
Il libro non cerca di dire che cosa sia la musica, ma che cosa intorno alla musica si racconta. Interroga dunque gli psicoanalisti, ma anche gli autori del Romanticismo, specialmente E.T.A. Hoffmann e Thomas Bernhard. Si sofferma su Orfeo, da sempre legato, nell'immaginario occidentale, alla musica. Ma l'autore sa bene che la musica è una realtà misteriosa e non descrivibile se non in modo indiretto, allusivo e insoddisfacente.
Questi scritti, dedicati al problema dell'educazione e maturati lungo l'arco di un trentacinquennio, offrono ampia testimonianza del graduale distacco di Jung dalla teoria freudiana della sessualità infantile e seguono passo passo l'elaborazione dei capisaldi teorici della psicologia analitica . Il primo saggio della raccolta, Conflitti dell'anima infantile (1910), è infatti ideato come un parallelo al caso del «piccolo Hans» e presenta le fobie e le curiosità in materia sessuale emerse in Anna, una bambina di quattro anni, figlia di un padre «edotto in psicoanalisi» ed educata senza ipocrisie. Dall'analisi rigorosamente freudiana delle conversazioni e dei sogni della «piccola Anna» Jung passerà poi ad orizzonti più ampi e a un pensiero più autonomo e originale nei confronti del maestro. Egli scoprirà anche nelle fantasie infantili la forza ammaliante degli archetipi, nonché la presenza della tendenza inconscia - nella psiche individuale - a elaborare in maniera archetipica i dati della realtà, al punto da trasformare individui di per sé innocui o addirittura insignificanti in dèi e dee, terribili agli occhi dei loro figli : «Dietro ogni singolo padre c'è infatti l'immagine eterna del Padre, e dietro il fuggevole fantasma della propria madre traspare la magica figura della Madre». Una posizione critica nei confronti di Freud e di Adler è assunta da Jung anche nel saggio centrale del volume. Psicologia analitica dell'educazione (1926/1946), riproposto qui nella storica traduzione di Roberto Bazlen: in esso Jung discute ed esemplifica alcuni gruppi di disturbi psichici infantili, tra cui il deficit intellettuale, l'epilessia, la nevrosi e la psicosi, e insieme presenta i fondamenti del suo metodo di indagine dell'inconscio. L'idea basilare esposta anche negli altri scritti nati da conferenze tenute da Jung di fronte a un pubblico di educatori ( Il significato dell'inconscio nell'educazione individuale , 1928; Il bambino dotato , 1943 ecc.) è quella dell' educazione permanente, della necessità cioè di educare non tanto il bambino quanto piuttosto l'adulto stesso che del bambino si occupa : Quis custodiet custodes ? Come potrebbe educare un genitore che rimane un eterno bambino? o come potrebbe un educatore far emergere la «personalità» del bambino se lui stesso ne è privo? Senza indulgere alla retorica dei grandi principi, Jung afferma che la migliore educazione nasce dall'esempio «Contagioso» di chi riesce, sia pure con sofferenza, a far luce nella propria psiche, accogliendone anche i lati più oscuri, senza essere costretto - come fanno i più - a proiettare i propri complessi inconsci su quello schermo vergine che è ogni bambino .
È questo l'ultimo volume dell'edizione italiana degli scritti di Jung. Si tratta di contributi perlopiù brevi e incisivi, in parte riscoperti dopo la morte dell'autore e raggruppati per temi , i quali costituiscono - afferma Luigi Aurigemma nella Premessa - «come un rapido sorvolo della sua complessiva produzione; vario e tuttavia coerente, in quanto animato da una fondamentale unità d'ispirazione». Questi testi infatti « illustrano, affrontandola dalle più disparate angolazioni, la concezione propria a Jung della vita umana, cui è specifica la ricerca di un senso e di un fine da lui individuati nel continuo allargamento della conoscenza e coscienza di sé ». Il lettore avrà modo di trovarvi l'eco degli interessi giovanili di Jung per l'occultismo e la parapsicologia, dei suoi contributi più specificamente psichiatrici e psicologici degli anni successivi e delle speculazioni filosofiche ed etico-religiose degli ultimi anni. Scoprirà lo Jung giovane e attento recensore dei testi scientifici dei suoi maestri (Bleuler, Freud ecc.) alla ricerca appassionata della «sua» via personale, lo Jung della maturità, stimato prefatore di ricerche e studi di discepoli o simpatizzanti delle sue teorie , di Neumann, Jacobi, Harding, Adler, e di tanti altri che gli fanno corona in queste pagine. Dall'ultimo gruppo di scritti emerge infine lo Jung pensatore e filosofo che, con l'occhio attento alle religioni del mondo, dibatte lo spinoso problema del male nella storia e propone, a chi è ormai disilluso dal crollo delle fedi e dei valori, una forma di religiosità tutta interiore, che affida all'individuazione personale il compito di tornare a realizzare sempre da capo in ognuno di noi una nuova e più matura incarnazione del divino nell'umano.
Lo svolgimento della terapia psicomotoria di una bambina di sei anni che ha vissuto una drammatica situazione di abbandono nei primi mesi di vita, è qui documentato dal racconto straordinariamente coinvolgente della terapeuta e dall'evoluzione formale e contenutistica dei disegni della piccola paziente.
Questi ultimi anni hanno visto il dibattito critico sulla psicoanalisi immiserirsi rispetto ai decenni precedenti. Si sta correndo il rischio di liquidare i veri problemi da risolvere con formule apodittiche e ultimative, di bloccare lo scambio dialettico con la sua funzione costruttiva, soprattutto da parte di critici improvvisati. L'autore si dice convinto che chi difende l'opera e la personalità di Freud anche dalle critiche corrette rivela una mancanza di fiducia nella sua capacità di superare il giudizio della storia. Solo intaccando il mito che si è andato costruendo intorno alla sua persona Freud può emergere autenticamente come una delle figure centrali del dibattito scientifico del ventesimo secolo.
Il terapeuta della famiglia sente spesso espressioni di rimpianto ("perché non ridiamo più come una volta?", "nella nostra famiglia non si ride mai") che appaiono come un segno inequivocabile di relazioni non soddisfacenti, come se l'assenza del ridere fosse il sintomo più acutamente condiviso. Ma in che modo e perché si ride nelle famiglie "normali"? C'è un membro della famiglia che svolge il ruolo di sollecitatore del riso? Gli autori estendono la loro riflessione agli aspetti filosofici e antropologici del ridere, alle sue funzioni sociali, alla sua capacità di costruirsi come elemento di identificazione culturale, per poi analizzare le funzioni nei gruppi familiari e nella terapia della famiglia.
Depressione, panico, ansia, fatica cronica: si tratta di malattie in diffusione epidemica, o piuttosto dell'epidemia di determinate diagnosi e prescrizioni? Di un fenomeno davvero inedito, o di nuovi nomi dati a sofferenze antiche? L'approccio etnopsichiatrico rende oggi finalmente possibile un esame a tutto campo (storico e geografico) della questione. Coppo percorre le tappe cruciali della depressione in Occidente, dalla figurazione della malinconia nella Grecia antica alla costruzione della moderna nosografia, indugiando su momenti e connessioni interessanti, come la casuale scoperta dei primi farmaci antidepressivi e il loro ruolo nella definizione psichiatrica del disturbo.
L'interesse per il sogno come testimonianza dell'esistenza dell'inconscio è inseparabile dal pensiero di Jung, e spesso costituisce il fondamento empirico della sua teorizzazione. Il sogno è il tema attraverso il quale Jung elabora le più sostanziali fra le sue critiche della concezione freudiana. "Il materiale onirico non consiste solo di ricordi, ma racchiude nuovi pensieri che non sono ancora coscienti". "L'analisi dei sogni, cioè la scoperta di questi 'nuovi pensieri', deve avvenire all'interno di una relazione fra due individui. Su questo punto, Jung anticipa le idee odierne circa la natura fondamentalmente paritaria della relazione tra paziente e analista, con la necessità che quest'ultimo tenga sempre presente e metta in gioco la propria soggettività. Il volume contiene la trascrizione di appunti presi in cinquantuno sedute seminariali tenute a Zurigo dal 7 novembre 1928 al 25 giugno 1930. Il lettore ha modo di conoscere la tecnica junghiana di analisi dei sogni, e anche di incontrare il personaggio Jung, con la sua chiarezza espositiva, il suo senso dell'umorismo, il suo lasciarsi andare ad affascinanti divagazioni.