
In una ricostruzione che si avvale di lettere, diari e documenti inediti, Raffaela Milano attraversa i primi decenni del Novecento per raccontarci la vita di una donna rivoluzionaria che ha sfidato il suo tempo in nome di un unico principio - "Salvarne il più possibile".
Nel 1919 in Europa si muore di fame. La guerra è finita, ma il blocco degli aiuti alimentari imposto dai vincitori ai Paesi dell'Europa centrale prosegue. Solo in Germania si contano settecentomila morti per denutrizione, e ovviamente i bambini sono i più colpiti. "Non posso avere nemici che abbiano meno di sette anni" dichiara George Bernard Shaw quando quello stesso anno aderisce al Fight the Famine Council, il comitato inglese che nasce per aiutare i Paesi sconfitti. L'anima del comitato è Eglantyne Jebb, una giovane insegnante che di lì a poco fonderà Save the Children. La "fiamma bianca", la chiamano i suoi amici: "Un viso che fa parlare l'anima e la voce delicata, senza clamore, che si fa ascoltare da tutti, e che non sa dire altro che la verità". All'evento di presentazione della nuova organizzazione, il pubblico arriva armato di mele marce da tirare in faccia ai "traditori": l'Inghilterra ha perso nella Grande Guerra mezzo milione di uomini sotto i trent'anni, non è il momento di occuparsi dei nemici, né dei loro figli. Eglantyne però è una combattente straordinaria e, nonostante il patriottismo cieco che prevale su tutto, raggiunge dei risultati che ancora oggi appaiono impensabili. "Le donne sono in grado di cambiare l'intero corso della storia del mondo" ha scritto Eglantyne. E lei ci ha davvero provato. In una ricostruzione che si avvale di lettere, diari e documenti inediti, Raffaela Milano attraversa i primi decenni del Novecento per raccontarci la vita di una donna rivoluzionaria che ha sfidato il suo tempo in nome di un unico principio - "Salvarne il più possibile" - e che nel 1924 getterà le basi della Dichiarazione dei diritti del fanciullo: non per il suo buon cuore, ma perché è un investimento per il futuro. Con un occhio al presente, perché molto di quello che racconta ha a che fare con le emergenze del mondo di oggi.
In questo racconto biografico Eberhard Horst analizza l'eccezionale, controversa e discussa personalità di Federico II di Hohenstaufen aggiornandola ai valori più attuali. Rinuncia così a voler vedere nel re di Sicilia un Cavour medievale, già maturo per la concezione dell'unità d'Italia. Certamente mentre combatteva le sue battaglie politiche, contro il Papa o contro le città del nord Italia, Federico attuò l'opera di uno statista che è rimasta il suo monumento più originale. Con sicuro realismo fondò scuole, dette legislazioni, risolse problemi ecologici e chiamò alla sua corte filosofi, eruditi, giuristi, scienziati: quanto di meglio la cultura avesse da offrire, anticipando il Rinascimento.
«Caro papà, ho deciso di scrivere questo libro per il semplice motivo che ti spetta. Dopo la tua morte sei stato riscoperto, osannato, mitizzato, ti sono stati dedicati saggi e tavole rotonde. Ma credo che nessuno sia riuscito a descrivere la tua vera personalità, a esprimere la tua profondissima umanità.» La biografia di Totò raccontata dalla sua unica figlia, Liliana, è uno spaccato di vita familiare in cui il grande artista viene descritto nella sua dimensione umana segreta. Totò, padre tenero, ma troppo possessivo, marito-padrone per l'adorata moglie Diana, pieno di pregi ma anche di difetti, balza fuori da queste pagine con eccezionale vivezza. Per riuscire in questa impresa Liliana ha attinto al bagaglio dei suoi ricordi, una sterminata quantità di episodi, divertenti o drammatici, come è logico in un personaggio per il quale, secondo una sua definizione, «una lacrima è solo l'altra faccia del sorriso». Per gli ammiratori, poi, ci sono delle vere chicche, e cioè alcune poesie inedite e una lettera che Totò, nel 1943, indirizzò alla moglie e alla figlia, corredata da un suo disegno. Parlare del padre, spiega Liliana, non le riesce facile per quella ridda di emozioni che risvegliano in lei i ricordi, dolci o amari, ma comunque impressi indelebilmente nella sua memoria. Perciò nella scrittura ha dovuto lasciarsi guidare soprattutto dalla voce del cuore. Ne è nata una biografia molto vera e priva di retorica, una lettura indispensabile per tutti quelli che, amando Totò, vogliono conoscerlo nell'intimo della sua complessa personalità, al di là della maschera diventata ormai un mito senza tempo.
Il ritorno in libreria di una straordinaria narratrice. Il racconto autobiografico di una giovane nonna e altre catastrofi.
“Un libro che parla del complicato gioco di equilibri di cui sono fatte le nostre vite e delle risorse straordinarie che sappiamo trovare anche nei momenti più bui.”
Forum con lei ha raggiunto la media del 20 per cento di share (360 puntate all'anno).
Stasera Italia l'ha confermata all'altezza della sfida con il regno della Gruber.
Chi è veramente Barbara Palombelli? Una giornalista, una donna e una lottatrice che si racconta in “Mai fermarsi”. La narrazione inizia dalla Barbara bambina che sognava di partecipare ai giochi televisivi, che scriveva lettere appassionate ai suoi idoli e che non smetteva mai di cercare di realizzare ciò in cui credeva. Il percorso della Palombelli inizia così, tra salite e discese, alla ricerca di una sua identità e di una originalità che la porterà ad essere un volto noto della televisione italiana e a superare qualunque record di permanenza dentro al piccolo schermo. Barbara Palombelli riuscirà a condurre contemporaneamente così tanti programmi da essere in televisione per ventisei ore a settimana, con tre trasmissioni quotidiane contemporaneamente. Ma il suo percorso non si conclude con la carriera in escalation e con un successo senza tregua, perché la giornalista è anche mamma di quattro figli, di cui tre adottati con una battaglia legale estenuante. In “Mai fermarsi” però non ci sono solo la famiglia e il lavoro, ma anche tutto ciò che circonda la vita di Barbara, ovvero gli amici, i maestri che le hanno insegnato tutto quello che sa e poi le quotidiane difficoltà, le corse senza fine, la Roma che ama. “Mai fermarsi” è una confessione, una rivelazione di una donna famosa che si svela diversa, esplosiva, in grado di tenere insieme molte cose, non senza debolezze e senza affanni.
La scalata al potere di Matteo Salvini e il destino di un'Italia che non ha saputo imparare dal passato.
A Matteo Della Bordella la montagna ha dato e tolto tanto: l'ha consacrato quale uno dei più geniali alpinisti della nuova generazione, ma gli ha anche portato via il padre Fabio, insegnante e istruttore del Cai scomparso nel 2007 in un tragico incidente in parete. Eppure, Matteo ha continuato ad approcciare ogni vetta a viso aperto, con spirito leale e grande rispetto per la natura, lontano da ogni retorica di conquista. Perché l'arrampicata è più di uno sport: è un'inflessibile maestra di vita, un viaggio esistenziale nel quale ci si mette ogni volta alla prova tra gioie e spaventi, sfide e timori, traguardi e fallimenti, ascese e baratri. Oggi, questo giovane talento ci racconta come l'alpinismo gli abbia cambiato la vita, rendendolo l'uomo che è diventato. Le sfide affrontate in parete - dalle prime scalate con il padre, appena dodicenne, alle eccezionali imprese by fair means, ovvero senza mezzi artificiali - gli hanno regalato enormi soddisfazioni e impartito severe lezioni. Un percorso fatto di successi, di premi, della stima di maestri del calibro di Reinhold Messner, ma anche di cadute, sconfitte e passaggi dolorosi. Esperienze che l'hanno fatto crescere, in tutti i sensi: l'hanno reso capace di affrontare i propri limiti e lottare con quelle paure che si agitano nel profondo di ciascuno di noi. Immerso in una cornice di paesaggi mozzafiato - dalle Alpi alla Patagonia, dalla Groenlandia al Pakistan - il suo racconto va ben oltre la cronaca sportiva: ci mostra come scalare significhi innanzitutto scoprire se stessi, inventare e inventarsi costantemente, imparare l'arte della perseveranza, dell'accettazione e della rinuncia. E ci ricorda quanto sia importante, in montagna come nella vita, avere il coraggio di ammettere un errore o di percorrere la via meno battuta.
XL'infanzia in via Vetulonia, i primi calci al pallone, la timidezza e la paura del buio, la vita di quartiere in una Roma che forse non esiste più. Gli amici che resteranno gli stessi per tutta la vita. Gli allenamenti a cui la mamma lo accompagnava in 126, asciugandogli i capelli con i bocchettoni in inverno. L'esordio in Serie A a 16 anni in un pomeriggio di marzo del 1993 a Brescia, con i pantaloni della tuta che al momento di entrare in campo si impigliano nei tacchetti; il primo derby, il primo gol, il rischio di essere ceduto alla Sampdoria prima ancora che la sua favola in giallorosso possa cominciare. E poi la gloria: caso più unico che raro di profeta in patria, venticinque anni con la stessa maglia, capitano per sempre, un palmares che annovera un epico Scudetto, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, oltre ovviamente al Mondiale 2006 conquistato da protagonista con la Nazionale. E ancora il matrimonio da sogno con Ilary Blasi, la vita mondana attraversata sempre con leggerezza, con autoironia, con il sorriso grato di chi ha ricevuto in dono un talento straordinario e la possibilità di divertirsi facendo ciò che più ama: giocare a pallone. Con l'espressione eternamente stupita del ragazzo che una città ha eletto a simbolo e condottiero, oggetto di un amore senza uguali. Fino al giorno del ritiro dal calcio giocato, e di un addio che ha emozionato non solo i tifosi romanisti ma gli sportivi italiani tutti. Perché Totti è la Roma, ma è anche un pezzo della vita di ognuno di noi.
Ettore Scola: un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Film come C’eravamo tanto amati, Brutti, sporchi e cattivi, Una giornata particolare, La terrazza, La famiglia, Che strano chiamarsi Federico – e l’elenco potrebbe continuare a lungo – non si sono limitati a emozionarci, hanno segnato il nostro immaginario e contribuito a creare un’identità culturale condivisa. Ma quanto sappiamo davvero del loro regista, che in tanti considerano uno dei più grandi del Novecento, non solo italiano?Questo libro ce ne offre un ritratto inedito e intimo, caldo e sincero, tratteggiato da due delle persone che l’hanno conosciuto meglio: le figlie Paola e Silvia. Un racconto fatto di lavoro e vita privata, aneddoti curiosi, consigli da non seguire, risate, amici celebri, battute, lampi di genio, episodi toccanti, momenti pubblici e istanti di dolce confidenzialità. Il tutto reso più vivido da un vero e proprio «lessico familiare», per dirla con Natalia Ginzburg, fatto di espressioni legate alle vicissitudini quotidiane quanto al mondo del grande schermo. Ecco allora che, posto di fronte a domande assurde, Ettore era solito ribattere: «Ragioniere, io neanche le rispondo!», come Alberto Sordi in Riusciranno i nostri eroi?. Fedeli allo spirito attento, ironico e curioso del padre – che amava ripetere: «Nella vita bisogna sorvegliare altri punti di vista», e cercava il comico anche nelle situazioni più cupe – Silvia e Paola Scola ci invitano a immergerci in un mare di ricordi, citazioni e avvenimenti che gettano una luce inaspettata su una vita ricchissima e una carriera da gigante. Così, guidandoci con tenerezza e delicatezza, ci permettono di osservare da una posizione privilegiata il regno di un grande uomo, che ha cambiato la storia del cinema e della nostra cultura.
«Mario Draghi avrà un successore, non verrà sostituito.» Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici e monetari, sintetizza così quanto importanti e decisivi siano stati gli anni trascorsi al timone della Bce dal governatore italiano e quale portata abbiano avuto le iniziative da lui promosse a difesa dell'euro. Il racconto di Jana Randow e Alessandro Speciale prende avvio dalle poche pesantissime parole pronunciate da Draghi stesso a Londra nel luglio 2012, nel momento più drammatico della crisi dell'Eurozona: quel Whatever it takes con cui il governatore annunciò che la Bce avrebbe fatto «tutto il necessario» per proteggere la moneta unica. È quello che è accaduto, di fatto: Mario Draghi è stato «l'artefice» di un salvataggio a detta di molti impossibile, quando il caso del debito greco e italiano, spagnolo e portoghese, nel pieno di una crisi globale paragonabile solo a quella del 1929, rischiava di minare l'esistenza stessa del progetto comune europeo. Nato dalla collaborazione di due dei più accreditati giornalisti economici, che per anni hanno seguito da vicino la Bce e la politica monetaria dell'Unione; frutto di una lunga serie di incontri e interviste con molte delle figure più importanti dello scenario economico internazionale, questo libro traccia un ritratto definitivo e completo di Mario Draghi, con un focus particolare sui rapporti con l'Italia, sul tema cruciale della vigilanza bancaria e sul futuro stesso della Ue e della sua autorità monetaria centrale.
Maria Callas: la Tigre, la Divina, la soprano per antonomasia, e senza dubbio la cantante lirica più celebre al mondo. Un mito, una leggenda che conosciamo tutti e quasi tutti abbiamo ascoltato. La sua parabola ha ispirato romanzi, poesie, testi teatrali e musicali, spettacoli di danza, film, programmi radiofonici e televisivi. La sua figura ha affascinato personalità del calibro di Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli e Carmelo Bene, per non parlare di musicisti quali Leonard Bernstein, Mina e Patti Smith. Dotata di una voce particolare - che coniugava a un timbro unico e a un volume notevole una grande estensione e una strabiliante agilità - ha riportato l'opera lirica al centro del dibattito intellettuale e aperto nuovi sentieri nel repertorio, distinguendosi per l'immensa capacità interpretativa. Eppure, quanto sappiamo davvero di lei, della donna fragile che si celava dietro quelle incredibili doti canore? Quanto conosciamo questa grande artista divisa tra immagine pubblica e vita privata, vittima del suo stesso perfezionismo e in lotta continua con la propria voce? Per la prima volta, siamo invitati a scoprire Maria Callas al di là delle interpretazioni che l'hanno resa immortale, possiamo cogliere l'opportunità unica di gettare uno sguardo sulla sfera più intima di un'artista straordinaria. Le sue memorie e una ricca raccolta di lettere private, che spaziano dal 1946 al 1977, ci conducono lungo un percorso che dal debutto in sordina giunge fino alle vette di una carriera di livello internazionale. Le sfide personali, i successi, gli scandali, il rapporto con colleghi, amici e parenti, l'amore per il marito Giovanni Battista Meneghini e la passione travolgente per l'armatore greco Aristotele Onassis: un racconto unico, che ci fa scoprire finalmente la storia dietro la leggenda. Mettendoci di fronte all'autoritratto, sorprendente e affascinante, dell'ultima grande diva del XX secolo.
Chi era Niccolò Machiavelli, il Segretario fiorentino, l'autore del Principe e della Mandragola? Di lui si è detto di tutto e il contrario di tutto: era un genio, un amico dei tiranni oppure un uomo coraggioso che denunciava i vizi dei potenti? Per scoprirlo si interrogano qui i suoi contemporanei: gli amici più cari come Filippo Strozzi e Francesco Vettori, altri meno intimi come Francesco Guicciardini, gli esponenti del mondo politico fiorentino, colleghi, nemici, cardinali, uomini di lettere, e perfino un'amante, la cortigiana Barbara Salutati. La storia di Machiavelli viene così a intrecciarsi con quelle di ventitré personaggi: sono i loro occhi e le loro parole, anche indirettamente, a delineare il caleidoscopico Machiavelli, restituendo un profilo umano, contradditorio, simpatico, beffardo, tagliente, patetico e appassionato. Questo libro aggiunge un nuovo capitolo alla bibliografia machiavelliana, che a volte si ripete stancamente. In ogni pagina il lettore troverà piccole e grandi sorprese che lo accompagneranno in una promenade istruttiva e inaspettata. Tutti gli uomini di Machiavelli si chiude con un ritratto femminile. Quello raccontato è un mondo di uomini dove le donne sono ridotte a meri oggetti sessuali o a ghiribizzi letterari. Ma ride bene chi ride ultima.
Durante i ventitré anni (138-161 d.C.) del principato di Antonino Pio, l'impero romano raggiunge il suo punto più alto di sviluppo e unità. Antonino è assai lontano dal predecessore e padre adottivo, il "sorprendente, intemperante, inquietante e geniale Adriano". Il nuovo imperatore ha lo stile semplice di un gentleman farmer di orientamento stoico: ama pescare, cacciare, passeggiare e conversare con gli amici; gusta i banchetti, gli istrioni e la letteratura. Eppure, senza muoversi mai da Roma e dall'Italia, sa reggere l'immenso territorio con saggezza, energia e tolleranza. Secondo il progetto di successione architettato da Adriano, il principato passa da Antonino al figlio adottivo prediletto, Marco Aurelio. A lui toccherà fronteggiare un mondo assediato dalle pestilenze, dai barbari e dalla nuova, incomprensibile, religione cristiana. È stato un bambino pensoso e debole nel fisico. Ma ha avuto i migliori precettori, è cresciuto accanto ad Antonino, suo primo maestro, e da lui ha imparato a governare con equità e rigore. Al momento dell'ascesa al potere è ormai un uomo maturo: lo straordinario filosofo e scrittore che ancora affascina i moderni lettori. Nel racconto di Andrea Carandini, in contrasto con le figure austere dei due imperatori stoici si muovono due personaggi: il retore, banchiere e filosofo sofista Erode Attico, personificazione dei vizi e dei lussi tipici dell'Oriente e il gaudente Lucio Vero, amico ed emulo dei sofisti, che per alcuni anni condivide il principato con Marco Aurelio in un conflitto politico e culturale celato ma sempre più accentuato. Le donne della casata imperiale, Faustina maggiore e Faustina minore, sono le presenze discrete ma fondamentali che, attraverso il matrimonio, consentono la trasmissione dell'Impero. Ma per Carandini i luoghi, i templi, i teatri, le fontane, gli acquedotti, le terme, i ninfei, le colonne, le ville, i palazzi, i ritratti e le monete non sono meno importanti degli uomini, delle donne e delle loro azioni per cogliere il senso di un'epoca. Dal centro di Roma ai più remoti avamposti di Asia e di Africa, i contesti e i monumenti sono qui descritti alla luce delle scoperte più innovative e ricostruiti con l'aiuto di minuziosi grafici e figure. Così, quel momento luminoso della società romana del II secolo ci appare davanti agli occhi come una lontana forma di vita che, confrontata con l'oggi, mostra la forza del tempo nello sviluppare e degradare le civiltà.

