
Da cent'anni la disfatta di Caporetto suscita le stesse domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l'esercito italiano si rivelò all'improvviso così fragile? L'Italia era ancora in parte un paese arretrato e contadino e i limiti dell'esercito erano quelli della nazione. La distanza sociale tra i soldati e gli ufficiali era enorme: si preferiva affidare il comando dei reparti a ragazzi borghesi di diciannove anni, piuttosto che promuovere i sergenti - contadini o operai - che avevano imparato il mestiere sul campo. Era un esercito in cui nessuno voleva prendersi delle responsabilità, e in cui si aveva paura dell'iniziativa individuale, tanto che la notte del 24 ottobre 1917, con i telefoni interrotti dal bombardamento nemico, molti comandanti di artiglieria non osarono aprire il fuoco senza ordini. Un paese retto da una classe dirigente di parolai aveva prodotto generali capaci di emanare circolari in cui esortavano i soldati a battersi fino alla morte, credendo di aver risolto così tutti i problemi. In questo libro Alessandro Barbero ci offre una nuova ricostruzione della battaglia e il racconto appassionante di un fatto storico che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione.
L'amministrazione sabauda è all'origine di quella dell'Italia unita. Ma come nacque, nel tardo Medioevo, quell'apparato amministrativo? Il ducato di Savoia era una realtà multiforme e contraddittoria, composta da un versante francese e uno italiano, profondamente diversi per lingua e cultura: un vero laboratorio per quello sforzo di innovazione che caratterizza la storia europea del Quattro e Cinquecento.
Alle due del mattino del 24 ottobre 1917, i cannoni austro-tedeschi cominciarono a colpire le linee italiane. All’alba le Sturmtruppen, protette dalla nebbia, andarono all’assalto. In poche ore, le difese vennero travolte e la sconfitta si trasformò in tragedia nazionale. Oggi sappiamo che quel giorno i nostri soldati hanno combattuto, eccome, finché hanno potuto. Ma perché l’esercito italiano si è rivelato così fragile, fino al punto di crollare? Alessandro Barbero ci offre una nuova ricostruzione della battaglia e il racconto appassionante di un fatto storico che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione.
Extra: introduzione inedita dell’Autore.
Il Medioevo è tutt'altro che un'epoca immobile e gerarchica, è al contrario un periodo di grande tensione sociale in cui il potere e i privilegi del ceto dominante erano continuamente contestati. Alessandro Barbero lo dimostra analizzando i conflitti fra gruppi sociali che attraversavano la società di quello che era allora il più importante paese d'Europa, il regno di Francia, e che rendevano instabile e vulnerabile il dominio del ceto nobiliare. I conflitti messi in luce si articolano su tre assi: quelli interni all'aristocrazia stessa, con la rivalità fra i potenti, principi e castellani, e i cavalieri loro vassalli; quelli fra l'aristocrazia laica e il clero, la cui influenza sulla società si traduceva spesso in una dura critica dei costumi cavallereschi e che a sua volta era violentemente contestato dai nobili; infine la vera e propria lotta di classe che opponeva il mondo aristocratico a quello mercantile e contadino. L'analisi è condotta su un vastissimo patrimonio di fonti letterarie, in particolare cronache e chansons de geste, e arricchita da frequentissime citazioni delle fonti, che offrono un vivido panorama della mentalità e dei comportamenti dell'epoca. "L'aristocrazia nella società francese del Medioevo" è la riedizione di uno dei primi importanti saggi medievistici di Alessandro Barbero, uscito la prima volta nel 1987.
Un grande storico come Alessandro Barbero e un grande illustratore come Sergio Toppi ci restituiscono vividamente quel che accadde ad Adrianopoli, nei Balcani, in un lungo pomeriggio d'estate nella battaglia che ha cambiato la storia del mondo e che ha segnato la fine dell'Antichità e l'inizio del Medioevo.
Arrivano completamente inaspettate. Durano pochissimo, talvolta solo qualche settimana, poi vengono represse. Ma in quel poco tempo succedono cose tali da rimanere per sempre incise nella memoria collettiva. Sono le rivolte popolari. La storia, almeno nell'ultimo millennio, è tutta punteggiata da momenti critici in cui una massa di persone decide che il futuro così come lo vede non gli piace, e prova a cambiarlo. Il Medioevo non fa eccezione: anche allora non sono mancati movimenti insurrezionali che nel loro sviluppo iniziale non sembrano affatto distinguibili dalle più travolgenti rivoluzioni moderne. In particolare nella seconda metà del Trecento se ne sono concentrati così tanti da costituire un'anomalia. Alessandro Barbero racconta proprio le più spettacolari fra queste insurrezioni. Per molto tempo gli storici hanno visto nel loro fallimento non solo la prova che i rivoltosi non avevano nessuna possibilità di riuscire, ma che non perseguivano neppure un obiettivo consapevole. Nulla di più falso: i rivoltosi sapevano quello che stavano facendo, avevano rivendicazioni precise e si battevano consapevolmente per realizzarle.
Costantino è il primo imperatore cristiano. È il sovrano che si è convertito prima della battaglia di Ponte Milvio, dopo aver visto in cielo la croce con la scritta In hoc signo vinces, e che ha messo fine alle persecuzioni, concedendo libertà di culto ai cristiani. Ma cosa sappiamo realmente di lui? In passato la storiografia diffidava di Costantino, giudicandolo un cinico politicante guidato da calcoli elettorali. Ma dall'ultimo dopoguerra fra gli storici si è diffuso un clima di ammirazione e di ossequio verso il protagonista di quella che molti ritengono la più grande svolta storica mai avvenuta. In questo libro fortemente polemico, Alessandro Barbero ci dice che è impossibile ricostruire con certezza il personaggio di Costantino e che la storiografia recente dà prova di un'inquietante mancanza di spirito critico, sia nei toni celebrativi con cui presenta la figura dell'imperatore, sia nell'ingenuità con cui accetta come autentiche, fonti che meriterebbero un approccio ben più scettico e che, in realtà, se prese alla lettera - lungi dal giovare alla sua immagine - dipingerebbero il profilo poco edificante di un tiranno disturbato.
Fenomeno storico su cui gli studiosi del periodo si sono divisi. Questo libro fa il punto sui diversi aspetti di esso. Sintetica guida ai principali indirizzi di ricerca, contiene una bibliografia completa ragionata e aggiornata alla fine del millennio.
Da "abaco" a "vulgata", i concetti, i personaggi e le istituzioni del Medioevo decritti attraverso le voci del dizionario. Uno strumento di consultazione utile alla miglior comprensione di un'epoca cruciale della storia europea. Alessandro Barbero insegna Storia medievale presso l'Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli. Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale nelle Università di Pisa e di Roma.
"Per raccontare un'epoca Chiara Frugoni e Alessandro Barbero hanno privilegiato sculture, affreschi, mosaici e miniature del tempo, attribuendo loro lo statuto di fonte e insegnandoci il gusto per il dettaglio rivelatore." (Carlo Grande, "La Stampa")
I secoli altomedievali videro un crescente investimento economico nella commemorazione dei defunti, espresso dai ricchi corredi depositati nelle sepolture. Un fenomeno in genere spiegato con l'arrivo dei barbari, portatori di una cultura radicalmente diversa da quella del mondo romano, ma che in realtà, come dimostrato nel volume, riflette la competizione sociale presente nelle società post-romane, fortemente instabili. Lo studio dei resti funerari in questa prospettiva permette di comprendere le strategie di commemorazione adottate dai parenti in lutto: organizzare il funerale, scegliere la tomba, il luogo e gli oggetti da riporre significava anzitutto costruire la memoria degli antenati, definendo i propri legami affettivi e sociali. Le sepolture altomedievali, con i loro preziosi corredi, hanno sempre stimolato l'immaginario collettivo, che ne ha ricavato interpretazioni diverse, spesso contrastanti, a seconda delle epoche e dei contesti. Obiettivo del volume è dunque sezionare e analizzare, attraverso fonti scritte, archeologiche e antropologiche, le diverse patine interpretative: ossia spiegare come sono state lette le tombe nel recente passato, e perché sono state lette proprio così; capire che cosa volevano, invece, comunicare attraverso di esse le società altomedievali; quali informazioni sulla vita dei bambini, degli uomini e delle donne vissuti allora racchiudono i corpi dei defunti.