
Una trattazione completa ed esauriente della nascita e della decadenza di uno degli eserciti più efficienti della storia militare mondiale: l'esercito romano. Dalla milizia cittadina a quella professionale, dalla devozione agli imperatores all'esercito proletarizzato, sullo sfondo delle grandi battaglie e dei rivolgimenti politici, seguiamo le vicende delle forze armate di Roma antica fino all'imbarbarimento dell'Impero. Molto utili le numerose schede su argomenti specifici nonché il ricco corredo iconografico.
La personale esperienza carceraria di Massimo Mila è consegnata in queste lettere alla madre, nel riuscito tentativo di creare un ponte tra il dentro e il fuori: una sorta di zattera su cui si carica tutto il fardello accumulato nelle lunghe ore di inazione. Più di altri compagni di carcere (Foa, Bauer, Rossi, Giua), l'universo che le lettere di Mila dischiudono è privato, personale, poco incline a occuparsi delle cose del mondo: specchio del carattere di un uomo che "è abituato a vivere molto di più di ciò che ha dentro di sé, che di quanto è al di fuori", e che quindi "non è così sensibile ai mutamenti esteriori della vita come lo è chi è abituato a stimare sopra tutto i beni esterni".
La vita di Massimo Mila bruciò di passiono, non solo per la musica, ma anche per l'impegno civile e politico. E per la scrittura, che ripercorre tappe della storia personale e della storia dell'Italia del Novecento. Quella di Mila è una narrazione in prima persona mediata dal ricordo dei maestri, degli amici, dei compagni di strada: Ernesto Rossi, Riccardo Bauer, Augusto Monti, Leone Ginzburg... Gli anni liceali a Torino, la facoltà di Lettere, la clandestinità, il carcere, il confino, la lotta partigiana - "un'esperienza pittoresca e messicana" - sono raccontati in pagine in cui il valore letterario non è minore di quello civile. Sono esperienze che rilette insieme, articolo dopo articolo, quasi si riaccendono, prendono fuoco le une dalle altre, simili ai paesi del fondovalle alpino il giorno del 25 aprile 1945 che bruciavano, scrive Mila, "come tanti fiammiferi ravvicinati". Poi, nel dopoguerra, gli interventi polemici contro l'invadenza clericale, il rifiuto del totalitarismo sovietico e la critica concorde-discorde al Partito comunista italiano. Fino alla polemica esplicita e radicale con Togliatti su Zdanov e sul realismo socialista. Tutta l'opera di Massimo Mila è sotto il segno della libertà, solo così si spiega l'"allegria carceraria" sua e dei suoi compagni. "Avevamo" scrive Mila "l'intima certezza di essere i soli uomini liberi in Italia".
Lo scoppio della Rivoluzione d’ottobre del 1917 segna l’inizio dell’eliminazione del cristianesimo nel territorio dell’ex Unione sovietica. Il volume presenta la “Via Crucis” che la Chiesa cattolica, di ambedue i riti, attraversò a partire da quella data, in maniera cronologica e tematica, secondo queste parti:
“Dalla Rivoluzione d’ottobre alla Seconda guerra mondiale 1917-1939”;
“I territori occupati dall’Urss e dalla Germania 1939-1945”;
“La Chiesa cattolica in Unione Sovietica 1945-1991”;
“La testimonianza dei cattolici nella vita quotidiana”;
“La Chiesa romano-cattolica nelle Repubbliche sovietiche occidentali 1945-1991”.
La grande moltitudine dei sacerdoti perseguitati dai regimi totalitari (ma anche dei religiosi e delle religiose, di uomini, donne e famiglie cristiane) viene ricordata nei testi del prof. Roman Dzwonkowski sac, del prof. don Tadeusz Krahel, e da molti altri autori, alcuni dei quali presenti in questo libro.
Nei paesi dell’ex URSS, le singole chiese locali conservano nei loro archivi il materiale analitico relativo ai tempi del governo sovietico e dell’occupazione nazifascista. Ogni pubblicazione relativa ai tempi così difficili come quelli dell’ateismo militante e delle persecuzioni della Chiesa da parte dei fascisti è importante e preziosa (Dalla prefazione dell’Arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, Metropolita di Minsk e Mahileu).
Il volume è il quarto in ordine di uscita nella Collana “Storia della Chiesa in Europa centro-orientale” curata dal prof. Jan Mikrut, dell’Università Gregoriana.
L'opera svolge un'analisi del processo di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dalla nascita alla dissoluzione, e al rapporto con il mondo della religione; tutto ciò, chiaramente, non in maniera generalista, ma precisamente tenendo conto del pontificato di Giovanni Paolo II, del suo rapporto con le Chiese dei Paesi sovietici, e del suo personale aiuto per la loro sopravvivenza. Il tema è approfondito con professionalità e serietà scientifica in più di quaranta contributi contenuti nel volume: sono stati redatti da autori che, nella maggior parte dei casi, appartengono alle aree linguistiche interessate e che quindi hanno potuto compiere le loro ricerche in lingua originale; per facilitarne l'accesso anche al pubblico italiano, vengono proposte per la prima volta con traduzione. Anche nei casi in cui gli autori, invece, siano estranei alla materia studiata e al suo contesto culturale, la ricerca è stata condotta con la maggior cura possibile per mantenere comunque un alto livello scientifico.
L'idea di uno spazio europeo con un'identità propria fa parte ormai del discorso quotidiano, nella misura in cui procede e diventa tangibile l'integrazione economica e politica del continente. Ma l'idea di Europa ha una vita più che millenaria, e l'Europa ha gradatamente tracciato i propri confini e definito la propria identità differenziandosi da quanto le stava intorno. Il volume di Mikkeli da un lato ripercorre dunque questa storia; dall'altro ricapitola quegli aspetti che maggiormente hanno contribuito a foggiare l'identità europea: la contrapposizione con i barbari e il rapporto con l'altro d'oltreoceano, l'incerto confine orientale, la Mitteleuropa, infine gli aspetti culturali, politici, religiosi.
Quest'opera nasce per raccontare con rigore scientifico una storia lunga cinque secoli ma rapidamente dimenticata subito dopo l'indipendenza politica dell'Angola, nel 1975. In particolare, gli intrecci fra potere politico dei portoghesi conquistatori e potere temporale del Papato nella seconda metà del '400. Il colonialismo è stato un tremendo capitolo, sepolto dalla coscienza occidentale con tale rapidità che oggi si rischia di riprodurne le conseguenze peggiori e forse lo stato in cui versano gran parte dell'Africa e dell'America Latina ne è uno degli effetti. Si tratta, inoltre, a quanto risulta, del primo testo di questo particolare periodo della storia dell'Angola scritto direttamente da un Angolano.
L’opera storica di Cassio Dione è di rilevante importanza per lo studio del II secolo d.C., poiché, nel naufragio della maggior parte degli autori antichi, conserva una certa continuità narrativa, coprendo il periodo del principato di Nerva fino alla dinastia degli Antonini. Tuttavia anche la «Storia Romana» non è completa, tràdita attraverso epitomi bizantine o attraverso gli «Excerpta» contenuti in florilegi, come la raccolta di Costantino Porfirogenito. Il confronto del testo dioneo con la ricca documentazione epigrafica, archeologica, papirologica e numismatica permette una più approfondita e corretta conoscenza della «Storia Romana» e delle tendenze storiografiche di Cassio Dione, oltre a una più ampia valutazione del secolo degli Antonini.
Guido Migliorati lavora presso l’Università Cattolica di Brescia. Ha pubblicato: Il Brutus di Accio e l’opposizione ai Gracchi, «CISA», 26, Vita e Pensiero, Milano 2000; L’idea di guerra nella propaganda di Traiano, «CISA», 27, Vita e Pensiero, Milano 2001; Volterra da Silla a Rullo, «Aevum», 2001; A proposito di L. Catilio Severo, legatus Augusti di Siria, «Epigraphica», 2002; Forme politiche e tipi di governo nella Roma etrusca del VI sec. a.C. , «Historia», 2003.
Abitudini o divieti formali per secoli tennero lontana la donna medievale dalla scrittura. Questo libro di Luisa Miglio investiga attraverso un metodico lavoro di riconoscimento e di studio le occasioni e le situazioni di scrittura femminile tra il medioevo e la prima età moderna. Il possesso dell'alfabeto era per una fiorentina del Quattrocento una virtù o un accessorio biasimevole? In quali strati della società era più facile l'accesso alla scrittura? Mondo laico e mondo religioso mostravano differenze di comportamento? L'autrice attraverso l'analisi delle tracce materiali nei documenti d'archivio - scopre quali furono le motivazioni che indussero alcune donne a prendere in mano la penna: annullare lontananze, dare corpo al proprio immaginario e alla propria memoria, guadagnarsi da vivere, sopperire alla mancanza di scriventi maschi, infrangere il monopolio maschile della scrittura.
Nel giro di pochissimi anni, dal 1945 al 1948, l'Italia cambia volto: con la fine dell'occupazione tedesca e il ritorno alla democrazia, dopo aver fatto la resistenza, i partiti antifascisti sono chiamati a rifare l'Italia, a ridisegnarne le istituzioni, a ricostruirne le basi economiche. Dalla Liberazione alla Costituente, dalla definitiva sconfitta del fascismo alla ricostruzione. Sono gli anni di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, di Pietro Nenni e Benedetto Croce. Sono gli anni del decisivo referendum istituzionale in cui bisogna scegliere tra monarchia e repubblica, in un voto tesissimo che la corona perde per un soffio, lasciando in eredità al nuovo sistema un paese profondamente diviso.
In un Paese lacerato da divisioni che paiono insanabili, l'uso della memoria è utensile prezioso e strumento di potere. Paolo Mieli imbastisce una trama di storie, grandi e piccole, che dal lontano passato si intrecciano con le contraddizioni e gli inganni della recente storia d'Italia: ricostruzioni inconciliabilmente diverse di eventi, falsi storici, revisioni e riscritture. Alla ricerca di una risposta alle questioni più urgenti della nostra vita pubblica: come si esce dalla paralisi di una memoria divisa? Quali inganni si possono nascondere nelle riconciliazioni? È possibile, o utile, o auspicabile, dimenticare?