
Questa biografia presenta il grande generale e l'uomo privato alle prese con il conflitto tra ideali e realtà storiche in un epoca di rotture e nuovi orizzonti. Il volume non è solo una "Vita" di Napoleone ma anche la rivisitazione delle interpretazioni che gli storici ne hanno dato in questi due secoli.
Cola di Rienzo (1313-1354) fu uomo di vasta cultura, oratore con grandi capacità di persuasione e importante uomo di governo, che con il titolo di "tribuno" tentò di riformare le istituzioni di Roma in senso popolare. Dopo vicende di grande portata storica e straordinarie peripezie, la sua vita si concluse tragicamente nel corso di una sommossa popolare. Il presente volume racconta una nuova vita di Cola di Rienzo alla luce delle più recenti ricerche storiche. Il primo capitolo è dedicato a Roma e al tempo in cui visse il protagonista; nei capitoli centrali è raccontata la storia della sua vita, mentre nell'ultimo capitolo si indaga il modo in cui si è andata costruendo l'idea del "personaggio" Cola di Rienzo nel corso dei secoli.
Questo libro illustra i cinquant'anni di regno del piú importante zar, durante il quale la Russia si trasformò in una monarchia potenzialmente europea. Pietro non fu affatto uno zar onnipotente che riformò da solo il suo paese, ma agí affiancato (e ostacolato) da una schiera di potenti aristocratici, che riuscí a domare politicamente per poter raggiungere i suoi obiettivi. Egli riuscí a imporsi con la sua levatura politica su un'élite litigiosa e potente anche ricorrendo a compromessi, nuovo equilibrio di potere e una concezione nuova ed europea della politica. L'autore di questa biografia ci svela le lotte intestine dell'aristocrazia russa e la vittoria finale della famiglia di Pietro e dei boiari suoi alleati.
Protagonista di una stagione di eccezionale rilievo nella storia d'Europa, Federico II è stato e continua ad essere oggetto di interpretazioni antitetiche: sovrano illuminato, capace di destreggiarsi e imporsi nella complicata realtà politico-sociale dell'Europa del '200, per alcuni; è stato, secondo altri, un "imperatore medievale", intollerante e poco lungimirante. Stürner riallaccia i fili della memoria dell'intera vicenda federiciana: dalle origini - l'eredità normanna e quella sveva e l'intricata vicenda familiare ai complicati, e spesso aspri, rapporti tra il papato e l'impero, rimuovendo le stratificazioni mitologiche e ideologiche che nei secoli hanno avvolto la figura di Federico II, alterandone la fisionomia. Quella di Wolfgang Stürner è l'opera più completa e aggiornata sull'imperatore svevo, svincolata dalle secche delle strumentalizzazioni ideologiche, unanimemente apprezzata per il rigore storico e filologico, il puntuale utilizzo del vastissimo deposito di fonti e letteratura, l'antidoto migliore contro ogni forzatura interpretativa. Completa l'edizione italiana una importante introduzione di Ortensio Zecchino.
Eugenio Di Rienzo indaga, anche attraverso una ricca rassegna di documenti mai pubblicati in edizioni italiane, la delicata e ancora molto dibattuta questione dei rapporti tra Napoleone III e l'Italia. Napoleone III esercitò una formidabile influenza in tutta Europa: la sua azione diplomatica in politica estera condizionò e favorì un nuovo equilibrio tra le varie potenze nazionali, che si sarebbe mantenuto sostanzialmente immutato fino al primo conflitto mondiale.
Come avviene per tutti i giganti della storia, sulla figura di Carlo Magno è stato scritto tutto e il contrario di tutto. E la costruzione del mito si sovrappone, come spesso accade, alla realtà storica restituendo talvolta un quadro incerto e ambiguo del personaggio. Il caso di Carlo Magno è, da questo punto di vista, emblematico. Come 'accedere" al vero Carlo dopo la Chanson de Roland? In 1200 anni la figura del sovrano carolingio è stata incessantemente recuperata, utilizzata, manipolata fino al suo ultimo avatar che lo vuole padre dell'Europa, una sorta di fusione tra Adenauer e De Gaulle che riconcilia il mondo germanico e quello francese. Districandosi tra le varie ricostruzioni storiche l'autore delinea la 'biografia" di Carlo Magno più veritiera, depurata dagli aloni che nel corso dei secoli hanno avvolto la sua figura
Negli ultimi anni la tradizionale immagine di Maria de' Medici veicolata dalla storiografia otto-novecentesca che la ritenne asservita alla politica spagnola e papale, succube dei suoi favoriti e incapace di realizzare l'affermazione dell'assolutismo monarchico è stata oggetto di una profonda revisione, in particolare per quello che riguarda gli aspetti artistici e culturali. La reggenza di Maria viene oggi considerata come un momento decisivo nel passaggio dalla monarchia rinascimentale alla monarchia assoluta, sia sotto il profilo strettamente politico che sotto quello culturale e intellettuale. Il volume è l'unica biografia di Maria de' Medici disponibile in lingua italiana che presenta un'aggiornata e completa riconsiderazione della vita della sovrana, qui esaminata soprattutto nella sua dimensione politica. In particolare, sono analizzati i modi in cui Maria cercò di affermare un modello di sovranità femminile e di costruire nel sistema politico francese un ruolo specifico per la regina madre.
Attraverso una attenta ricostruzione della vita e della filosofia di Giovanni Amendola, Alfredo Capone fornisce la chiave per indagarne il pensiero politico, che assume la democrazia liberale moderna fondata sul superamento del principio individualistico del liberalismo classico e su una concezione della religione come cristianesimo filosofico e aconfessionale. La democrazia politica di Amendola trova le sue origini nel radicalismo risorgimentale, nel cui solco egli colloca il riformismo del Partito socialista al quale aderì adolescente. Attraverso l’analisi del suo pensiero e delle sue vicende politico-biografiche, come l’esperienza della guerra – che mise a nudo le sue illusioni interventiste e il suo sogno di una “Grande politica nazionale” – l’autore mette in luce la svolta in senso radicale della sua concezione della democrazia, che si fonda sulla presa d’atto della catastrofe irreversibile della classe dirigente italiana nel suo insieme. Giovanni Amendola segna la linea di non ritorno dell’Italia liberale e laica del Risorgimento e l'inizio dell’Italia dei partiti di massa. Deve la sua “sfortuna” storiografica, secondo l’autore, alla struttura del sistema politico italiano, i cui conflitti trovano sempre una ricomposizione sulla frontiera del populismo, del consociativismo e dunque nel rifiuto della democrazia liberale europea di cui il nostro fu il massimo esponente nell’Italia contemporanea e per molti aspetti, il fondatore.
Oppresso dai suoi mali interni e minacciato dalle aggressioni dei barbari, alla metà del terzo secolo il mondo romano era un organismo invecchiato e sull'orlo del collasso. Diocleziano salì dal nulla ai vertici della carriera, si impadronì dell'impero con la violenza, governò con feroce determinazione per più di venti anni, dal 284 al 305. Ma i fasti del potere non cambiarono la sua natura: rimase sempre un soldato. Diocleziano non fu un rivoluzionario, come Augusto o Costantino. Seguendo il suo istinto di soldato, pensava che la rifondazione dell'impero dovesse procedere nel rispetto supremo della tradizione, della religione dei padri. Alla fine trionfò su tutti i suoi nemici: usurpatori, barbari, Persiani. In segno di riconoscenza agli dei scatenò durissime persecuzioni contro i dissidenti, gli empi seguaci di religioni lontane dalla tradizione: i manichei, che arrivavano dalla Persia sasanide; e, avversari ancora più insidiosi, i cristiani. Al culmine della gloria, al momento di godere di una pace finalmente riconquistata, Diocleziano abdicò. Fu una scelta inaudita, inaspettata, unica nella storia dell'impero romano. Perché abdicò? Malattia, stanchezza, delusione? O, piuttosto, volontà di applicare un progetto politico teorizzato negli anni? La scelta di Diocleziano è un enigma che continua ad affascinare gli storici. Sicuramente contò il desiderio di congedarsi dai duri impegni della sua missione. Diocleziano si ritirò lontano, in un grande palazzo...