
ROMA, 510 A.C. Tarquinio il Superbo, salito al trono usurpando il potere di Servio Tullio, tiranneggia il popolo, asserragliato nella dimora regia. Ha intorno la perfi da Tullia, sua moglie, i fi gli e una corte di adulatori e delatori. Ogni assemblea popolare è stata soppressa e nella piazza pubblica del Foro, abbandonata, crescono le erbacce. Un uomo solo ha il coraggio di opporsi al tiranno: è Lucio Giunio Bruto, suo parente. È cresciuto alla corte del re, dopo che questi aveva sterminato la sua famiglia, e lui si era salvato fi ngendosi brutus, idiota. La scintilla che fa scattare la vendetta è lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto, fi glio debosciato del tiranno. Bruto estrae dal petto della matrona il pugnale con cui si è uccisa, per la vergogna di essere stata violata, e su di esso giura, con il marito, il suocero e un amico, di liberare i concittadini dal giogo del Superbo. Al racconto dello stupro, il popolo di Roma si rivolta, abolisce la monarchia, affi da il governo a due consoli e ristabilisce le assemblee popolari. La Repubblica viene così fondata sulla base di un principio fondamentale: la legge è uguale per tutti. È la fi ne di ogni privilegio. In queste pagine, Carandini riprende la saga dei Tarquini, tracciando un affresco storico che attraverso lo studio delle fonti ricostruisce eventi, passioni e idee di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, divenuto simbolo universale di libertà: monito valido anche nei nostri giorni, contro ogni aspirazione a un potere arbitrario o enorme.
Andrea Carandini è autore di importantissime scoperte archeologiche tra cui le mura del Palatino e il santuario di Vesta risalenti all’VIII secolo a. C., l’epoca di Romolo. Tra i suoi libri, il monumentale La nascita di Roma (Einaudi 1997, 2a 2003), Archeologia del mito (Einaudi 2002), Remo e Romolo (Einaudi 2006) Roma. Il primo giorno (Laterza 2007) e Archeologia classica (Einaudi 2009). Nel febbraio 2009 è stato nominato presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali.
Marx il profeta, lo "scienziato", il filosofo della prassi: che cosa resta, in questo primo scorcio di terzo millennio, del pensatore forse più discusso, temuto e influente degli ultimi centocinquant'anni? Con questa raccolta di articoli e studi, redatti nell'arco di quasi sessant'anni ma rielaborati per l'occasione, il principale storico marxista si pone alla testa di una tendenza che da qualche tempo, dopo l'eclissi degli anni Ottanta e Novanta, sta riportando a una rilettura radicale dell'autore del Capitale. Perfino i detrattori - soprattutto all'indomani della crisi finanziaria - hanno dovuto riconoscere la forza e la lucidità del suo pensiero. Non più imbalsamato da opposte ideologie, Marx può essere considerato per quello che è sempre stato: un grande pensatore, uno stilista esemplare, un pioniere. Con l'autorevolezza di un maestro della storiografia, Hobsbawm ricostruisce l'ambivalente epopea del marxismo, dai moti del 1848 alla caduta del muro di Berlino, dal Gramsci dei Quaderni, oggetto di un caloroso tributo, al crollo dell'Urss. Sedici saggi che indagano la genesi di opere fondamentali, dal Manifesto del partito comunista al Capitale, passando per gli ermetici Grundrisse; ne studiano, dati alla mano, la circolazione e la diffusione; interrogano la fortuna e le metamorfosi del pensiero marxista in alcuni momenti chiave, come l'Inghilterra tardo-vittoriana, l'Europa fascista, la Guerra fredda, il 1989, ponendo il problema di una scomoda eredità.
Le celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia hanno visto una partecipazione popolare al di là di ogni aspettativa; si è così mostrata la profondità delle radici del nostro stare insieme come nazione, come Italia unita. Le parole scolpite nella Costituzione per definire la Repubblica - "una e indivisibile" - hanno trovato un riscontro autentico in milioni di italiani. Secondo la Carta costituzionale, il Presidente della Repubblica "rappresenta l'unità nazionale". Giorgio Napolitano ha colto ogni occasione per dare risalto alle ragioni di dignità e di orgoglio nazionale che ci offre la storia del movimento di unificazione. Questo libro tocca gli aspetti salienti di quel processo: la sapiente architettura ideata da Cavour, lo slancio eroico suscitato da Garibaldi, la partecipazione della società meridionale alla costruzione dell'Italia unita, i legami del movimento per l'unità nazionale con le esperienze europee, l'azione unificante della lingua e della cultura. Napolitano non nasconde le zone d'ombra e le promesse non mantenute, in particolare lo squilibrio tra Nord e Sud e l'attuazione parziale di quell'autonomismo ben presente nelle visioni risorgimentali e infine nel dettato della Costituzione repubblicana. Ma proprio la consapevolezza delle durissime prove che l'Italia è stata costretta a superare per diventare un grande, moderno Paese europeo deve darci quella fiducia indispensabile per superare le ardue sfide che ci attendono.
Ezio Tarantelli cade sotto una raffica di mitra il 27 marzo del 1985 all'uscita della Sapienza di Roma, dove insegna. Le Brigate Rosse colpiscono così uno dei grandi artefici della riforma del lavoro, l'uomo simbolo della lotta all'inflazione, l'economista che ha osato mettere in discussione la scala mobile e il cui obiettivo fondamentale è stato, da sempre, uno: creare le condizioni per un mondo in cui nessuno debba più subire la disoccupazione. Questo libro è il viaggio del figlio Luca nella memoria del padre. Dopo venticinque anni di silenzio ha raccolto le forze e il coraggio per ricostruirne la vita, la personalità e il pensiero. Attraverso centinaia di testimonianze e decine di interviste, in gran parte inedite, Luca ci restituisce il ritratto di una delle figure più luminose degli Anni di piombo: un intellettuale libero, senza vincoli a partiti o istituzioni e mosso esclusivamente dall'incrollabile fiducia nelle proprie idee e dalla ricerca ostinata di soluzioni concrete alle sofferenze sociali. Un uomo che aveva sognato di ridisegnare il sistema delle relazioni industriali in nome della concertazione e del riconoscimento della dignità e dei diritti di tutte le parti. Le cui proposte, in anticipo di quasi vent'anni sul suo tempo e ancora attualissime, vennero tradite. Queste pagine ci offrono un potente scorcio degli anni Settanta e Ottanta come non ce li ricordiamo, un pezzo di storia rimossa dalla memoria collettiva... Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.
“Esco nella strada che brucia! Intorno a me, tutto è in fiamme. Il ghetto è un mare di fuoco. È spaventoso. Nessuno sa dove scappare. Il muro del ghetto è completamente circondato, nessuno può entrare o andar via. I vestiti ci bruciano addosso. Il fumo ci soffoca. Molti, quasi tutti, invocano Dio. Muto come una sfinge, Dio non risponde. E voi, popoli della Terra, perché tacete, non vedete che ci stanno uccidendo? Perché non dite niente?” Così termina il diario ritrovato di una giovane testimone di uno degli episodi più atroci della Seconda guerra mondiale: l’annientamento del ghetto di Varsavia.
È l’aprile del 1943 quando Himmler incarica il generale delle SS Jürgen Stroop di radere al suolo il quartiere e di sterminare i ribelli che pochi mesi prima avevano osato insorgere contro la furia nazista. La stessa sorte toccherà a tutti gli abitanti superstiti. Tra loro c’è un bambino che, immortalato con le mani alzate e il volto impaurito, diventerà l’immagine simbolo dell’Olocausto.
Ma chi è? Che ne è stato di lui? È riuscito a salvarsi? Per rispondere a queste domande, Dan Porat ricostruisce le vicende di quel giorno e della distruzione del ghetto di Varsavia. Lo fa ripercorrendo più di sessant’anni di storia in un libro che intreccia le vite di quel bambino, di una giovane ebrea attiva nella resistenza e di tre soldati SS; un libro in cui assieme alla narrazione viva e partecipata di quel dramma scorrono le fotografie selezionate da Stroop per documentare la “Grosse Aktion” nazista, e altre inedite scovate dall’autore in anni di ricerche: volti e gesti di uomini e donne comuni che il caso destinò a essere vittime o carnefici.
"Le famiglie uccidono i più deboli, di solito i bambini, e usano la carne per mangiare." Succedeva in Ucraina, una delle terre che assieme a Polonia, Bielorussia e Paesi baltici ha pagato il prezzo più alto alle sanguinose dittature del Ventesimo secolo. Tra il 1933 e il 1945 l'Europa orientale conobbe, oltre allo sterminio degli ebrei, il massacro sovietico dei contadini ucraini, quello dei prigionieri di guerra durante l'assedio nazista di Leningrado e innumerevoli altre atrocità. Dall'eccidio staliniano delle minoranze polacche all'invasione nazista della Russia, dal patto Molotov-Ribbentrop alla fine del conflitto, uno dei più brillanti studiosi americani scrive una pagina controversa della nostra storia, raccogliendo in un quadro comune i crimini nazisti e quelli sovietici che insanguinarono le terre tra Berlino e Mosca. E ai quattordici milioni di vittime civili, perlopiù donne e bambini, dedica oggi il tributo di un'analisi originale e meticolosa, appassionata e convincente. Che del nostro passato recente offre un ritratto nuovo, più preciso, più crudele.
Il bilancio di un secolo della nostra letteratura nelle pagine di uno dei maggiori critici del Novecento. Dal Futurismo all'Ermetismo, da Pascoli a Montale, Contini imbastisce un canone della cultura italiana più recente, annoverando al suo interno non solo poeti e narratori, ma anche scrittori di prosa scientifica, critica e politica, nonché i movimenti collettivi italiani e stranieri che hanno contribuito a tracciarne le rotte poetiche. Introduzione di Cesare Segre.
È il 1941. Theo Coster ha solo tredici anni quando, insieme a molti suoi coetanei, è costretto a lasciare l'istituto che frequenta per iscriversi a una scuola ebraica. Tra i suoi nuovi compagni di classe c'è una ragazzina intensa e intelligente, Anna Frank. Nessuno di loro ha scelto la nuova scuola, e la separazione dagli amici non ebrei è soltanto l'inizio. Mattina dopo mattina i banchi si svuotano, gli sguardi degli insegnanti si fanno più angosciati, il mondo fuori dalla classe più irto di pericoli, e le vite di quei ragazzi precipitano nell'incertezza, poi nel terrore. A quei giorni lontani, alle peripezie che seguirono, ma anche al valore di un'amicizia che resiste al tempo e ai lutti rendono omaggio, con questo libro, Theo Coster e gli altri compagni sopravvissuti dello Joods Lyceum. Settant'anni dopo tornano ad Amsterdam per ripercorrere i momenti salienti della loro adolescenza insieme ad Anna, visitano la sede della loro scuola, la casa di lei e l'ormai tristemente famoso rifugio sul retro. Rievocano i bombardamenti, le persecuzioni, la liberazione. Alcuni, come Theo, si sono salvat; grazie a un'anomalia nei documenti dell'anagrafe; altri perché non hanno mai smesso di nascondersi, scappando di città in città per tutta l'Europa; altri ancora sono usciti vivi dai campi di concentramento. "I nostri giorni con Anna" è la storia di un legame ritrovato, il racconto di un viaggio alla riscoperta del tempo perduto, la testimonianza di un passato che non si può dimenticare.
Milano raccontata al centro della propria storia e del proprio sviluppo, dalle fondamenta antiche alla città di sant'Ambrogio, dalla capitale del ducato dei Visconti e degli Sforza fino alla stagione dell'Unità, della grande borghesia e del decollo economico. Un evocativo percorso lungo i secoli del capoluogo lombardo, attraverso i segni che il tempo ha depositato nel suo tessuto urbano. Il Castello Sforzesco, il Duomo, la Ca' Granda, il Teatro alla Scala, le università, le case editrici, le banche: i simboli delle diverse vocazioni di una metropoli che ha fatto della condivisione e dell'assimilazione i tratti distintivi della propria identità. Alcuni fra i più qualificati esperti di storia milanese ci guidano in un viaggio lungo le stagioni di una città dalla grande anima, alla scoperta di un patrimonio di idee sostenuto da una "acuta responsabilità civile e da una tenace e operosa fede religiosa", in dialogo tra loro: un codice genetico che ha permesso a Milano di ricoprire per molti anni il ruolo di guida del nostro Paese, un patrimonio umano a cui attingere per ritrovare un autentico senso di appartenenza e di cittadinanza. Prefazione di Lorenzo Ornaghi.
La sera del 6 settembre 1860, all'avvicinarsi delle truppe garibaldine, il re Francesco II di Borbone lascia Napoli con la sua corte e si stabilisce nella roccaforte di Gaeta, facendone la sua capitale. Dopo l'incontro di Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, manca solo Gaeta per completare l'annessione del Sud a quello che sta per diventare il regno d'Italia. Così il 5 novembre le truppe piemontesi, guidate dal generale Cialdini, stringono d'assedio la città. È un attacco brutale, che porta alla morte di migliaia e migliaia di militari e civili a causa delle cannonate e dell'epidemia di tifo scoppiata per le precarie condizioni igieniche. Gigi Di Fiore lo ricostruisce sulla base di documenti e testimonianze inedite, e mette in risalto le contraddizioni (e le sopraffazioni) su cui si fonda la nostra unità nazionale.
In questo libro Gigi Di Fiore racconta la liberazione del Sud Italia mostrandone il volto meno glorioso e più truce, dimenticato nei resoconti oleografici, non solo ufficiali, degli Alleati salvatori. Pensiamo ai paesi della Ciociaria, prima vessati dai tedeschi, poi bombardati dagli americani e infine liberati dai soldati marocchini del contingente francese: proprio per il coraggio dimostrato nello sfondare la linea Gustav, i marocchini ebbero in premio tre giorni di impunità, usati per saccheggiare le case e stuprare donne, uomini e ragazzi. A questa terra e ai suoi abitanti Gigi Di Fiore dedica il suo nuovo libro: una contro storia della risalita degli Alleati dopo lo sbarco in Sicilia che ha segnato l'intera storia dell'Italia meridionale.
Quando Wilma Montesi viene trovata morta a Torvajanica la Questura di Roma tenta di archiviare il caso in tutta fretta come "morte accidentale". Ma lo scandalo scoppia lo stesso, e si espande fino a lambire la politica: tra i presunti colpevoli c'è infatti Piero Piccioni, figlio di Attilio, erede designato di De Gasperi. Il processo infiamma la stampa e dalle gallerie di Via Margutta ai locali di Via Veneto, tra nobili, attori, paparazzi e avventuriere si moltiplicano mezze testimonianze e "sensazionali rivelazioni". Con il piglio narrativo di un romanziere, o di un regista, Stephen Gundle ricostruisce il caso e i suoi colpi di scena sullo sfondo dell'Italia della Dolce vita: una storia ancora viva nella memoria nazionale, come una sinistra avvisaglia di molti mali a venire.

