culturale e che riporta in primo piano le dimensioni della soggettività, dell'esperienza vissuta, dell'immaginario e della memoria anche grazie all'uso di fonti mai prima esplorate. Non solo la vita politica dunque, ma anche il ruolo, attivo o passivo, delle donne e dei bambini, degli intellettuali e degli scienziati, dei giornalisti e dei cineasti. Anche il secondo volume integra ampiamente l'edizione francese con voci che mettono l'accento sulla specificità dell'Italia, con saggi sulle regioni di confine, su Vittorio Veneto e l'armistizio, sul territorio e la memoria della guerra, sulle scritture dei soldati, sulla violenza squadristica, sul cinema e la letteratura.

