
Figlio del re dei Goti Teodemiro, Teoderico (454 ca. - 526) fu il primo re barbaro a regnare in Italia dopo la fine dell'impero romano, il primo a sperimentare nuovi assetti istituzionali e forme di convivenza fra barbari e romani. Questo profilo ne delinea una biografia complessiva, illustrandone lo stile di governo, per quanto riguarda l'amministrazione, la politica estera, i rapporti con il papato. Oggetto di miti e leggende per secoli, assicurò un lungo periodo di pace e stabilità alla penisola.
Il volume è al tempo stesso un lavoro scientifico - come dimostrano gli indici esaurienti - e il frutto di un'operazione culturale più vasta. Infatti le leggi longobarde non rappresentano solo un arido elenco di norme giuridiche, come potrebbe pensare chi non si è mai accostato ad esse, bensì costituiscono un mezzo per entrare nei meccanismi sociali, economici e culturali dell'età longobarda, sono, cioè, un'autentica fonte storica e non un astratto compendio di leggi; il loro stesso carattere, così poco formalizzato, ci consente di collegarci in modo più immediato alla realtà di quel lontano periodo.
Quando l'allora presidente americano Barack Obama si recò in visita al Cairo nel 2009, nel pronunciare un discorso rivolto ai musulmani di tutto il mondo replicò un errore compiuto da un'infinità di politici prima di lui: dare per scontata l'esistenza di un'unica comunità musulmana globale. Tuttavia, come Cemil Aydin dimostra in quest'originale ricostruzione, ritenere che un miliardo e mezzo di musulmani costituisca un'unica entità politico-religiosa comporta un grave fraintendimento storico. Come nacque questa convinzione e perché è così diffusa? "L'idea di mondo musulmano" individua le origini intellettuali di una nozione errata e ne spiega la persistente fascinazione esercitata sia sui musulmani sia sui non musulmani. Concepita come antitesi alla civiltà cristiana occidentale, l'idea di mondo musulmano comparve verso la fine del XIX secolo, allorché gli imperi europei dominavano su gran parte di quelle popolazioni. Fin dall'inizio alla sua base vi furono le teorie della supremazia bianca, ma gli stessi musulmani contribuirono alla sua definizione. Aydin evidenzia il ruolo giocato dagli intellettuali musulmani nell'immaginare e delineare una società panislamica idealizzata, che confutasse le tesi dell'inferiorità razziale e di civiltà rispetto all'Occidente. Dopo aver svolto un ruolo fondamentale nella politica del Califfato ottomano, questa concezione sopravvisse alla decolonizzazione e alla Guerra Fredda, acquisendo un rinnovato vigore alla fine del XX secolo. L'idea di mondo musulmano, centrale sia per le ideologie islamofobe sia per quelle panislamiche, continua a stringere l'immaginario globale in una morsa che sarà necessario allentare, al fine di avviare un confronto più proficuo riguardo alla politica del mondo e delle società contemporanee.
Come lavoravano gli impiegati e gli operai tedeschi, gli avvocati e i medici, durante il regime nazista? Si posero mai il problema di conservare (dinanzi a sé stessi e agli altri, in lettere private o in documenti pubblici) una propria dignità? Tra il fanatismo e l'opposizione, praticati da un numero di tedeschi comunque contenuto in termini assoluti, come vivevano ogni giorno i milioni di tedeschi che componevano la società civile? La loro può definirsi una complicità o era una convivenza tanto silenziosa quanto consapevole?
«La storia dell'Iran è piena di violenza e di drammi: invasioni, conquistatori, battaglie e rivoluzioni. Poiché l'Iran ha una storia piú lunga della maggior parte degli altri paesi, ed è piú grande di molti di essi, questa drammaticità è maggiore. Ma la storia dell'Iran è molto di piú: ci sono religioni, influssi, movimenti intellettuali e idee che hanno cambiato le cose all'interno dell'Iran, ma anche al di fuori di esso, e nel mondo intero. Oggi l'Iran attira ancora l'attenzione, e la nuova situazione suscita molte domande: l'Iran è un aggressore o una vittima? L'Iran è tradizionalmente espansionista o passivo e sulla difensiva? Lo sciismo iraniano è quietista, o violento, rivoluzionario, millenarista? Solo la storia può dare risposte a queste domande. Quella iraniana è una delle piú antiche civiltà del mondo, e sin dall'inizio è stata tra le piú profonde e complesse. Ci sono aspetti della civiltà iraniana che, in un modo o nell'altro, hanno influenzato quasi ogni essere umano nel mondo. Ma spesso non si sa o si è dimenticato come questo sia avvenuto, e si ignora il pieno significato di questi influssi».
In un momento in cui l'Iran è tornato a essere oggetto di attenzione politica da parte di tutto il mondo, questo libro costituisce una guida ideale per comprendere un paese di enorme complessità.
Nel 1944 Denis Avey, un soldato britannico che stava combattendo nel Nord Africa, viene catturato dai tedeschi e spedito in un campo di lavoro per prigionieri. Durante il giorno si trova a lavorare insieme ai detenuti del campo vicino chiamato Auschwitz. Inorridito dai racconti che ascolta, Denis è determinato a scoprire qualcosa in più. Così trova il modo di fare uno scambio di persone: consegna la sua uniforme inglese a un prigioniero di Auschwitz e si fa passare per lui. Uno scambio che significa nuova vita per il prigioniero mentre per Denis segna l'ingresso nell'orrore, ma gli concede anche la possibilità di raccogliere testimonianze su ciò che accade nel lager. Quando milioni di persone avrebbero dato qualsiasi cosa per uscirne, lui, coraggiosamente, vi fece ingresso, per testimoniare un giorno la verità. La storia è stata resa pubblica per la prima volta da un giornalista della BBC, Rob Broomby, nel novembre 2009. Grazie a lui Denis ha potuto incontrare la sorella del giovane ebreo che salvò dal campo. Nel marzo del 2010, con una cerimonia presso la residenza del Primo ministro del Regno Unito, è stato insignito della medaglia come "eroe dell'Olocausto".
La rivendicazione della Resistenza antifascista si è ridotta per decenni al dibattito politico sulla guerra partigiana. Negli ultimi anni registriamo il recupero di una dimensione più ampia. Contiamo la resistenza contro i tedeschi delle forze armate all'8 settembre. Poi la guerra partigiana e la deportazione politica e razziale nei lager di morte. La partecipazione delle forze armate nazionali alla campagna anglo-americana in Italia. E infine la resistenza degli Imi nei lager tedeschi: le centinaia di migliaia di militari che invece della guerra nazifascista scelsero e pagarono la fedeltà alle stellette della patria. Le stellette a cinque punte sul bavero della divisa (piccoli pezzi di metallo povero o un quadratino di stoffa) sono il simbolo tradizionale dei militari italiani. La fedeltà alle stellette fu la motivazione più comune e diretta della grande maggioranza dei 650000 militari italiani che preferirono la prigionia nei lager tedeschi al passaggio dalla parte nazifascista. Questi 650000 prigionieri erano degli sconfitti che avevano vissuto il fallimento del regime fascista, la misera fine delle guerre di Mussolini, lo sfacelo delle forze armate all'8 settembre. Tutti avevano ragione di sentirsi traditi dal re e da Badoglio, che li avevano abbandonati senza ordini agli attacchi tedeschi. Ciò nonostante, una grande maggioranza di questa massa di sbandati preferì la fedeltà alle stellette e la prigionia nei lager. (Dalla prefazione di Giorgio Rochat)