
L'interesse per il sogno come testimonianza dell'esistenza dell'inconscio è inseparabile dal pensiero di Jung, e spesso costituisce il fondamento empirico della sua teorizzazione. Il sogno è il tema attraverso il quale Jung elabora le più sostanziali fra le sue critiche della concezione freudiana. "Il materiale onirico non consiste solo di ricordi, ma racchiude nuovi pensieri che non sono ancora coscienti". "L'analisi dei sogni, cioè la scoperta di questi 'nuovi pensieri', deve avvenire all'interno di una relazione fra due individui. Su questo punto, Jung anticipa le idee odierne circa la natura fondamentalmente paritaria della relazione tra paziente e analista, con la necessità che quest'ultimo tenga sempre presente e metta in gioco la propria soggettività. Il volume contiene la trascrizione di appunti presi in cinquantuno sedute seminariali tenute a Zurigo dal 7 novembre 1928 al 25 giugno 1930. Il lettore ha modo di conoscere la tecnica junghiana di analisi dei sogni, e anche di incontrare il personaggio Jung, con la sua chiarezza espositiva, il suo senso dell'umorismo, il suo lasciarsi andare ad affascinanti divagazioni.
L'albero o pianta miracolosa è una delle immagini archetipiche che ricorrono più di frequente nel folclore, nei miti e nelle fiabe, e in questo saggio Jung si propone di scandagliarne le molteplici valenze simboliche. Partendo dalla propria esperienza di terapeuta e dallo studio dell'alchimia medievale, il fondatore della psicologia analitica dimostra come dai prodotti spontanei dell'inconscio nell'uomo moderno affiori un archetipo che lascia riconoscere paralleli evidenti con la figura dell'albero in tutte le sue modificazioni storiche. Ai disegni spontanei dei pazienti, presentati nella prima parte del volume, fanno da contrappunto le dotte descrizioni dell'"arbor philosophica" degli alchimisti. Identica è la fisionomia simbolica che ne emerge: fonte di vita e di protezione, luogo della trasformazione e del rinnovamento, l'"albero" è di natura femminile e materna, è l'albero della saggezza e della conoscenza, simbolo della totalità del Sé.
Un progetto comune, il traguardo di un cammino percorso in due, il frutto desiderato di un Tu e un Io che sono diventati un Noi: questo rappresenta un figlio per la maggior parte delle coppie. Ma quando l'infertilità si frappone tra il desiderio e la sua realizzazione, molte ombre calano sui mancati genitori, modificando profondamente la percezione sociale e individuale che uomo e donna hanno di sé. In questo libro Pier Luigi Righetti e Serena Luisi, entrambi psicologi (con la collaborazione di diversi specialisti) analizzano le conseguenze della genitorialità inappagata, le ansie, le aspettative che accompagnano ogni momento del ricorso ai protocolli di procreazione assistita. Un momento di crisi per la coppia, ma anche un'opportunità di crescita e rafforzamento del legame reciproco. Gli aspetti fisiologici e quelli psicologici trovano entrambi spazio in questa trattazione piana ed esaustiva di un tema quanto mai di attualità: psiche e soma, corpo e mente sono entrambi in gioco in un momento di vita così delicato da esigere una cura e un'attenzione che non possono e non devono limitarsi all'aspetto esclusivamente medico.
Il rancore è un sentimento (o un'emozione?) oggi più che mai diffuso, un sentimento che permea e ammorba la società e i singoli. Gli autori si propongono (tralasciando volutamente l'aspetto religioso) di esplorare i possibili itinerari attraverso i quali il rancore si esprime: dal piccolo astio all'invidia, dalla rabbia all'odio, fino agli esiti più propriamente psicopatologici. Ecco quindi che il rancore (dal latino "ranceo", essere rancido) si differenzia dal risentimento per la ruminazione continua e torturante, che induce l'individuo a tornare sul torto subito - e talvolta perpetrato -, e che spesso non si estingue neanche con la vendetta. In questo volume sono esaminate tutte le declinazioni di questo sentimento complesso e sfaccettato, tanto nelle sue espressioni "sociali" (arte, storia, antropologia, politica), quanto in quelle "psicologiche" (criminologia, psicopatologia, componenti cognitive).
La relazione analista-paziente è uno dei temi più delicati e centrali della teoria e della pratica psicoanalitica che Stefano Bolognini affronta con decisione in questo suo saggio, descrivendone i modi, i tempi, i successi e gli scacchi. I molti casi clinici, narrati, trasformano l'esposizione in un racconto. Intelligente spirito critico e anticonformismo si uniscono così a un solido impianto teorico per descrivere quello che rimane pur sempre un rapporto tra due esseri umani, un viaggio comune verso terre poco note, là dove si incontrano le condizioni più destrutturanti della vita mentale e, in fondo, della vita in generale.
A quale prezzo psicologico si ottiene un "bravo bambino"? Di quali sottili violenze è capace l'amore materno? Per l'autrice, il dramma del "bambino dotato" - il bambino che è l'orgoglio dei suoi genitori - ha origine nella sua capacità di cogliere i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, l'indignazione, la paura, l'invidia) che risultano inaccettabili ai "grandi". In tal modo, viene soffocato lo sviluppo della personalità più autentica, e il bambino soffrirà di insicurezza affettiva e di una sorta di impoverimento psichico. Da adulto, sarà depresso, oppure si nasconderà dietro una facciata di grandiosità maniacale. Numerosissimi esempi documentano la sofferenza inespressa di questi bambini e, al tempo stesso, le difficoltà dei genitori, incapaci di essere disponibili verso i figli.
Ruth Ammann, forte della doppia esperienza di architetto e psicoterapeuta, coniuga la concezione reale di giardino come elemento naturale con quella simbolica di "giardino dell'anima", ossia luogo terapeutico, archetipo della vita, immagine interiore positiva, fonte di energia e speranza, spazio vitale. Ricordi di gioventù, momenti di vita, sogni, viaggi e accenni alla pratica professionale accompagnano il racconto dell'affascinante relazione che lega l'autrice al giardino, per poi abbracciare in modo più ampio l'analisi di quel magico influsso benefico e rivitalizzante che la natura esercita sull'essere umano.
A trent'anni dalla "180", la cosiddetta "legge Basaglia", che segnò la progressiva chiusura dei manicomi, un dialogo tra uno dei protagonisti di quegli anni e uno storico della medicina. Per fare luce su una vicenda spesso mitizzata e messa al servizio delle ideologie. Un percorso che va oltre gli slogan, che offre dati, date, fatti, numeri, e descrive lucidamente i corsi e ricorsi della politica psichiatrica italiana. Uno sguardo dissacrante che dai problemi sociali e medici legati al disagio mentale si allarga sull'Italia dell'ultimo mezzo secolo. Dal riformismo dei primi sessanta alla controcultura giovanile, dalla sinistra dei settanta ai problemi di gestione sul territorio, un pezzo di storia culturale e politica in un Paese che ancora non sembra aver sconfitto i suoi vecchi tabù. Etica della medicina, diritti del malato, autodeterminazione personale, garanzia della libertà individuale: temi drammaticamente attuali, che già risuonavano tra le righe pubblicate dallo Stato italiano il 13 maggio 1978. Eppure, nodi ancora tutti da sciogliere, oggi come trent'anni fa.
Ritrovato fra le carte di Winnicott e pubblicato postumo, questo lavoro ricostruisce la storia del trattamento psicoanalitico di una bambina (chiamata in famiglia "Piggle", porcellino), dai due anni e mezzo ai cinque anni. Il libro ci offre la registrazione fedele delle sedute, i commenti e altro materiale fornito dai genitori della bambina, e le osservazioni di Winnicott. Il lettore ha così la rara opportunità di seguire dal vivo il rapporto fra terapeuta e paziente in un resoconto che appare di eccezionale interesse per quanti si occupano dei problemi dello sviluppo infantile. Il rendiconto testuale di quello che l'analista diceva, e di come lo diceva, ha un doppio interesse teorico e tecnico. Per la sua stessa formazione e la lunga pratica pediatrica, Winnicott era maestro nell'adattare la propria tecnica al caso particolare, senza farsi condizionare da schemi troppo rigidi. Il lettore assiste all'incontro di due persone, che lavorano e giocano insieme, con impegno e con piacere. La drammatizzazione del mondo interno della bambina, operata da Winnicott, mette "Piggle" in grado di fare esperienza delle fantasie che tanto la disturbano, e di viverle nel gioco.
Marilyn Monroe, Jean Seberg, Dalila: tre donne bellissime, celebrate dive dello spettacolo che al colmine del successo hanno preferito la morte. Alice Miller, scrutando l'enigma di questi suicidi, vi scorge la sofferenza del bambino che ha visto prematuramente soffocata la propria vitalità. Niente è infatti più mortifero del mettere a tacere i propri sentimenti profondi di ribellione contro i maltrattamenti subiti da piccoli. Perché si può forse sopravvivere a un'infanzia di umiliazioni, ma non si può tornare a vivere davvero, riprendendosi l'esistenza, se non dopo aver riconosciuto la rabbia e il dolore di un tempo. Indagando su infanzie celebri o meno celebri, l'autrice ripercorre le tappe degli "omicidi dell'anima" perpetrati su bambini - sempre innocenti e inermi - che saranno poi desitinati a riprodurre sofferenze e violenze: scampati ai tormenti subiti, si tramuteranno a loro volta in carnefici. Ed è proprio nel circolo vizioso della violenza, prima patita e poi rimessa in atto in età adulta, che Alice Miller indica la radice del male, dai fatti di cronaca quotidiana, fino alle guerre e agli eccidi di massa.
Jung lavorò al Libro rosso – trascrizione in parole e immagini dei sogni e delle visioni che popolarono il suo «viaggio di esplorazione verso l’altro polo del mondo» – per oltre sedici anni, dal 1913 al 1930, e ancora in tardissima età egli lo definì una sorta di presagio numinoso, l’opera di fondazione in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Nondimeno, non volle mai autorizzarne la pubblicazione, e dopo di lui anche gli eredi si attennero alla consegna.
La presente edizione, comprensiva della riproduzione in facsimile dell’originale e corredata da un ampio saggio di contestualizzazione storica e da un ricchissimo apparato di commento, segna ora un punto di svolta, inaugurando una stagione nuova ne gli studi junghiani.
Grazie alla pubblicazione di questo che è l’inedito forse più importante nella storia della psicologia, diviene infatti possibile ricostruire le fasi dell’autosperimentazione di Jung – e dunque comprendere la genesi e l’articolazione dell’opera successiva – sul la base di una fonte documentaria di prima mano, e non di congetture fantasiose e pettegolezzi.
Il Libro rosso è, in effetti, il libro segreto di Jung. Ma segreto soprattutto in quanto riproduzione simbolica di un universo altro, rappresentazione di un significato esistenziale che è e deve rimanere ignoto. Le immagini interiori in esso evocate e personificate provengono infatti da un aldilà mitico, in cui si caricano di una potenza numinosa che le rende a un tempo guaritrici e pericolose: operatori magici di forze psichiche autonome che solo attraverso un corpo a corpo con l’inconscio è possibile neutralizzare e incanalare in un percorso terapeutico. Quella che Jung chiamerà più tardi «immaginazione attiva», è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua «discesa agli inferi», per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura. Con il suo tesoro di esperienze iniziatiche e meditazioni sapienziali e con il suo corredo di immagini fantasmagoriche e virtuosismi calligrafici, il Libro rosso si situa dunque al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Esso rinnova la tradizione del manoscritto miniato medievale, riprendendone tecniche scrittorie, schemi di impaginazione e moduli di decorazione pittorica e ornamentale. È a tutti gli effetti un libro d’arte di superiore qualità, e volutamente prezioso: perché messo al servizio di un progetto esistenziale il cui scopo è il compimento del proprio mito personale, l’automanifestazione della Vita entro una vita.
l'autore
CARL GUSTAV JUNG (1875-1961) iniziò la sua attività nel 1900 nel famoso ospedale «Burghölzli» di Zurigo, sotto la guida di Eugen Bleuler, uno dei grandi maestri della psichiatria dinamica. Durante questi «anni di apprendistato» mise a fuoco la sua nozione di realtà psichica (teoria dei complessi autonomi) ed elaborò alcuni strumenti per la comprensione dei disturbi mentali (test di associazione verbale). Nel 1907 entrò in contatto con Freud, con cui stabilì uno stretto rapporto umano e scientifico, assumendo una posizione di primo piano nel movimento psicoanalitico, ma nel 1912 la pubblicazione di Trasformazioni e simboli della libido segnò la rottura del loro sodalizio e il distacco di Jung dalla psicoanalisi. Ne seguì un lungo periodo di «malattia creativa», caratterizzato da un serrato corpo a corpo con l’inconscio e le sue immagini archetipiche, di cui dà testimonianza il Libro rosso.
Esperienza decisiva da cui si cristallizzarono, negli anni della maturità, il sistema della psicologia analitica (dottrina dell’inconscio collettivo e degli archetipi, tipologia psicologica, energetica psichica e processo di individuazione, principio di sincronicità) e un’eccezionale messe di indagini storico-religiose, soprattutto nei campi dell’alchimia, dell’astrologia e del pensiero orientale.
Le Opere di Jung sono pubblicate da Bollati Boringhieri a cura di Luigi Aurigemma (24 voll., 1965-2007).
il curatore
SONU SHAMDASANI, eminente storico della psicologia e della psichiatria, insegna al Wellcome Trust Centre for the History of Medicine dello University College di Londra. È cofondatore ed editor generale della Philemon Foundation, un’organizzazione costituita allo scopo di promuovere una nuova edizione storico-critica delle opere complete di Jung, comprensiva anche di tutti i testi (manoscritti, seminari, carteggi) ancora inediti. Due le principali linee direttrici lungo cui si muove la ricerca di Shamdasani: la ricostruzione del processo di formazione delle discipline psicologiche e degli indirizzi terapeutici dalla metà del xix secolo a oggi, e, all’interno di questo quadro, la ricostruzione della genesi del pensiero di Jung sulla base di fonti documentarie di prima mano. Tra le sue opere, sono tradotti in italiano i volumi: Fatti e artefatti. Su C. G. Jung, sul Club psicologico e su un culto che non è mai esistito (2004), Jung e la creazione della psicologia moderna. Il sogno di una scienza (2007), Jung messo a nudo dai suoi biografi, anche (2008). Per Bollati Boringhieri è apparso, a sua cura, il seminario di Jung La psicologia del Kundalini-yoga (2004).

