
La libertà italiana, nelle repubbliche del tardo Medio Evo, nel Risorgimento e nella lotta antifascista, è stata opera di uomini e donne religiosi. Molti di loro avevano una sincera fede cristiana, spesso lontana o in aperto contrasto con l'insegnamento della Chiesa cattolica. Altri non credevano in alcuna religione rivelata, ma furono credenti, apostoli e talora martiri di altre religioni, che essi chiamarono "religione del dovere" o "religione della libertà". Gli uni e gli altri furono persone religiose perché vissero la vita come missione, vale a dire come dedizione a un ideale morale: l'ideale della libertà, il chierico obietterà che vera religione è soltanto quella che afferma, sulla base di una rivelazione, l'esistenza di un Dio trascendente. Qualche laico protesterà che non c'è bisogno di chiamare "religione" la devozione a un ideale morale. Alla critica del chierico è facile rispondere che il suo argomento è arrogante e irrilevante: arrogante perché pretende di dire a chi ha vissuto per la religione del dovere o per la religione della libertà che la sua non è vera religione; irrilevante perché la sua protesta non cambia il dato storico che ci furono in Italia uomini e donne che vissero secondo quelle religioni che egli considera non vere. Analoga risposta vale per il laico poco avveduto: è un fatto storico che ci furono persone che si sentirono religiose perché vissero con devozione assoluta l'ideale morale della libertà.
La parola patria, con poche eccezioni, è stata pronunciata con ironia o con disprezzo. Oggi si avverte negli italiani un desiderio nuovo di affermare la propria appartenenza ad una patria comune.
Né ateo né pagano, come lo ha interpretato tanta parte degli studi, il Machiavelli di Viroli trova il suo Dio nel cristianesimo repubblicano che viveva a Firenze. Una tradizione fondata sul principio per cui il vero cristiano è il buon cittadino che serve il bene comune e la libertà. Dio partecipa alla vicenda umana, sostiene e premia chi governa con giustizia, vuole che gli uomini operino per rendere la città terrena simile alla città divina. Machiavelli delinea una religione della virtù senza la quale le libere repubbliche non potrebbero nascere, né esistere, né difendersi dalla corruzione.
La parola patria, con poche eccezioni, è stata pronunciata con ironia o con disprezzo. Oggi si avverte negli italiani un desiderio nuovo di affermare la propria appartenenza ad una patria comune.
Nella storia d'Italia, i profeti hanno ispirato le lotte per l'emancipazione sociale e politica; esortato uomini e donne a non affidarsi al destino o al fato e ad assumersi la responsabilità della scelta morale; li hanno incoraggiati a liberarsi dalla servitù; hanno sofferto per le ingiustizie del loro tempo e dato un senso alla sofferenza con l'annuncio del riscatto. Agli albori dell'età moderna, la poesia di Dante e di Petrarca, le prediche di Savonarola, la prosa di Machiavelli hanno chiamato gli italiani a lottare per la libertà. L'ultima Repubblica Fiorentina (1527-1530) è stata una 'repubblica profetica'. Nei secoli della decadenza e della servitù politica, i profeti di emancipazione non riuscirono a muovere le coscienze degli italiani. Prevalsero i profeti che predicavano la rassegnazione e i filosofi che accusavano i profeti di essere impostori. La rinascita della profezia redentrice - nella poesia di Alfieri, Foscolo, Manzoni, nell'insegnamento civile di Mazzini, nella musica di Verdi - contribuì al Risorgimento nazionale. Le pagine profetiche di Benedetto Croce sostennero la resistenza al totalitarismo fascista. L'ultima voce profetica è stata quella di Pierpaolo Pasolini. Con il tramonto della profezia sono tramontate anche le visioni e le speranze di emancipazione sociale.
La storia della Cassa di prestanza agraria – poi Cassa Rurale ed Artigiana e, oggi, Banca di Credito Cooperativo – ha attraversato tutte le vicende del Novecento italiano. Nata nel 1914 per iniziativa di 42 agricoltori, la Cassa ha accompagnato lo sviluppo di Battipaglia e ne ha condiviso le maggiori esperienze: la fondazione del Comune autonomo nel 1929, la crescita demografica, la trasformazione in centro industriale. Nel corso della sua storia centenaria, l’istituto ha offerto i suoi servizi per la crescita e la modernizzazione della cittadina, nonché delle zone limitrofe.
Il volume offre un panorama assai ampio e innovativo su cosa abbia significato e come si sia sviluppata la politica internazionale del papato in età moderna. Oltre a precisare le istituzioni e gli uomini che ne furono i protagonisti, i saggi qui riuniti mettono a fuoco gli obiettivi che il papato si propose rispetto al mondo cattolico, al mondo riformato, ai cristiani delle zone di frontiere con il mondo russo-ortodosso e in Medio Oriente e rispetto agli “infedeli” in Asia e in America.
Tutta la complessità del rapporto papato/politica internazionale è qui fotografata, esaminata, spiegata, compreso il suo essere determinata tanto dal carattere multiplo della sovranità papale e dall’evoluzione dei dibattiti intorno ad essa, quanto dal mutare della concezione della sovranità degli Stati e dalla trasformazione dei rapporti di forza internazionali.
Un'indagine sulla complessa relazione tra sacralità e regalità nell'Europa cristiana e nel mondo islamico. Mettendo a frutto la ricca storiografia a disposizione, M. A. Visceglia indaga la stretta corrispondenza tra i mutamenti delle pratiche cerimoniali e l'evoluzione dell'idea stessa di sovranità, dal Medioevo all'età moderna. Il potere regale, fondato sul concetto comune della maiestas, assume nel mondo cristiano e nel Mediterraneo islamico formule retoriche e rituali diversi, che sono espressione di un diverso grado di "sacralità" accordato a sultani e sovrani europei: in primo luogo, i riti di passaggio dal funerale del predecessore alla elevazione del nuovo re, le effigi, gli emblemi regali (lo scettro e la corona per i sovrani europei, la lancia e la scimitarra per i sultani), le formule di giuramento (capitolo I e II); poi, la composizione e lo stile di vita dell'entuorage del sovrano dei regni d'Europa e del Mediterraneo islamico (capitolo III), indici anch'essi di concezioni differenti della regalità. L'ultimo capitolo è dedicato infine al rilievo politico, cerimoniale e simbolico della regalità femminile.
Questo volume illustra in una prospettiva cronologica e spaziale molto ampia le dinamiche della corte, della società e della politica internazionale della Roma dei papi in età moderna. I saggi qui riuniti affrontano diversi temi e momenti, problematizzando pratiche storiografiche consolidate e cercando di rispondere alle domande poste dalla ricerca storica più recente a proposito dei linguaggi, delle dinamiche di potere e della mobilità sociale. Sono indagate le istanze più nascoste della storia del papato, le complesse trame di governo, i numerosi e spesso concorrenti poli di potere e le minacce al corpo fisico e simbolico del pontefice. Le contraddizioni fra la dimensione universale del papato e la sua "italianità" sono esaminate nell'ambito dei più larghi mutamenti nei rapporti fra gli Stati con una proiezione non solo europea e mediterranea, ma anche nella duplice direzione delle Americhe e dell'Estremo Oriente. Nella "Roma dei papi" tante linee di studio si intrecciano e mostrano la profonda originalità della ricerca storica di Maria Antonietta Visceglia, che indica nella città del papa un attore indiscutibile di una storia globale.

