
Amedeo Guillet è uno degli eroi dimenticati del Novecento italiano. Nato a Piacenza nel 1909, allo scoppio della Seconda guerra mondiale si trovava nell’Africa italiana come comandante di un reparto di cavalleria indigeno. Con i suoi uomini si rese protagonista di azioni memorabili: conosciuto come cummundar-as-sheitan, il “comandante diavolo”, affrontò le superiori truppe inglesi meritandosene il rispetto grazie al genio tattico e al coraggio. Per sopravvivere dopo la sconfitta degli alleati e una strenua resistenza privata, cambiò nome e si finse acquaiolo, maniscalco, veterinario, fino a rifugiarsi nello Yemen e diventare consigliere dell’Imam. Tornato clandestinamente in patria nel 1937, combatté per la liberazione dai tedeschi; dopo il referendum del 2 giugno abbandonò la divisa in nome della propria lealtà al re, e si dedicò alla carriera diplomatica nei Paesi arabi. Una vita intensa, al termine della quale si è ritirato nella tranquilla campagna irlandese. Sebastian O’Kelly ci guida alla scoperta del Lawrence d’Arabia italiano, e in un saggio preciso e appassionato ne racconta vita, avventure e amori raccogliendone anche la viva testimonianza. Una vicenda umana coinvolgente ed esemplare, la storia straordinaria dell’ultimo protagonista di un’epoca e un mondo che sembrano ormai dimenticati.
Non ci pensiamo mai, ma la vita può deragliare improvvisamente. Bastano due parole. È successo il 19 maggio 2009 a Pietro Calabrese, una carriera luminosa nel giornalismo e un’esistenza piena. Nel suo caso le due parole sono state addensamento polmonare, pietoso eufemismo per significare che è entrato di diritto nella costellazione del cancro (quale acutezza nella battuta di Woody Allen: “Oggi le due parole che è più bello sentirsi dire non sono ‘ti amo’ ma ‘è benigno’”). In questo libro tanto lucido quanto toccante Calabrese racconta il suo cammino, giorno per giorno, dopo quel fulmine a ciel sereno. Un cammino che passa per l’altalena dello sconforto e della speranza, per le notti sotto l’assalto molesto dei pensieri e per il ricordo sognante di quando la notte – invece – si parlava d’amore, per il tempo che diventa sospeso e per il calore benefico delle persone care (“già, e adesso chi lo dice agli amici?”). Ed è un cammino che passa inevitabilmente per la brutalità delle cure e per un corpo devastato in cui non ti riconosci più. Eppure, a un certo punto, fa una svolta radicale e diventa un cammino di crescita e di consapevolezza nuova. Raggiunta durante una chiacchierata con un amico sotto un baobab africano, il monumentale albero dei mille anni. Da lì Pietro, scoprendo una verità semplice e rivoluzionaria ma nascosta, lancia a tutti un messaggio salvifico, scritto con la penna del grande giornalista ma pensato con la mente e con il cuore dell’uomo.
Pietro Calabrese, nato nel 1944 a Roma da genitori siciliani e scomparso il 12 settembre 2010, a pochi giorni dall’uscita di questo libro, è stato una delle firme più note del giornalismo italiano. Ha diretto “Il Messaggero”, “Capital”, “La Gazzetta dello Sport” e “Panorama”. Ha firmato alcune rubriche fisse su periodici, fra cui Moleskine su “Sette”. Proprio da questa rubrica, subito dopo che nel maggio 2009 gli era stato diagnosticato un tumore al polmone, ha cominciato a raccontare la sua storia attribuendola all’amico Gino. I lettori lo hanno sommerso di mail e lettere comunicandogli una “vicinanza amorosa” che gli ha dato forza e conforto. Grazie, popolo di Gino!
Fotografi che ti chiamano, estranei che ti ammirano,
fan che ti acclamano, persone ossequiose che fanno gli zerbini.
E quando torni a casa, un marito che commenta:
“Vallo a dire agli operai della Breda, che sei stanca”.
DA MISS ITALIA A VOLONTARIA NEL CUORE DISPERATO DI HAITI, LA STRAORDINARIA AVVENTURA DI UNA RAGAZZA QUASI NORMALE.
Martina ha solo sedici anni quando viene eletta Miss Italia nel 1991.
La sua vita da adolescente della provincia romagnola è stravolta: passerelle, copertine, interviste e la relazione con il campione di sci Alberto Tomba.
Non sarà facile tenere i piedi per terra evitando le trappole del mondo scintillante e infido in cui è entrata, ma le soddisfazioni non mancheranno: programmi in tv e radio, ruoli cinematografici, tanti incontri importanti da Sean Penn a Berlusconi. Aggiungiamo il colpo di fulmine con l’ex difensore del Milan Alessandro Costacurta, con cui coronerà il sogno di un matrimonio felice e della maternità, e la sua storia diventa quella di una ragazza che dalla vita ha avuto tutto – bellezza, successo, amore. Ma nell’autunno 2007, di fronte alle immagini della Repubblica di Haiti devastata dalla povertà ecco il colpo di scena: Martina parte per l’inferno tropicale. Lavora fianco a fianco con i volontari della Fondazione Rava impegnati nel tentativo di dare sollievo alle vittime di tanta miseria. Affronta la fatica, l’orrore degli obitori, il dramma di un Paese dove l’ottanta per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno e un bambino su tre non arriva a compiere cinque anni. In Italia raccoglie fondi, promuove campagne, intensifica il suo impegno dopo il terribile terremoto del gennaio 2010. E capisce che se anche ha fatto molta strada da quel palco del 1991, il viaggio è appena cominciato.
In questo suo primo libro Martina si racconta in modo franco, scanzonato e orgoglioso, privo di paure e compromessi. L’autobiografia di una combattente nata, che ha saputo crescere negli affetti, nel lavoro, nella solidarietà, ma che ancora riconosce ogni mattina nello specchio la ragazza che è sempre stata. Quella per cui la vita è una, da vivere senza risparmio.
Nel 1994 ,Tony Blair sale alla ribalta come leader del Labour inglese: è l'inizio di un vero e proprio terremoto politico. Nel giro di pochi anni, trasforma radicalmente il partito e raduna attorno a sé un vasto consenso nel Paese, ottenendo la più grande vittoria laburista di tutti i tempi alle elezioni del 1997 dopo 18 anni di governo conservatore. Un viaggio è il racconto in prima persona della vita politica, durante e oltre gli anni vissuti da Primo ministro inglese, di uno dei leader centrali degli ultimi decenni, rieletto al governo con tre successivi mandati in anni turbolenti. Per la prima volta, Blair parla del suo ruolo nei grandi eventi della storia recente, dalla morte della principessa Diana alla guerra contro il terrorismo. Spiega le decisioni strategiche necessarie a reinventare un partito e ad affrontare le battaglie sull'istruzione e la salute, avviando la maggior riforma dei servizi pubblici dal secondo dopoguerra. Descrive le relazioni con colleghi come Gordon Brown e con altri leader mondiali come Mandela, Clinton, Putin, Bush, Berlusconi. E analizza l'aspetto etico di decisioni difficili come l'intervento in guerra: in Kosovo, Sierra Leone, Afghanistan e la più controversa di tutte, l'Iraq. "Un viaggio" è anche il libro sulla natura e sugli usi del potere politico. Tony Blair ripercorre gli alti e bassi della sua carriera con uno stile franco, coraggioso e non privo di ironia, offrendo una riflessione sull'uomo che sta dietro al politico e allo statista.
L’amore, il sesso, la carriera, la maternità. Come un giocoliere su un filo, Antonella riesce a tenere ogni cosa in equilibrio e in queste pagine racconta senza reticenze il suo personale, laborioso viaggio verso la felicità. Tutto inizia con un incontro improvviso a Marrakech. È amore e, insieme, arriva il desiderio di un figlio. Ma l’orologio biologico è spietato e quel sogno sembra destinato a non avverarsi. Intanto la carriera preme e richiede impegno ed energie con voracità sempre maggiore. Finché, nel bel mezzo della preparazione di Ti lascio una canzone, accade l’imprevedibile e Antonella resta incinta della piccola Maelle. «Mai come allora ho avuto la sensazione di averlo fatto. Alzare le vele al destino e lasciarmi trasportare. Così era successo con Maelle, così era sempre accaduto nella mia vita. Tutto per essermi esposta, aver giocato la mia mano senza la certezza di vincere. Era vita, semplicemente.» Una confessione a cuore aperto, nello stile inconfondibile di Antonella Clerici.
La natia Dalmazia è rimasta nel cuore di Ottavio Missoni. La sua è la vita piena di un grande atleta - giunto sesto nella finale dei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Londra del 1948 -, di un marito felice dopo 57 anni di matrimonio, del creatore, con la moglie Rosita di un impero della moda che ha conosciuto un successo mondiale. Ma Missoni non dimentica l'esilio a cui è stato costretto, insieme ad altri 360.000 istriani e dalmati, dopo la Seconda guerra mondiale. Il suo primo libro è un tributo a chi ha perso la vita nelle foibe, nelle deportazioni e nelle pulizie etniche, e a chi ha lasciato la casa e i luoghi del cuore, e ha dovuto ripartire da zero, in un'altra città d'Italia o in Australia.
“Lei sa la differenza fra un piccolo e un grande giornale? Il grande giornale è quello che pubblica anche le notizie che dispiacciono. S’intende, la notizia che ci dispiace la si commenta come più ci piace.”
— Eugenio Torelli Viollier
Dalla Napoli borbonica alla Milano post-unitaria, dalla fondazione del “Corriere” alla battaglia per difenderne l’indipendenza, la straordinaria avventura dell’uomo che dopo l’Italia provò a fare gli italiani.
“Nacqui a Napoli, il 26 marzo 1842. I miei genitori furono Francesco Torelli e Giuseppina Viollier, della quale aggiunsi il cognome al cognome paterno”: così Eugenio Torelli Viollier iniziava la sua autobiografia, riducendo a cronaca asciutta una parabola straordinaria.
Schivo e riservato ma dotato di un’energia inesauribile, visse da protagonista una stagione di fermento civile e culturale in cui si compì l’Unità nazionale. Ancora ragazzo fu a fianco di Garibaldi sui monti dell’Irpinia, apprese i rudimenti del giornalismo sotto l’ala di Alexandre Dumas, respirò il progresso nella Francia di Napoleone III e scelse la Milano della Scapigliatura per creare quello che sarebbe diventato il più importante quotidiano d’Italia. Domenica 5 marzo 1876 uscì la prima edizione del “Corriere della Sera”, che sull’esempio di Parigi e Londra si proponeva di coniugare notizie minute e aggiornamenti politici dalla capitale, eleganza di stile e sobrietà di contenuti, interessi del pubblico e imparzialità delle voci. Nato con poche migliaia di lire, si rivelò un giornale d’avanguardia, capace di esprimere lo spirito fattivo e concreto dello Stato nascente, ma aperto anche al mondo, con i primi reportage dall’America e i dispacci degli inviati sui pogrom in Europa orientale.
Intrecciando biografia privata, affresco sociale, storia del costume, aneddoti e gustose citazioni, Massimo Nava racconta la vicenda malinconica ed esaltante di un misconosciuto “padre della patria” che agli albori del giornalismo moderno ha incarnato lo spirito di un’Italia giovane e rissosa, ambiziosa e imperfetta, spesso divisa e talvolta meschina, ma ancora animata da ideali assoluti. Come quelli di obiettività e indipendenza di un grande quotidiano.
MASSIMO NAVA, milanese, editorialista del “Corriere della Sera” da Parigi, è stato inviato internazionale e corrispondente di guerra. È autore di numerosi saggi tra cui Kosovo c’ero anch’io (1999), Milosevic, la tragedia di un popolo (2001), Vittime. Storie di guerra sul fronte della pace (2005), Sarkozy, il francese di ferro (2007, tradotto anche in Francia). Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo, La gloria è il sole dei morti, sull’avventurosa vita dei fratelli Bixio.
“Ha il cilindro per cappello, due diamanti per gemelli, un bastone di cristallo, la gardenia nell’occhiello, e sul candido gilet un papillon di seta blu”: con queste parole in Vecchio frac, una delle sue canzoni più famose, Domenico Modugno nel 1955 ricorderà con commozione, un anno dopo la scomparsa, il leggendario principe siciliano Raimondo Lanza di Trabia. Misterioso tombeur de femmes, personaggio fascinoso e brillante, doppiogiochista imprevedibile, il principe e la sua fulminea vicenda si perdono sfuggenti tra le pieghe reali e fantastiche della storia del Novecento italiano, e non solo. Ma il suo alone mitico non accenna a dissolversi.
È possibile che un uomo solo sia stato fidanzato di Susanna Agnelli, amante di Joan Crawford, amico forse più che intimo di Edda Ciano e Rita Hayworth, a lungo frequentatore di Gianni Agnelli, Ranieri di Monaco, Aristotele Onassis e dello scià Reza Pahlavi, ma anche presidente del Palermo Calcio e inventore del calciomercato, corridore automobilistico e protagonista del rilancio della Targa Florio, spia fascista durante la guerra civile spagnola e mediatore con i partigiani nella Roma “città aperta” del ’43?
Marcello Sorgi, con l’accuratezza e il gusto per la narrazione che lo contraddistinguono, ci restituisce il ritratto eccentrico dell’ultimo, grandioso Gattopardo, in bilico tra stravaganze dannunziane e debolezze brancatiane, le suggestioni della fine di una grande dinastia e di un castello che era la sua reggia, le imprese indimenticabili della “vita breve e avventurosa di un dandy, atteso all’incrocio di tutti i grandi eventi del suo tempo”.
Tra fascismo, guerra di Spagna, Resistenza e grandi amori:
le avventurose imprese di un Gattopardo in lotta con il suo tempo.
Un bambino di appena quattro anni nascosto sotto il tavolo di una grande cucina, nell'attesa degli eventi che diventeranno poi la sua vita. È questa la prima immagine che appare a Emanuele Severino quando, errando tra i ricordi, riavvolge i fili della propria esistenza. Errando, appunto, perché il ricordo è di per sé falso e distratto. Tra aneddoti e suggestioni, riaffiorano l'infanzia a Brescia e gli anni della guerra; la scomparsa prematura di suo fratello Giuseppe, arruolatosi come "volontario" sul fronte francese, e l'incontro con Esterina, "la ragazza più bella di Brescia", che sarebbe diventata sua moglie, la controversia con la Chiesa, che nel 1970 proclamò l'insanabilità delle posizioni del filosofo con quelle della dottrina cattolica, e l'evoluzione del suo pensiero. "Il mio ricordo degli eterni" è lo sguardo dell'autore che per la prima volta si posa, delicato e ironico, su frammenti della sua vita, illuminando via via luoghi, volti ed esperienze, perché "ciò che se ne va scompare per un poco. Ma poi, tutto ciò che è scomparso riappare".
“Questo saggio racconta il mio lungo percorso di vita e di lavoro: ne emergono gli interessi e le iniziative verso le quali sono stata da sempre attratta, iniziative che hanno, per me, un grande valore etico.” Così Rita Levi-Montalcini sintetizza i temi e le riflessioni che Giuseppina Tripodi, da oltre quarant’anni sua fidata collaboratrice, ha intrecciato in questo libro narrando la storia, l’altruismo, gli insegnamenti, le scoperte e le battaglie accorate. All’inizio della sua attività, Rita Levi-Montalcini voleva andare in Africa e curare i lebbrosi, e nel corso della sua lunga vita è rimasta idealmente fedele a questo scopo, che è poi riuscita a realizzare grazie alla sua Fondazione da sempre orientata a difendere il ruolo della donna, elevare il livello culturale femminile e la consapevolezza dei propri mezzi. “Il suo impegno sociale” scrive la Tripodi “contagia le persone, le motiva a confrontarsi con il mondo circostante e a muoversi in una realtà in costante mutamento, senza più confini se non quelli determinati dalle distanze sociali e culturali.” La lezione di Rita Levi-Montalcini, oltre a fornirci un ritratto inedito e sincero della grande scienziata, ci restituisce il senso più profondo della sua vita, «la centralità della persona e il fine ultimo del concetto della ragion d’essere», per dimostrare che anche la più straordinaria scoperta sarebbe sterile, se non fosse rivolta al miglioramento della vita dell’umanità, e in particolare di coloro che soffrono.
Giuseppina Tripodi, nata a Reggio Calabria nel 1951, da oltre quarant’anni è diretta collaboratrice di Rita Levi-Montalcini. Tra i suoi libri scritti con Rita Levi- Montalcini: I nuovi magellani dell’era digitale (2006), La clessidra della vita di Rita Levi-Montalcini (2008), Le tue antenate (2008).
"C'era una donna quindici secoli fa ad Alessandria d'Egitto il cui nome era Ipazia." Fu matematica e astronoma, sapiente filosofa, influente politica, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento. Fu bellissima e amata dai suoi discepoli, pur respingendoli sempre. Fu fonte di scandalo e oracolo di moderazione. La sua femminile eminenza accese l'invidia del vescovo Cirillo, che ne provocò la morte, e la fantasia di poeti e scrittori di tutti i tempi, che la fecero rivivere. Fu celebrata e idealizzata, ma anche mistificata e fraintesa. Della sua vita si è detto di tutto, ma ancora di più della sua morte. Fu aggredita, denudata, dilaniata. Il suo corpo fu smembrato e bruciato sul rogo. A farlo furono fanatici esponenti di quella che da poco era diventata la religione di stato nell'impero romano bizantino: il cristianesimo. Perché? Con rigore filologico e storiografico e grande abilità narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l'avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo. Partendo dalle testimonianze antiche, l'autrice ci restituisce la vera immagine di questa donna che mai dall'antichità ha smesso di far parlare di sé e di proiettare la luce del suo martirio sulle battaglie ideologiche, religiose e letterarie di ogni tempo e orientamento.
Ezio Tarantelli cade sotto una raffica di mitra il 27 marzo del 1985 all'uscita della Sapienza di Roma, dove insegna. Le Brigate Rosse colpiscono così uno dei grandi artefici della riforma del lavoro, l'uomo simbolo della lotta all'inflazione, l'economista che ha osato mettere in discussione la scala mobile e il cui obiettivo fondamentale è stato, da sempre, uno: creare le condizioni per un mondo in cui nessuno debba più subire la disoccupazione. Questo libro è il viaggio del figlio Luca nella memoria del padre. Dopo venticinque anni di silenzio ha raccolto le forze e il coraggio per ricostruirne la vita, la personalità e il pensiero. Attraverso centinaia di testimonianze e decine di interviste, in gran parte inedite, Luca ci restituisce il ritratto di una delle figure più luminose degli Anni di piombo: un intellettuale libero, senza vincoli a partiti o istituzioni e mosso esclusivamente dall'incrollabile fiducia nelle proprie idee e dalla ricerca ostinata di soluzioni concrete alle sofferenze sociali. Un uomo che aveva sognato di ridisegnare il sistema delle relazioni industriali in nome della concertazione e del riconoscimento della dignità e dei diritti di tutte le parti. Le cui proposte, in anticipo di quasi vent'anni sul suo tempo e ancora attualissime, vennero tradite. Queste pagine ci offrono un potente scorcio degli anni Settanta e Ottanta come non ce li ricordiamo, un pezzo di storia rimossa dalla memoria collettiva... Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.