
Durante i ventitré anni (138-161 d.C.) del principato di Antonino Pio, l'impero romano raggiunge il suo punto più alto di sviluppo e unità. Antonino è assai lontano dal predecessore e padre adottivo, il "sorprendente, intemperante, inquietante e geniale Adriano". Il nuovo imperatore ha lo stile semplice di un gentleman farmer di orientamento stoico: ama pescare, cacciare, passeggiare e conversare con gli amici; gusta i banchetti, gli istrioni e la letteratura. Eppure, senza muoversi mai da Roma e dall'Italia, sa reggere l'immenso territorio con saggezza, energia e tolleranza. Secondo il progetto di successione architettato da Adriano, il principato passa da Antonino al figlio adottivo prediletto, Marco Aurelio. A lui toccherà fronteggiare un mondo assediato dalle pestilenze, dai barbari e dalla nuova, incomprensibile, religione cristiana. È stato un bambino pensoso e debole nel fisico. Ma ha avuto i migliori precettori, è cresciuto accanto ad Antonino, suo primo maestro, e da lui ha imparato a governare con equità e rigore. Al momento dell'ascesa al potere è ormai un uomo maturo: lo straordinario filosofo e scrittore che ancora affascina i moderni lettori. Nel racconto di Andrea Carandini, in contrasto con le figure austere dei due imperatori stoici si muovono due personaggi: il retore, banchiere e filosofo sofista Erode Attico, personificazione dei vizi e dei lussi tipici dell'Oriente e il gaudente Lucio Vero, amico ed emulo dei sofisti, che per alcuni anni condivide il principato con Marco Aurelio in un conflitto politico e culturale celato ma sempre più accentuato. Le donne della casata imperiale, Faustina maggiore e Faustina minore, sono le presenze discrete ma fondamentali che, attraverso il matrimonio, consentono la trasmissione dell'Impero. Ma per Carandini i luoghi, i templi, i teatri, le fontane, gli acquedotti, le terme, i ninfei, le colonne, le ville, i palazzi, i ritratti e le monete non sono meno importanti degli uomini, delle donne e delle loro azioni per cogliere il senso di un'epoca. Dal centro di Roma ai più remoti avamposti di Asia e di Africa, i contesti e i monumenti sono qui descritti alla luce delle scoperte più innovative e ricostruiti con l'aiuto di minuziosi grafici e figure. Così, quel momento luminoso della società romana del II secolo ci appare davanti agli occhi come una lontana forma di vita che, confrontata con l'oggi, mostra la forza del tempo nello sviluppare e degradare le civiltà.
La casa di Augusto è stata a lungo un labirinto inestricabile. La complessità della stratificazione, per molto tempo fraintesa, rendeva impossibile ricostruirne le vicende. Oggi quella storia possiamo finalmente raccontarla. I dati raccolti durante gli scavi e la riflessione su di essi restituiscono in presa diretta l'attività di Augusto nella sua casa, risultato di pentimenti, abbandoni, variazioni e graduali perfezionamenti, specchio della sua ideologia politica e religiosa: prima della conquista del potere e con l'impero. Ma la casa di Augusto nasconde altre sorprese. La prima: dove si trovano la grotta e il recinto sacro di Fauno Luperco, mitico protettore della fertilità, dove avvenne l'epifania di Remo e Romolo ai pastori? Ai piedi e poi sotto la casa di Augusto, secondo l'autore: il principe imperatore avrebbe voluto appropriarsi fisicamente delle memorie della fondazione della città, collegando il suo palazzo al luogo della salvazione dei gemelli. La seconda: dove e quando è stato celebrato per la prima volta il Natale? La risposta è ancora una volta: nel palazzo di Augusto, abitato probabilmente da Anastasia, sorella di Costantino, cui si deve la chiesa originaria che portava il suo nome, prima che venisse oscurata dalla omonima santa.
"Vorrei prendere per mano il lettore e farlo scendere per circa dodici metri nel sottosuolo di Roma - lì dove un tempo, su macerie e immondizie, crescevano gli abitati - e risalire per oltre ventisette secoli alla ricerca del primo giorno della città: il 21 aprile di un anno intorno al 750 a.C. Ma cosa nasceva quel giorno? Cosa ne è seguito di importante nei millenni, per noi e per la storia del mondo? Nelle iscrizioni calendariali romane si legge: "Roma condita", fondata. Poco importa l'anno preciso, se il 750 a.C. o, come sostenevano gli storici romani, tra il 758 e il 728 a.C. Conta piuttosto che Roma sia nata, come città e come Stato, tra il 775 e il 675 a.C., nel secolo cui la tradizione attribuisce i regni di tre re fondatori: il violento Romolo, l'anemico Numa Pompilio e Tullo Ostilio. La leggenda di Roma, narrata dagli storici e ricordata per dettagli dagli eruditi antichi, è una grande congerie di temi mitici e di avvenimenti presunti, che occorre scavare stratigraficamente. Come in tutti i miti del mondo, anche in questo si racconta l'origine di qualcosa che emerge dal nulla; così facendo, la leggenda esprime a un tempo una verità e una falsità. La fondazione di Roma è senz'altro un inizio epocale, che ha tuttavia altri importanti inizi alle sue spalle, per cui non nasce dal niente e il mito, più che sublimare, oscura la realtà precedente."
Dove si trovano la grotta e il recinto sacro di Fauno Luperco, mitico protettore della fertilità, in cui avvenne l'epifania di Remo e Romolo? Dove e quando è stato inventato il Natale?
In entrambi i casi la risposta è una: nel palazzo di Augusto.
Andrea Carandini, uno dei più noti archeologi italiani, finalmente districa la complessa trama della storia della dimora augustea e lancia un'ipotesi. Il principe, novello Romolo, si sarebbe appropriato delle memorie della fondazione della città inglobando il Lupercale nella sua reggia, già progettata a due passi dalla capanna del fondatore. Proprio sopra all'ipotetico ingresso al Lupercale sarebbe sorta la chiesa di Anastasia, sorella di Costantino, dove per la prima volta fu celebrata la festa del Natale, l'epifania di Cristo. Nel racconto di un solo luogo, epicentro del mondo romano, riaffiorano più di mille anni di storia pagana e cristiana.
"Ho deciso, ormai molto tempo fa, di studiare le origini di Roma, di ripartire dalla leggenda e di analizzare le sue moderne interpretazioni, alla luce della mia formazione particolare, io sono un archeologo, cioè uno storico che si avvale prima di tutto delle cose fatte dall'uomo e di ciò che di esse è rimasto nel terreno. Ho avuto la fortuna di scavare per tanti anni nei luoghi citati dalla leggenda, dove Roma sarebbe stata fondata e dove avrebbero vissuto i primi re. Ho raccolto in questi scavi tante testimonianze materiali, esterne alla tradizione letteraria, eppure risalenti a quei tempi lontani e che richiamano gli eventi e le azioni di quei leggendari personaggi. Ecco perché non credo che la leggenda sulle origini di Roma sia una favola. Credo piuttosto che sia una tradizione in cui verità e finzione sono entrambe presenti, ma intimamente mescolate. Distinguere e separare l'una dall'altra provando a risalire a quanto effettivamente accadde nei primi tempi della città è un compito difficile, un percorso pieno di ostacoli, in cui capiterà di pescare dalla memoria letteraria degli antichi, ma anche di scendere sotto terra, attingendo dalla memoria accumulata nel terreno, sotto i nostri piedi di moderni romani." (Andrea Carandini)
L'universo di Roma antica sfugge a una decifrazione immediata. Il patrimonio sterminato di architetture, sculture, pitture e arti minori è letto spesso come un insieme di capolavori isolati, mirabilia estrapolati da ogni contesto. Andrea Carandini - uno dei massimi archeologi contemporanei, artefice di quello straordinario tour de force erudito e intellettuale che è "L'Atlante di Roma antica" - tenta in questo libro un esperimento singolare: consegnarci una lettura organica dell'Urbe durante un periodo capitale della sua storia, quello dell'ascesa al potere e del lunghissimo principato di Ottaviano Augusto, attraverso il racconto di 100 monumenti giunti come rovine fino a noi. Edifici amministrativi, luoghi di culto, infrastrutture, costruzioni commerciali, spazi per lo spettacolo, monumenti onorari, abitazioni private e aree funerarie - l'intero programma urbano del princeps - sono illustrati da immagini e testi illuminanti che formano una guida della Roma augustea tra il 44 a.C. e il 14 d.C. Centro simbolico, oltre che fisico, di questo itinerario è la domus Augusti, lo straordinario complesso architettonico palatino e primo "palazzo" da cui il principe governava il mondo. Idee, fantasie, forme artistiche e azioni politiche sono, per Carandini, inseparabili dal luogo in cui sono state concepite e attuate. È cosi che dalla descrizione minuziosa della prima residenza imperiale emerge prodigiosamente un inedito ritratto del suo inventore e abitante.
Le origini di Roma si perdono nella mitistoria della sua fondazione e della guerra combattuta da Romolo re dei Romani contro Tito Tazio re dei Sabini. Sull’Urbe vigilava la divinità civica custode della città: Giove, che Romolo aveva invocato durante la battaglia e che lo aveva soccorso nella difesa di una porta delle mura cittadine. Respinti i Sabini, Romolo istituisce un nuovo culto al Dio chiamato Statore perché in quel punto aveva fermato la ritirata dei Romani.Come spiega Andrea Carandini, il cuore di Roma è composto da un’infinità di dettagli intricati. Mutevole come la corrente del Tevere che l’attraversa, Roma ha ripetutamente cambiato volto, forma e materia: la città di età regia, conservata negli strati più profondi; quella di età repubblicana e quella ormai di marmo di Augusto e dei suoi primi successori. Questa Roma era destinata tuttavia a perire in gran parte al tempo dell’incendio del 64 d.C. e a diventare una città nuova, il cui centro assomigliava ormai a quello di una città ellenistica come Alessandria in Egitto, con uno scacchiere urbano regolare e monumentale, dominato dall’immane reggia di quell’anti-Cristo sotto il quale sono stati martirizzati Pietro e Paolo: Nerone.
"Ho deciso, ormai molto tempo fa, di studiare le origini di Roma, di ripartire dalla leggenda e di analizzare le sue moderne interpretazioni, alla luce della mia formazione particolare, io sono un archeologo, cioè uno storico che si avvale prima di tutto delle cose fatte dall'uomo e di ciò che di esse è rimasto nel terreno. Ho avuto la fortuna di scavare per tanti anni nei luoghi citati dalla leggenda, dove Roma sarebbe stata fondata e dove avrebbero vissuto i primi re. Ho raccolto in questi scavi tante testimonianze materiali, esterne alla tradizione letteraria, eppure risalenti a quei tempi lontani e che richiamano gli eventi e le azioni di quei leggendari personaggi. Ecco perché non credo che la leggenda sulle origini di Roma sia una favola. Credo piuttosto che sia una tradizione in cui verità e finzione sono entrambe presenti, ma intimamente mescolate. Distinguere e separare l'una dall'altra provando a risalire a quanto effettivamente accadde nei primi tempi della città è un compito difficile, un percorso pieno di ostacoli, in cui capiterà di pescare dalla memoria letteraria degli antichi, ma anche di scendere sotto terra, attingendo dalla memoria accumulata nel terreno, sotto i nostri piedi di moderni romani." (Andrea Carandini)
Il mistero di Pietro, pescatore, primo apostolo, pietra angolare della Chiesa cristiana: un uomo mite, illetterato, di umana debolezza, eppure, alla morte di Gesù, capace di prendere le redini di una comunità che individuerà nel suo magistero la più alta carica, quella di pontefice. Un uomo la cui biografia è costellata di momenti oscuri: chi era realmente Pietro? L'archeologia offre notevoli contributi alla ricostruzione di una storia cominciata a Cafarnao, fra gli imperi di Augusto e Nerone, e non ancora terminata: dall'ampia casa di Pietro in Galilea, dove Gesù fu ospitato, fino alla sua tomba, rinvenuta sotto l'altare maggiore della basilica di San Pietro, mai adeguatamente analizzata e valorizzata, e coincidente con il "trofeo di Pietro" descritto dal presbitero Gaio.
In una striscia di terra, tra il Palatino e il colle Oppio, a ridosso del Foro, l'aristocrazia prende dimora. È questa la parte prestigiosa di Roma, ricca di storia, vicina ai luoghi istituzionali e tuttavia appartata, ben frequentata e piena di bei salotti e di mercati di lusso. Andrea Carandini entra nelle case del potere, nei grandi atri per il ricevimento, nei peristili alla greca affollati di opere d'arte, negli stretti cubicoli con pitture a trompe l'oeil e nelle sale da pranzo con pavimenti a intarsi di marmi colorati. E di questo cuore di Roma descrive le consuetudini e le stranezze nell'epoca di passaggio tra la tarda Repubblica e Nerone, quando la casa diventa luogo di incontri e attività politica, simbolo dello status sociale ed economico, manifestazione della personalità carismatica del proprietario, specchio nitido della sua ambizione e talvolta del suo delirio.
Il più importante archeologo italiano racconta il rito del fuoco pubblico che ha coronato la fondazione di Roma.
A Roma la dea del fuoco pubblico era Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell’VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate per almeno trent’anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica.
Andrea Carandini e la sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare la radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato.
Raccontare la storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è la ragione del libro. Non sarà più possibile una storia di Roma che ignori le scoperte di questo scavo condotto alla pendice settentrionale del Palatino.
A Roma la dea del fuoco pubblico era Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate per almeno trent'anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica. Andrea Carandini e la sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare la radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato. Raccontare la storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è la ragione del libro.