
Al contrario di ciò che spesso si crede, lo spirito creativo non è un dono unico posseduto solo dai giganti dell'arte, della letteratura, della scienza o dalle persone di successo: è una capacità alla portata di chiunque voglia esplorare nuove possibilità. In questo saggio Daniel Goleman - che con le sue ricerche sull'intelligenza emotiva ha rivoluzionato il nostro modo di guardare noi stessi e gli altri -, Michael Ray e Paul Kaufman mostrano come portare la creatività nei diversi ambiti della nostra esistenza: nelle relazioni con gli altri, nella vita familiare, sul lavoro e nella comunità. Con esempi pratici e storie illuminanti, gli autori ci aiutano a riconoscere e a dare voce alla nostra creatività, e ci ricordano che "lo spirito creativo è dentro di noi, qualsiasi cosa facciamo. Il difficile sta nel liberarlo. Speriamo che questo libro vi aiuti a farlo".
Una nuova via per raggiungere il benessere: i metodi delle neuroscienze e della psicoterapia uniti alla pratica buddista della "piena conoscenza". Un nuovo approccio che unisce le più recenti acquisizioni della neurologia e della psicologia a un'antichissima pratica buddista così da permetterci di penetrare all'interno di noi stessi, compiendo una vera e propria operazione alchemica, tramutando quello che a prima vista può apparire piombo in oro.
Per gli antichi romani il termine otium non significava "dolce far niente", bensì un periodo libero dagli impegni politici e civili nel quale era possibile aprirsi alla dimensione creativa. Secondo Domenico De Masi, nella società postindustriale è proprio questo ozio "creativo" ad assumere il ruolo del protagonista, sia nel lavoro che nel tempo libero. Oggi che la maggior parte della fatica manuale e di routine è eseguita dalle macchine, ci è richiesto sempre più di essere creativi e fantasiosi. Superate le rigide distinzioni tra lavoro e vita personale, razionalità ed emozione, marciamo verso un futuro in cui, grazie alla tecnologia, potremo riappropriarci del nostro spazio domestico restando in contatto con il resto del mondo.
Un libro che vuole smantellare i tradizionali criteri di valutazione della personalità e della persona e che ci insegna a giudicare le cose, gli altri e noi stessi in una maniera nuova.
"Riesco a raffigurare nella mia mente l'immagine del mondo delle epoche passate, e mi affascina il pensiero di quel che gli uomini vissuti prima di noi hanno potuto sentire nei loro cuori. Pensare che Pitagora, Buddha, Gesù Cristo, Michelangelo, Shelley, Shakespeare, Emerson e tanti altri che onoriamo come nostri maestri e guide spirituali abbiano camminato sullo stesso terreno, bevuto la stessa acqua, guardato la stessa luna... Sono giunto alla conclusione che per ottenere un profondo mutamento spirituale nel nostro mondo dobbiamo conoscere e vivere nelle nostre stesse esperienze personali la sapienza degli eminenti maestri che nel nostro passato ci ha lasciato." (Wayne W. Dyer)
Genitori che fanno fatica, allergici a ogni forma di ribellione filiale, preparatissimi eppure inspiegabilmente inesperti circa la normalità di come sia fatto un essere umano lungo la linea evolutiva: sono coloro che chiedono aiuto in seduta, ma anche sui social e in radio, a Stefania Andreoli, una delle più importanti terapeute dell'adolescenza, davanti alle trasformazioni dei figli, che incutono la paura di aver sbagliato tutto. E ancor più in questa epoca, quella in cui gli "adolescenti" sembrano essere scomparsi, non avendo spesso ricevuto regole da trasgredire da chi avrebbe dovuto dargliele, saltando così il tradizionale passaggio all'autonomia e alla responsabilità, ossia all'età adulta. In questo libro provocatorio e al tempo stesso tranquillizzante, l'autrice propone un'idea funzionale di adolescenza, analizzando i diversi ambiti in cui si manifesta (dalla scuola all'amore, al sesso, ai progetti per il futuro) e risponde alle domande che quotidianamente le vengono poste da padri e madri disorientati e confusi, che spesso faticano a distinguere un adolescente "fisiologico" da un figlio che invece ha bisogno di aiuto. Uno strumento prezioso per accompagnare l'evoluzione dei figli senza perdere la testa e per intervenire solo quando ce n'è davvero bisogno.
Allora quello che sento è vero? Perché alcune persone dicono «Il mio difetto è che sono troppo sensibile»? Allora non sono sbagliata? Perché mi dicono che devo controllare le mie emozioni? Queste sono alcune delle domande che tante persone si pongono quando incontrano per la prima volta il tema della sensibilità affrontato con scientificità e competenza, quando scoprono che il loro sentire un po' più forte non è un problema ma una risorsa sottovalutata. Sono le stesse che si è posta Nicoletta Travaini quando, attraverso i suoi studi da psicoterapeuta, si è scoperta lei stessa persona altamente sensibile, dopo una prima fase della vita passata a sentirsi "diversa", strana, isolata e per la maggior parte del tempo incompresa. Questo libro vuole quindi essere un viaggio interiore alla scoperta di quei "superpoteri" che troppe volte vengono scambiati per debolezze: la sensibilità, la vulnerabilità, la timidezza, l'introversione, la fragilità e tanti altri. Riconoscersi sensibile è il primo passo; dare un nome a ciò che proviamo, creando un buon vocabolario emotivo, è il secondo. Così possiamo attraversare i momenti difficili della vita con il giusto equipaggiamento e uscirne migliori.
Al giorno d'oggi, la metafora più diffusa per descrivere il cervello è quella che lo paragona a un computer: la sua struttura fisica corrisponderebbe all'hardware, la mente al software. La psiche in via di sviluppo di un neonato non sarebbe altro che un database da riempire di informazioni. Una simile visione ci porta spesso a interpretare i nostri processi mentali quasi fossero programmi, capaci di offrirci soluzioni semplici, rapide e lineari a ogni problema. Esperienze, pensieri, ricordi e sentimenti plasmano senza sosta le nostre reti neurali, che a loro volta determinano il modo in cui pensiamo e sentiamo. Paragonarci a delle macchine, per quanto meravigliose e sofisticate, ci porta a travisare la nostra natura. Sempre più spesso, invece, la psicologia e la biologia contemporanee tendono a recuperare una metafora antica ma efficace: l'idea che possiamo coltivare il nostro io più profondo, che lo si chiami mente o animo, proprio come faremmo con un giardino. Combinando mirabilmente scienza e letteratura, psicoanalisi e racconto, indagine teorica e consigli pratici, questo libro si propone di ricordarci una verità fondamentale, che chi lavora a contatto con la natura conosce da sempre: prenderci cura di un orto o un giardino, di piante che crescono seguendo il proprio ciclo vitale, può influire in modo positivo sulla nostra salute, il nostro benessere psicologico e la nostra autostima. I carcerati cui viene concesso di dedicarsi a coltivare un piccolo giardino hanno meno probabilità di ricadere nel crimine; i giovani a rischio che si sporcano le mani di terra hanno più probabilità di finire gli studi; gli anziani che si dedicano all'orticultura vivono meglio e più a lungo. Dai richiedenti asilo ai giovani in carriera, dai veterani di guerra ai neopensionati, Sue Stuart-Smith ci racconta storie illuminanti di persone che lottano con depressione, lutti e dipendenze, per mostrarci quanto poco sappiamo ancora del potere rigenerativo che la natura può esercitare sulle nostre vite.
«Le persone che chiamiamo "leader" hanno un campo visivo più sviluppato di noi "follower". La mostruosità della leadership comincia da qui: da questi occhi enormi e deformi, simili a quelli delle mosche, che vedono in lungo e vedono in largo. È una dote innata, ma che soltanto pochissimi riescono a maturare in talento, attraverso una lunga pratica e incessanti esercizi.» È da questi occhi, o meglio dalla capacità di osservazione che sono capaci di esercitare, che prende avvio l'analisi di Antonio Funiciello, già capo di gabinetto dei presidenti del Consiglio Mario Draghi e Paolo Gentiloni. Un'analisi che non rincorre alcun mito del leader forte, ma che dichiara l'assoluta necessità della leadership per affrontare le sfide attuali. Per tracciare una sorta di ritratto del leader assente, Funiciello prende in esame tre coppie di politici del passato: Golda Meir e Harry Truman, Cavour e Lincoln, Nelson Mandela e Václav Havel. Dal confronto di queste figure, forgiate ed emerse dalla lotta politica, riconosciamo quale sia la vera forza della buona leadership: la disposizione a voler imparare a diventare leader; la fedeltà a una causa; la capacità di delega contro ogni narcisistico accentramento; l'abilità di pianificare senza affidarsi alle proprie intuizioni; saper giocare di sponda - e sporco, se necessario; il rispetto degli avversari; la dissidenza come scintilla dell'azione trasformativa. Oltre alle figure del passato, l'autore mette a fuoco alcune qualità di leader che ha avuto modo di osservare da vicino, in particolare il presidente Draghi e Angela Merkel. A fare da apripista in questo avvincente racconto, il leader riluttante per eccellenza, Mosé: colui che guida un popolo nel deserto dell'incertezza, lasciando in eredità ai suoi seguaci - e anche ai suoi detrattori - quella Terra Promessa in cui lui non metterà mai piede. Potenza della vera leadership.
Ogni martedì la psicoterapeuta Stefania Andreoli tiene sul suo profilo Instagram una rubrica di domande e risposte. Qui trovano spazio storie, attualità e tanti dubbi di genitori. Mamme, perlopiù. Disorientate, equilibriste, creative, volenterose, sull'orlo di una crisi di nervi, ma tutte accomunate da un'ambizione: compiere le scelte più giuste. Giuste, sì, ma per chi? Da quando si diventa madri, sembra sottinteso che l'unica ragione accettabile per qualunque decisione quotidiana e di vita sia "lo faccio per mio figlio". "Lo faccio per me" è una frase che suona egoista, indegna per una madre. Le ragioni sono storiche, culturali, legate ai falsi miti del sacrificio e dell'amore incondizionato e a una distorta interpretazione del famoso istinto materno. La pressione è forte: a lasciare il lavoro; a trascurare interessi, amicizie e il rapporto di coppia; a sentirsi in colpa per un paio d'ore dal parrucchiere "che sottraggono tempo alla famiglia". Insomma, a dire addio a una parte di sé. In questo libro Andreoli ribalta le vecchie convinzioni e propone l'idea che l'esperienza della maternità possa aggiungere, e non togliere, ricchezza all'identità femminile. Soltanto "facendolo per sé", trovando ciascuna il suo personale modo di fare la mamma - diverso dagli altri perché frutto della propria storia in quanto persona - sarà possibile liberare la maternità, rendendola sana, contemporanea e davvero utile per la crescita di un figlio e per il futuro della società.
Che cosa significa essere adulti oggi? E come diventarlo? Se negli ultimi decenni l'identità adulta è stata principalmente fondata sul lavoro e sulla possibilità di costruire un proprio ruolo sociale e professionale, oggi quel modello appare in crisi e non più in grado di offrire le certezze fornite finora. Anche per questo, nella "stanza delle parole" dove la psicoterapeuta Stefania Andreoli riceve i suoi pazienti, negli ultimi anni ha cominciato a emergere una istanza generazionale comune: quella dei venti-trentenni e dei trenta-quarantenni, in cerca di aiuto per capire come trovare il proprio posto in un mondo sempre più schiacciato sul presente e che sembra aver perso ogni slancio verso il futuro. Partendo dalle storie di chi si rivolge a lei ogni giorno, Andreoli mostra a tutti noi cosa voglia dire essere adulti in quest'epoca di disorientamento, e prova a tessere un filo per ricucire lo strappo che oggi separa i più giovani dai loro genitori e dalle generazioni che li precedono. Perché, in un momento in cui le accuse reciproche prevalgono sul dialogo e la richiesta di omologarsi a un irraggiungibile ideale di perfezione vince sul guardarsi davvero, potrebbero essere proprio i giovani adulti, e i nuovi modelli di cui sono portatori in quanto figli del loro tempo, a indicare la soluzione rivoluzionaria capace di aiutare tutti a essere più in ascolto di se stessi e degli altri e, finalmente, anche più felici.
Una breve ma molto interessante rassegna sulla nostalgia. Interessante rassegna sulla nostalgia, dalle prime esperienze affettive del bambino fino alla nostalgia dell'Assoluto, non mancando di sottolineare la scelta vocazionale nella prospettiva della nostalgia, come senso di perdita e di ferita", ma anche come desiderio e passione di un compimento totale ed appagante. Analisi e riflessioni scaturite dalle esperienze personali e professionali degli Autori. "