
"Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio. Il sociologo ottuso, a cui manca il coraggio di riconoscere il ruolo predominante della irrazionalità nella storia dell'umanità, considera la teoria fascista della razza soltanto un interesse imperialistico, per dirla con parole più blande, un "pregiudizio". Lo stesso dicasi per il politico irresponsabile e retorico. L'intensità e la vasta diffusione di questi "pregiudizi razziali" sono la prova che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell'odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata. Di conseguenza esiste un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone. L'ideologia razziale è una tipica espressione caratteriale biopatica dell'uomo orgasticamente impotente"
La globalizzazione - e la fine delle diffidenze della Guerra Fredda favoriscono la solidarietà con persone lontane. Questo amore per il distante sembra promosso anche dalle comunicazioni elettroniche e dai viaggi più facili. Ma quello che amiamo così è spesso un'astrazione, e chi ne paga il prezzo è l'amore per il prossimo richiesto per millenni dalla morale giudaico-cristiana. Come in un circolo vizioso, questa tendenza si salda con l'indifferenza per il vicino prodotta dalla civiltà di massa e dalla scomparsa dei valori tradizionali. E come nel momento in cui Nietzsche proclamò la "morte di Dio", siamo alla soglia di un territorio radicalmente nuovo. Dove la morale dell'amore non è più possibile per mancanza di oggetto.
Libro tragico, nato in circostanze storiche e personali eccezionali, all'indomani di laceranti conflitti nel movimento psicoanalitico, all'ombra dell'ascesa al potere di Hitler e del drammatico disfacimento della Repubblica di Weimar, nel contesto di una crisi economica internazionale e di dinamiche collettive inquietanti, Il disagio nella civiltà è uno dei testi freudiani piú complessi e controversi. In esso le istituzioni della cultura umana vengono passate al vaglio della decifrazione analitica, che ci mostra il precario equilibrio delle relazioni tra individuo e civiltà continuamente messo a rischio dal conflitto inconscio interno all'individuo, dal sentimento di colpa che tale conflitto produce e dall'aggressività distruttiva che lo accompagna. Freud fa cosí emergere il paradosso di una civiltà che, formatasi per assicurare agli uomini sicurezza e protezione, li ha invece messi in condizione di distruggersi; di una cultura che, lungi dallo strapparli alle feroci necessità della natura, ha consentito loro di infliggersi sofferenze enormi. Freud ci parla della morte iscritta al cuore della nostra psiche e del senso della vita, della lotta inevitabile e dei costi della rinuncia, della colpa e dell'addomesticamento delle pulsioni, della sublimazione e dei suoi limiti, della precarietà - infine - di qualunque cultura e identità. In un'epoca di rinascenti pericoli e alienazioni, in cui la violenza domina nelle relazioni tra esseri la cui naturale aggressività sembra non poter piú essere controllata se non da meccanismi a loro volta mortiferi, il saggio freudiano non ci offre consolazioni, ma solo strumenti per comprendere, insieme a un raro esempio di rigore e di coraggio.
Nello stile semplice e narrativo che lo ha reso familiare a tanti lettori, nel tono rigoroso e sommesso del grande saggista, Paolo Crepet affronta quello che è forse il vero tabú del nostro tempo. E ci porta per mano a scoprire che nel mondo dominato dall'ossessione dell'efficienza e della prestazione, la vera possibilità di cambiamento coincide proprio con il coraggio dei sentimenti. Perché si fa presto a dire «amare». Ma quante sono le persone che possono dire di essere innamorate sul serio?
E quante quelle capaci di andare oltre l'innamoramento, fino all'amore?
Benché tutti celebrino l’era dell’individuo sovrano e dell’io autosufficiente, scendendo dal piano alto delle idee per praticare la vita quotidiana, ci imbattiamo in una moltitudine di fenomeni che segnalano tutt’altro. Il rifiuto patito in una relazione amorosa, la stigmatizzazione perché fisicamente «diversi», l’ostracismo negli ambienti di lavoro, l’essere ignorati dalla propria famiglia costituiscono esperienze dolorose che quasi tutti gli esseri umani, chi più chi meno, vivono nel corso dell’esistenza. A dispetto di questa pervasività del fenomeno, la psicologia gli ha prestato poca attenzione sistematica, sopratutto nei confronti dell’ostracismo sul piano interpersonale. Proprio l’essere esclusi, respinti e ignorati è il focus di questo libro che – per la prima volta nel panorama editoriale italiano – affronta una condizione esistenziale diventata un ingrediente quasi inevitabile della nostra società contemporanea.
Gli "Altri scritti" raccolgono una serie di testi scritti di pugno da Lacan. Essi fanno seguito agli Scritti che furono pubblicati in Francia nel 1966 e decretarono la vera e propria entrata in scena di questo straordinario pensatore della "Cosa psicoanalitica". I testi qui raccolti da Jacques-Alain Miller continuano l'irradiazione di questo insegnamento. Negli Scritti l'accento era posto sul "come" funziona l'inconscio tramite il suo operatore, ossia il significante. Ed era sintetizzato nell'aforisma "l'inconscio è strutturato come un linguaggio". Negli "Altri scritti" l'accento si sposta sul nucleo che è il cuore pulsante dell'inconscio: il godimento. Si potrebbe sintetizzare questo nuovo punto di prospettiva in un aforisma mai pronunciato da Lacan: "l'inconscio è un apparato di godimento". Godimento che, se è tale per l'inconscio, spesso non lo è per la persona che lo patisce nel sintomo. La quale tuttavia può ritrovarlo nelle diverse sfaccettature che fanno la gioia e la risorsa di quello che Lacan chiama il "parlessere".
Al giorno d'oggi la depressione è diventata uno dei disturbi più diffusi. Alain Ehrenberg ne rintraccia le cause nella stessa organizzazione della nostra società, arrivando a delineare un ritratto dell'uomo di fine millennio. L'autore suggerisce che la depressione è intrinseca, legata a una società come quella moderna, dove le norme della convivenza civile non sono più fondate sui concetti di colpevolezza e disciplina, ma sulla responsabilità e sullo spirito d'iniziativa. In un contesto simile, l'individuo è schiacciato dalla necessità di mostrarsi sempre all'altezza, la depressione non è che la contropartita delle grandi riserve di energia che ciascuno di noi deve spendere per diventare se stesso. Prefazione di Eugenio Borgna.
La notte tra il 23 e il 24 luglio 1895 Sigmund Freud sogna una sua paziente di nome Irma: la donna mostra i segni di un'infezione che si è propagata in gola, provocandole forti dolori. Ma né i sintomi della signora né l'aspetto dei medici che la circondano corrispondono al vero: nel sogno tutto sembra diverso, senza un motivo apparente. Ed è proprio con la cosiddetta "iniezione di Irma" che Freud abbandona definitivamente il metodo dell'ipnosi per lanciarsi in una nuova fase di studio dei processi mentali: una ricerca che renderà pubblica soltanto all'alba del nuovo secolo, dando alle stampe "L'interpretazione dei sogni". Ma il capolavoro della psicanalisi, qui riproposto in una nuova traduzione, filologicamente accurata, non è soltanto questo: l'introduzione di Stefano Mistura rivela, come un affascinante documento in filigrana, numerosi episodi fondamentali della vicenda biografica di Sigmund Freud, dalle fantasie infantili alla drammatica morte del padre, dal timore degli insuccessi al complicato rapporto con il medico Wilhelm Fliess, il primo lettore, e censore, di quello che sarebbe diventato "il libro del XX secolo".
Lo sfarinamento dei legami sociali e familiari cosi come le ferite inferte dalla depressione, che segnano un numero crescente di individui, sono i sintomi contemporanei della fragilità. Eppure proprio la fragilità ci indica i valori che danno un senso all'esistenza. Come emerge dal dialogo tra un maestro della psichiatria e un eclettico sociologo, riconoscersi fragili, insicuri, malinconici, è la premessa per ritrovare quello slancio comunitario rigeneratore che solo ci mette in contatto con noi stessi e con il mondo aperto degli altri.
L'opera di Sigmund Freud ha rivoluzionato a tal punto la cultura contemporanea da potersi annoverare tra gli eventi capitali del Novecento. La ferrea impalcatura teoretica, la rivoluzionaria novità dell'approccio scientifico, la peculiarità del lavoro terapeutico del medico viennese, unite al magnetismo della sua personalità, sono state in grado fin da subito di attrarre seguaci e di assicurarsene in molti casi una fedeltà quasi assoluta. Rispetto all'abbondante produzione storiografica dedicata alla psicoanalisi, e in particolare al monumento agiografico Vita e opere di Sigmund Freud di Ernest Jones, Freud e i suoi seguaci di Paul Roazen possiede un'originalità di impostazione e una vivacità di esiti narrativi che l'hanno trasformato con il tempo in un punto di riferimento obbligato per la ricostruzione di quello straordinario momento di gestazione del sistema di pensiero freudiano e del suo divenire "impresa" culturale, grazie soprattutto allo sforzo congiunto del gruppo di collaboratori di cui il maestro seppe circondarsi.
Federico Tonioni in questo volume spiega e svela con estrema chiarezza le patologie che, soprattutto nel mondo degli adolescenti, sono legate alla straordinaria diffusione di internet. Il libro è cosí uno strumento prezioso per aiutare i genitori che, appartenendo a generazioni «pre-digitali», spesso non sono abituati all'uso del computer e alla navigazione in rete, e si scoprono impreparati alla comprensione dei disturbi che internet può arrecare ai loro figli. Allo stesso modo viene trattata la dimensione on-line del gioco d'azzardo e dei siti per adulti, patologie compulsive che coinvolgono persone di ogni età. Quando internet diventa una droga rappresenta cosí una guida chiara ed efficace sui rischi della dipendenza da internet.
«Mi occupo di dipendenze patologiche da diversi anni e nel corso del mio lavoro ho avuto modo di ascoltare e condividere storie sofferte, rivelazioni sconcertanti, idee deliranti; ma qualche ringraziamento autentico e spontaneo ha reso improvvisamente leggero il peso delle responsabilità che sono chiamato a sostenere. Ho imparato che chi manifesta una dipendenza patologica non vuole soffrire per forza ma vuole soffrire di meno, e che la droga per il tossicodipendente, come la cioccolata per la bulimica o il video poker per il giocatore d'azzardo, non sono desideri ma bisogni, che a volte travalicano la forza di volontà e la logica del pensiero».
Il godimento femminile è il tema di questo Seminario. Un'assoluta novità nel campo psicoanalitico. Per Freud il godimento, comunque interdetto, si incentra tutto, per chiunque, sulla funzione fallica. Per Lacan il godimento, sebbene strutturalmente non sia permesso all'essere parlante, può essere detto tra le righe. È quel godimento di cui tutti e ognuno sanno dire qualcosa: parlare d'amore è già un godimento. L'amore infatti viene a supplire, e può arrivare a supplirvi egregiamente, al fatto che qualcosa nell'inconscio fa sì che anche quando l'uomo e la donna fanno l'amore ognuno resta dalla propria parte. Che Lacan sintetizza nell'aforisma "non c'è rapporto sessuale". Ma, colpo di scena, in questo Seminario Lacan apre un capitolo nuovo risolvendo una vecchia questione: il godimento fallico, rispetto al quale una donna si situa come non-tutta, ossia non-tutta lì, non esaurisce il godimento, poiché c'è un godimento altro, che è, rispetto al godimento fallico, supplementare. Ci sono persone che lo provano, ma che non sanno dirne nulla, come capita ad alcune donne o a dei mistici.