
Sophie Scholl fu ghigliottinata all’età di 21 anni dal Tribunale del Popolo di Monaco di Baviera, il 22 febbraio 1943, per tradimento contro lo Stato e il Führer. Insieme a lei vennero decapitati il fratello Hans, Christoph Probst e, due mesi dopo, Alexander Schmorell, Willi Graf e il loro professore di filosofia, Kurt Huber.
Si concluse così l’avventura della «Rosa Bianca», il gruppo di cinque giovani universitari tedeschi che nel corso del 1942 e nelle prime settimane del 1943 sfidarono il regime nazista stampando e diffondendo clandestinamente in Germania e Austria sei opuscoli contro Hitler. Quei fogli raccontavano gli orrori che si stavano consumando ai danni degli ebrei, informavano delle sconfitte militari naziste – una su tutte: Stalingrado –, facevano appello ai grandi ideali della cultura e alle lezioni della storia, esortavano i tedeschi alla ribellione, al sabotaggio, alla diserzione.
La Rosa Bianca non fu un’organizzazione diffusa, strutturata, con collegamenti internazionali, sul modello della nostra Resistenza. Fu qualcosa di diverso e forse di unico nella storia della lotta ai totalitarismi del ’900. Quei giovani, infatti, non erano animati da un’ideologia né erano particolarmente interessati alla politica. Il loro sacrificio – ispirato ai principi cristiani di fratellanza e giustizia – è un inno alla sacralità della vita di fronte alla barbarie e al disprezzo per l’uomo.
La storiografia non è stata benevola con i «barbari». Noi europei siamo soliti delineare lo sviluppo delle nostre società evocando alcuni momenti topici: la Grecia, Roma, il Rinascimento, l’età moderna, l’Illuminismo, la Rivoluzione industriale, per arrivare poi ai nostri giorni. Lungo questo percorso esiste un periodo che sembra costituire una frattura nel contesto del progressivo manifestarsi della civiltà. Sono i cosiddetti «secoli bui» dell’Alto Medioevo, seguiti alla caduta dell’Impero romano a opera dei «barbari», quei popoli che i tardi scrittori latini descrivono come invasori violenti, incolti, dalla incerta identità (e che noi, seguendo loro, abbiamo continuato a giudicare tali).
In realtà le più recenti scoperte, soprattutto archeologiche, ci obbligano a un radicale ripensamento: esse infatti ci parlano di civiltà evolute e moderne, sia nelle condizioni di vita che nelle espressioni artistiche. A giudizio di Peter Wells l’età dei barbari segnò l’alba di un mondo nuovo, fu l’inizio dell’Europa che oggi conosciamo. Per la prima volta il baricentro del continente si spostò dal Sud mediterraneo al Nord dei celti e dei germani. Nuovi popoli e nuove tradizioni, fino a quel momento messi ai margini, si affacciarono sul proscenio della storia. E Roma fu sconfitta sul piano militare ma ancor più su quello culturale, perché le società barbariche si rivelarono più aperte, dinamiche e vitali.
Tra i monasteri e gli eremi delle Solovki – l’arcipelago del Mar Bianco, nell’estrema parte nord-occidentale della Russia, al largo di Archangel’sk – fu creato il primo campo di concentramento sovietico, il laboratorio di quella rete di 476 campi divenuti tristemente famosi con il nome di «Gulag». Apartire dal 1923 e fino al 1939 i bolscevichi vi deportarono i «nemici» del comunismo: aristocratici, preti, «borghesi », contadini, operai, intellettuali, funzionari, artisti, quadri del Partito caduti in disgrazia. «Inventato» da Trockij, adottato da Lenin e perfezionato da Stalin, il campo delle Solovki arrivò a ospitare 70.000 detenuti e nel solo 1937 furono eseguite 2000 fucilazioni. Il modello delle Solovki (e, più in generale, il Gulag) influenzò profondamente la costruzione della società sovietica: si calcola che in quei decenni un adulto su sette trascorse almeno alcuni mesi in un campo. L’esperienza penitenziaria serviva a distruggere le «strutture» dell’epoca imperiale, a livellare le classi sociali e, soprattutto durante lo sforzo bellico, a fornire la manodopera necessaria all’industrializzazione del paese. L’«armata del lavoro» teorizzata da Trockij nel 1918, che avrebbe dovuto fare le fortune dell’Unione Sovietica, non consistette in altro che in migliaia e migliaia di esseri umani ridotti in schiavitù, mutilati e uccisi (anche mediante l’uso, sempre negato dalle autorità, di armi batteriologiche).
Costruito sulla scorta di una vasta documentazione originale, resa in gran parte accessibile dall’apertura degli archivi dell’ex Unione Sovietica, e con l’ausilio di molte testimonianze inedite di prigionieri sopravvissuti e dei loro familiari, questo libro di Francine-Dominique Liechtenhan è un contributo di eccezionale valore alla conoscenza della verità e un omaggio alla memoria delle vittime del comunismo, ancora oggi dolorosamente neglette, in Russia come in Occidente.
L'AUTORE
Francine-Dominique Liechtenhan è nata nel 1956 a Basilea e si è laureata in Storia moderna e contemporanea e in Filologia russa a Parigi, città nella quale risiede e dove insegna all’università della Sorbonne-Paris IV e all’Institut Catholique. È autrice, oltre che di numerosi saggi pubblicati in riviste, dei volumi Les trois christianisme et la Russie. Les voyageurs occidentaux face à l’Eglise orthodoxe russe (XVème-XVIIIème siècle) ed Elisabeth Ière de Russie. L’autre impératrice.
Il primo religioso tedesco a finire in un lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». Il primo a essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernhard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme a un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Alla guida di questa eroica impresa, due grandi pontefici: Pio XI e Pio XII.
Il presente libro racconta la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il Nazismo chiudendo definitivamente la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il papa che Reinhard Heydrich – il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» – in un rapporto segreto definì «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali».
Sono molte le vicende puntualmente ricostruite da Luciano Garibaldi in queste pagine avvincenti: a cominciare dalla testimonianza del generale Karl Wolff, il comandante delle SS in Italia, che ricevette da Hitler l’ordine di arrestare Pio XII e trasferirlo nel Liechtenstein, ma riuscì, in maniera romanzesca, a vanificare quel progetto, meritandosi l’assoluzione a Norimberga. E poi i due enigmi che ancora accompagnano Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. E ancora: la fiera opposizione del vescovo Clemens Von Galen, il «leone di Münster», la rivolta ideale di Sophie Scholl e dei suoi compagni della «Rosa Bianca», la resistenza delle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista, la leale difesa compiuta da non pochi ebrei, anche famosi, di Pio XII, un papa ingiustamente diffamato; e infine, per una informazione completa e obiettiva, la storia di sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
L'AUTORE
Luciano Garibaldi, giornalista professionista dal 1957, nella sua lunga carriera è stato inviato speciale, caporedattore e vicedirettore di quotidiani («Corriere Mercantile», «La Nazione», «Roma», «Il Giornale», «La Notte») e settimanali («Tempo», «Gente»). Tra i suoi numerosi libri ricordiamo: Un secolo di guerre; Operazione Walkiria. Hitler deve morire; Il secolo in breve. Persone e storie del Novecento; I giusti del 25 aprile. Chi uccise i partigiani eroi?; La pista inglese. Chi uccise Mussolini e la Petacci?; Le soldatesse di Mussolini.
Qual è la radice dell’odio dell’Islam fondamentalista per l’Occidente? Sono davvero le crociate la causa remota dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001?
Fra gli storici e gli studiosi di politica non pochi addossano alle «guerre cristiane» la responsabilità di aver inaugurato l’era della colonizzazione europea allo scopo di accaparrarsi le ricchezze della Terra Santa e di arruolare nuovi credenti. Questa interpretazione giustifica l’idea di una sorta di peccato originale che condizionerebbe i rapporti dell’Islam con l’Occidente – un’idea che si è insinuata nei discorsi e nei dibattiti più importanti e ha spesso informato le scelte di capi di governo od organizzazioni internazionali (come la Comunità Europea e l’ONU).
Per Rodney Stark è arrivato il momento di fare chiarezza, ricollocando al giusto posto – sulla base delle fonti dell’epoca (dell’una e dell’altra parte) e degli studi più autorevoli – tutte le tessere che compongono il complesso mosaico di quelle vicende lontane.
Stark presenta i protagonisti (i papi, i re, tutto il variegato universo umano che prese parte a vario titolo all’impresa, e anche gli «infedeli» con le loro vere o presunte eccellenze), analizza le ragioni e motivazioni rispettive, descrive i complessi intrecci politici, economici e culturali (compreso il ruolo giocato nelle società medio-orientali dalle comunità autoctone di ebrei e cristiani), e naturalmente ricostruisce, con rigore e puntualità, la sequenza degli eventi.
Due conclusioni, fra le altre, si impongono. Innanzitutto le crociate sono state all’origine una reazione obbligata all’aggressività di un’orda che si spingeva sempre più in là e che doveva essere fermata. Poi appare evidente che l’ostilità del mondo islamico per l’Occidente in conseguenza delle crudeltà crociate è un fenomeno suscitato ad arte, in un’epoca a noi vicina, da chi voleva infiammare gli animi per motivi che la storia degli ultimi anni ha perfettamente chiarito.
Titolo originale: God’s Battalions: The Case for the Crusades (2009, HarperCollins)
Traduzione dall’inglese di Gian Luigi Giacone
L'Autore
Rodney Stark è sociologo della religione e docente di Scienze sociali presso la Baylor University, in Texas. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo La vittoria della Ragione, Ascesa e affermazione del cristianesimo, La scoperta di Dio e Un unico vero Dio, tutte edite dalla nostra casa editrice.
L'Indice
5 Introduzione. Avidi barbari in cotta di maglia?
Gli eserciti di Dio
21 1. Gli invasori musulmani
53 2. Il mondo cristiano al contrattacco
81 3. «Ignoranza» occidentale contro «cultura» orientale
113 4. Pellegrinaggi e persecuzioni
143 5. L’arruolamento dei crociati
171 6. Verso Oriente
201 7. Vittorie sanguinose
229 8. I regni crociati
253 9. La lotta per la difesa dei regni
301 10. Le crociate contro l’Egitto
323 Conclusioni. Missione abbandonata
339 Bibliografia
357 Indice dei nomi
Esiste una tradizione esoterica occidentale? Sotto quali forme si manifesta? Qual è il rapporto tra questa cultura "altra" e le diverse forme politiche di matrice razionalistica dell'Occidente? E tra esoterismo e nazismo? Hitler e i vertici del partito erano in possesso di una dottrina segreta? Che cosa è invece possibile dire riguardo alle altre dittature del XX secolo? E in che modo, oggi, la democrazia rappresentativa si rapporta a questa cultura alternativa? Frutto di cinque anni di lavoro, questo libro è molto più di un tentativo di rispondere alle domande su una tradizione occidentale occulta, dai contorni ancora incerti: è un viaggio appassionato e appassionante dalle origini del sapere umano fino ai giorni nostri, che, affacciandosi sul futuro prossimo, disegna un suggestivo panorama del mondo attuale.
La seconda guerra mondiale ha portato all'Italia sconfitte e umiliazioni. Il Paese non era preparato al conflitto, gli italiani non lo volevano. I vertici militari, spesso incompetenti, erano divisi da rivalità e gelosie. Una cosa però è certa: moltissime volte i nostri soldati si sono comportati con coraggio, valore e grande dignità, tanto da meritare il rispetto e anche l'ammirazione dei nemici. È il caso degli uomini della Decima MAS, guidati da un ufficiale d'eccezione, il principe romano Junio Valerio Borghese. Fra le tante imprese di questa piccola unità nel Mediterraneo, la più notevole fu l'attacco al porto di Alessandria d'Egitto, il 18 dicembre 1941. L'azione fu portata a termine da sei intrepidi che, letteralmente "cavalcando" tre siluri, affondarono due corazzate inglesi, la Valiant e la Queen Elizabeth. Quegli uomini erano il tenente di Vascello Luigi Durand de la Penne, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia, il capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta, e i sottufficiali Emilio Bianchi, Spartaco Schergat e Mario Marino. Ma come si svolse esattamente l'operazione? Come fu progettata? Quali rischi corsero i nostri soldati? E, ancora, cosa voleva dire far parte della Decima MAS e operare agli ordini del comandante Junio Valerio Borghese?
Il 20 maggio 1923, in treno e sotto scorta, l’ultimo sultano-califfo dell’Impero ottomano arriva a Sanremo e si installa, per quella che crede la parentesi di un breve esilio, nella villa già abitata da Alfred Nobel. Maometto VI coltiva la speranza di tornare in patria da vincitore e attende il crollo di Mustafa Kemal, il generale che lo ha detronizzato e ha fondato una nuova Turchia. Per tre anni l’esule lavora alla realizzazione del suo obiettivo: difende il proprio ruolo di capo della dinastia contro il cugino a Nizza, riceve emissari di una società segreta islamica, incontra il re d’Italia al Casinò, si congratula con Mussolini per lo scampato pericolo di un attentato, dà fondo al denaro che si era portato da Costantinopoli e tenta approcci con il Vaticano per un’inedita alleanza tra islamici e cattolici contro l’ateismo che avanza da Est. La sua corte è popolata da spie, mogli infedeli, eunuchi ubriaconi, feroci circassi con il demone della roulette, parenti spericolati e un medico depresso che un giorno viene trovato con un proiettile nella testa. Suicidio o omicidio? A chi toccherà la prossima volta? Cosa sta succedendo all’ombra del grande parco contiguo a quello dove vive il piccolo Italo Calvino? La magistratura italiana inizia caute indagini e i carabinieri intensificano la sorveglianza della villa.
Riccardo Mandelli ricostruisce in questo libro una storia avvincente e mai raccontata prima, in cui si intrecciano le trame britanniche per assicurarsi il petrolio iracheno e abolire l’istituzione panislamica del califfato, le velleità coloniali del fascismo, la strenua lotta di Atatürk per creare uno stato laico. Attraverso la storia di Maometto VI Vahdeddin e l’agonia del grande impero che da secoli incombeva sull’Europa appaiono in una luce sorprendente le contraddizioni che ancora oggi lacerano il Medio Oriente voluto dalle potenze occidentali dopo la prima guerra mondiale.
Riccardo Mandelli ha studiato medicina veterinaria e filosofia. Ha vissuto alcuni anni in Germania, dove ha lavorato per l’emigrazione e ha iniziato a conoscere i turchi e la Turchia da quella prospettiva. Attualmente insegna materie storico-filosofiche in un liceo di Imperia. Ha pubblicato finora soprattutto narrativa per i giovani.
Nell'arco di cinque anni, fra il 1969 e il 1974, in Italia si sono contati 4.000 attentati e sei stragi: in piazza Fontana, a Milano, nella sede della Banca dell'Agricoltura (12 dicembre 1969), sulla Freccia del Sud presso Gioia Tauro (22 luglio 1970), a Peteano (31 maggio 1972), alla questura di Milano (17 maggio 1973), in piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) e infine sul treno Itali-cus (4 agosto 1974). Il bilancio è stato di 50 morti e di circa 2.700 feriti. Tanti i fatti e gli elementi anomali e inquietanti: ripetuti errori nella conduzione delle indagini, rivalità fra forze dell'ordine e apparati dello stato, l'azione dei servizi segreti, l'esistenza di piani di difesa in caso di invasione, l'intervento della criminalità organizzata. Su questo complicatissimo intreccio si è poi innestata la teoria della cosiddetta strategia della tensione. A districare questa matassa, ancora così delicata e scottante, si è dedicato Massimiliano Griner con un lungo lavoro di raccolta e studio delle sentenze, di scavo negli archivi e di rigorosa rilettura delle testimonianze dei protagonisti. L'analisi di Griner ha soprattutto cercato di eliminare le false piste e le deviazioni, le leggende e i miti, per raccontare i fatti e, quando non era possibile appurarli, per proporne la ricostruzione più verosimile e ragionevole. Questo libro è dedicato a chi ha vissuto quelle tragedie, ma soprattutto a quanti ancora vogliono capire.
Nella prima metà del XX secolo ebbe una grande notorietà la geopolitica, una teoria secondo la quale il destino dei popoli è determinato dall'ambiente geografico in cui vivono. Applicata al quadro storico e ideologico di allora, questa teoria rappresentò più di una giustificazione al nazionalismo e all'espansionismo di paesi quali la Germania nazista o l'Unione Sovietica di Stalin, che furono alla base del secondo conflitto mondiale. I suoi fautori tra gli altri, l'inglese Mackinder e i tedeschi Ratzel e Haushofer, il consigliere spirituale di Rudolf Hess - erano convinti che la conquista di alcune regioni avrebbe garantito il dominio universale. In particolare Mackinder era persuaso che il cuore del mondo, l'Heartland, fosse la vasta regione russa, inattaccabile dal mare e ricca di enormi risorse economiche e naturali: chi l'avesse controllata avrebbe governato l'"isola del mondo", l'enorme distesa di terre e acque dell'Europa e dell'Africa. L'Heartland rappresentò la grande scommessa di Hitler dopo il fallimento del volo aereo di Hess verso l'Inghilterra, probabilmente alla ricerca di un accordo di spartizione della regione russa. Assorbendo idee e dogmi positivisti, razzisti e darwinisti, combinandosi con suggestioni esoteriche e magiche, la geopolitica, più di altre teorie novecentesche, ha incarnato le diverse anime del "secolo delle ideologie e del mattatoio", tra i cui risultati vi è la configurazione del mondo di oggi. Prefazione di Giorgio Galli.
Nella Cecoslovacchia degli anni '30, Ilse Weber è una giovane donna ebrea, colta e vitale, che ha rinunciato a una brillante carriera di scrittrice per l'infanzia e autrice di radiodrammi, per amore del marito Willi e dei suoi due bambini. È una parentesi felice che non è destinata a durare: con l'occupazione tedesca del Paese, gli ebrei sono fatti oggetto di una persecuzione crudele e inesorabile. Ilse deve progressivamente rinunciare a tutto - alla propria casa, ad andare al cinema, a teatro, nel parco, persino a uno dei suoi bambini, Hanu, che a nove anni lascia la famiglia per raggiungere prima l'Inghilterra e poi la Svezia -, conformarsi ai divieti più umilianti, vedere gli amici di un tempo evitarla o girarle le spalle. Fino alla suprema prova dell'internamento a Theresienstadt nel febbraio 1942. Tutte queste vicende ci sono restituite, nello stile semplice e immediato di una conversazione, dalla sua corrispondenza con Lilian, l'amica che accoglie Hanu in casa sua, e con pochi altri interlocutori. Ma della Weber ci sono miracolosamente giunte anche le poesie e le canzoni composte per i bambini del reparto medico pediatrico del campo di concentramento. Raccolte e seppellite in un capanno degli attrezzi prima del trasporto finale ad Auschwitz (avvenuto nell'ottobre 1944), sono state recuperate dal marito dopo la liberazione e riunite con altre ottenute direttamente dai sopravvissuti. Se lei non ebbe scampo, il suo ricordo si conservò infatti tenacemente...
La prima grande insurrezione contro il sistema sovietico dopo la fine della seconda guerra mondiale si consumò in Ungheria tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1956. Di quel lontano episodio sono noti pressoché tutti gli sviluppi: dalla scintilla accesa con le manifestazioni studentesche a Budapest alla prima repressione all'alba del giorno successivo, dai vacillanti governi guidati da Imre Nagy al "fraterno" intervento dell'Armata Rossa. Nei confronti di quella tragica vicenda il PCI (e l'industria editoriale a esso collegata) adottò un atteggiamento fermo e intransigente, salutando benevolmente la sanguinosa repressione messa in atto dai sovietici. Ma non si limitò a questo. In realtà avviò un'opera di capillare disinformazione - tacendo alcuni fatti, falsificandone o distorcendone altri - organizzata con la complicità di tutte le sue più autorevoli testate. Attingendo alle pagine de "l'Unità" e di periodici come "Rinascita", "Vie Nuove", "Nuovi argomenti", "Ragionamenti", "Realtà sovietica" e "Mondo Operaio" (rivista vicina al PSI), Alessandro Frigerio ricostruisce in questo libro la "macchina del fango" allestita a Botteghe Oscure, evidenziando non solo i dispositivi concettuali che la resero così efficiente ma anche il costante alimento fornito dal conformismo dottrinale di direttori, giornalisti e intellettuali di partito, pronti a mettere l'ideologia al servizio della delegittimazione della rivoluzione.