
Eccentrico già agli occhi dei contemporanei, Pico è sempre stato un pensatore difficile da collocare. Ricco, esibizionista, uomo di mondo e "dilettante di genio", il Conte della Mirandola è, a più di cinque secoli, una sorta di ospite illustre e scomodo della cultura italiana. Lorenzo de' Medici, tra i pochissimi che riuscirono a confrontarsi con lui (quasi) alla pari, lo definì "istrumento di sapere fare il bene e il male" e Pico, di cui tanto si è parlato e scritto, ci appare ancora come un enigma. L'"Orazione" sulla dignità dell'uomo è considerata uno dei testi più rappresentativi del Rinascimento, ma il resto della sua opera - in tutta la sua lussureggiante erudizione - rimane quasi inaccessibile, tanto ricca da sconcertare e confondere. Con questo libro, viene per la prima volta individuata una chiave interpretativa forte, che pone al centro delle riflessioni pichiane la qabbalah e il pensiero mistico ebraico, da Pico conosciuto grazie a moltissime traduzioni latine da lui stesso commissionate. Il Millennio è organizzato come un dizionario, per lemmi, e ad ogni lemma corrisponde una selezione di brani di Pico sul tema. Un'antologia eclettica e affascinante, per esplorare il pensiero vertiginoso di un "irregolare" che, pagina dopo pagina, ha saputo creare un cocktail esplosivo di filosofia, matematica, magia e astrologia, finendo - non a caso con l'essere accusato di eresia dai tribunali vaticani.
Uto Ughi ha soltanto tre anni quando il suo primo maestro, l'amico di famiglia Ariodante Coggi, gli mette in mano un violino minuscolo, e glielo lega al collo perché non cada. Nasce cosi uno dei più grandi talenti musicali del nostro tempo, un esecutore dalla naturale e precoce attitudine a "tirar l'arco", che calca, ad appena sette anni, i palcoscenici dei teatri per i primi concerti in pubblico. Tuttavia questo libro non si limita a ripercorrere l'apprendistato del musicista, le lezioni con George Enesco, i concerti tenuti in tutto il mondo, i sodalizi artistici con i più grandi interpreti degli ultimi cinquant'anni. Questo libro ci svela un inedito Uto Ughi, un uomo che, lontano dai riflettori, ama la letteratura, i viaggi e la natura, il silenzio consapevole e i luoghi del mito, dove poter ritrovare se stesso. Capace come pochi di mantenere intatto nel tempo il rapporto con il pubblico, Uto Ughi condivide per la prima volta con i lettori i tesori accumulati durante il suo cammino professionale e umano, e mette insieme il racconto di una vita ricca di passioni.
Cocciuta e allergica al potere, fu la «talent scout» di Benito Mussolini, che portò al vertice del Partito socialista italiano e alla direzione dell'«Avanti!», per poi pentirsene amaramente quando lui tradí il partito: da questa contrastata relazione nacquero i suoi libri piú famosi, tra cui Il Traditore. In molte biografie mussoliniane è inserita nell'harem del Duce, ma egli stesso parlò di lei come di nessun'altra donna: al suo biografo Yvon De Begnac confidò che se non l'avesse incontrata sarebbe rimasto «un piccolo attivista di partito, un rivoluzionario della domenica».
Eppure questa donna non comune, femminista della primissima ora, amica di Rosa Luxemburg e dei maggiori esponenti del socialismo mondiale, è rimasta una figura storica di secondo piano, dimenticata e sottovalutata. Finora non era stata mai raccontata la sua straordinaria avventura esistenziale e politica, segnata dalla maledizione che la madre le lanciò quando lei decise di tuffarsi nel vulcano della rivoluzione e dalla damnatio memoriae di comunisti e socialisti per la sua adesione alla socialdemocrazia, in odio allo stalinismo.
Nato a Milano nel 1882, Alberto Pirelli (padre di Leopoldo e Giovanni) guidò l'azienda di famiglia dal 1904 fino al 1965, dedicandosi allo sviluppo in Italia e all'estero dell'industria della gomma e dei cavi elettrici, oltre che di industrie tessili e chimiche: più di mezzo secolo durante il quale la Pirelli divenne un importante gruppo internazionale con quasi cento stabilimenti nel mondo. Dal 1920 al 1922 rappresentò l'Italia nell'Ufficio Internazionale del Lavoro a Ginevra e successivamente nel Comitato Economico della Lega delle Nazioni. Dal 1919 al 1939 fu il negoziatore italiano in tutte le trattative ufficiose ed ufficiali che condussero ai successivi regolamenti del problema delle riparazioni di guerra da parte della Germania, dell'Austria e dell'Ungheria. Fu nominato Ministro Plenipotenziario nel 1924 e Ministro di Stato nel 1938. Complessi furono i rapporti all'interno della famiglia, in particolare col figlio Giovanni: un continuo confronto ideologico-politico tra un figlio eretico e di sinistra e un padre illuminista, convinto che "è alla costante evoluzione della vita sociale, non alle rivoluzioni, che si deve soprattutto il progresso".
Proprio di questo «umanesimo scientifico» - un ponte fra le due culture, fra la tradizione umanistica e la grande scienza novecentesca - vennero poste le basi a Torino, nella casa editrice di Giulio Einaudi. Sui primi volumi pubblicati ancora sotto il fascismo si innestò nel dopoguerra un progetto editoriale vasto e ambizioso, di cui fu protagonista un giovane Paolo Boringhieri, che coordinò dalle stanze della casa editrice alcuni fra gli scienziati e filosofi della scienza piú importanti del paese. I loro scontri e le loro idee, che vengono qui per la prima volta indagati in profondità e attraverso documenti inediti, costituiscono di fatto le radici di gran parte dell'odierna cultura scientifica italiana.
***
«Giulia Boringhieri segnala subito la sfida che questo importante libro ha rappresentato per lei: "I figli di solito scrivono memorie, non storie. Può una figlia raccontare di suo padre e sperare di essere credibile?"
Dipende dal padre, dipende dalla figlia.
Paolo Boringhieri, riservato, alieno dalle dichiarazioni, non amava raccontarsi e non ha lasciato molte tracce di sé nei documenti collettivi della casa editrice Einaudi. Giulia Boringhieri ci narra la sua vicenda, attraverso una ricchissima documentazione, riuscendo a fare della memoria la trama rada e tenace che anima e colora un rigoroso tessuto di ricerca. Con piglio di storica e pietas di figlia ripercorre per noi una zona ancora poco conosciuta dell'Einaudi prima, delle Edizioni Scientifiche Einaudi poi e infine della nascita della casa editrice del "cielo stellato"».
Luisa Mangoni
Autobiografia dell'amica e compagna di vita, autobiografia di se stessa in conto terzi, autobiografia di un gruppo di artisti e intellettuali che hanno cambiato la cultura del Novecento. Con quest'opera Gertrude Stein ha scritto tre libri in uno, identificandosi nell'amica, distanziandosi da se stessa (e oggettivandosi), ma soprattutto disegnando l'affresco più affascinante della Parigi artistica e letteraria dell'inizio del secolo fino ai primi anni Trenta: Braque, Matisse, Hemingway, Cocteau e tutti gli altri. E ovviamente Picasso, la sua migliore «invenzione».
Miss Stein era stato il primo motore immobile della nuova letteratura americana, ma non fu mai capace di rendere i suoi coraggiosi esperimenti stilistici - «Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa» - accessibili al grande pubblico.
Per questo la sua produzione rimase divisa in due parti nettamente distinte: da una parte lo slancio cubista di libri come Teneri bottoni e dall'altra i libri come l'Autobiografia in cui scendeva drasticamente a compromessi con i suoi ideali di rottura. Eppure il successo le era arrivato solo con quell'autoritratto ironico e acuto, per cui aveva posato senza saperlo tutta quella che lei aveva ribattezzato «la generazione perduta». Dalla prefazione di Giuseppe Scaraffia
Il narratore della Recherche, ha detto Deleuze, è simile a un ragno in agguato ai margini della sua tela che vibra, gli trasmette messaggi discontinui, gli indica la presenza di una preda: controfigura dell'uomo che trascorre lunghi anni in una camera foderata di sughero, lontano da quella realtà di cui cerca di registrare i segnali, anche i piú impercettibili, con il solo strumento - la scrittura - di cui dispone. Chi osserva la vita quotidiana di Marcel Proust e riconosce in essa alcuni dei germi che nella Recherche verranno metabolizzati e sottoposti a un radicale disorientamento, ha spesso l'impressione di assistere al formarsi progressivo, sui margini, di una glossa smisurata, antropofaga e invasiva. I frammenti biografici, che affiorano in modo discontinuo tra le pagine di questo libro e che sembrano obbedire alle necessità dell'opera a venire, ci permettono di riconoscere l'alfabeto in cui si elabora la «lingua straniera» di cui Proust vuole impadronirsi e nella quale, diceva, sono scritte tutte le grandi opere; additano lo snodo dove l'autobiografia del possibile si innesta sull'autobiografia reale di chi ha prodotto quel gigantesco, tentacolare agglomerato, che incamera e deforma ogni dettaglio, ogni sintomo e «fatto» biografico, ogni radice, ogni lettura, ogni sollecitazione e ogni impronta, che divora il suo creatore e, con la sua consapevole complicità, lo riduce all'ombra di un altro che potremmo, con Albertine, chiamare «Marcel».
Johann Sebastian Bach è uno dei compositori piú enigmatici e complessi della storia della musica. Gardiner fin da giovanissimo ha eseguito e studiato l'opera di Bach e oggi è uno dei suoi piú rinomati interpreti. I frutti della sua lunga esperienza come direttore, si distillano in questo libro per farci comprendere e apprezzare non solo alcune delle piú importanti composizioni bachiane, ma anche tutto quanto è possibile oggi sapere sull'uomo che le scrisse.
Machiavelli lodava il suo genio militare; i sovrani di mezza Europa facevano di tutto per procurarsi il suo elisir segreto contro i veleni. Mozart si ispirò a lui per una delle sue prime opere; poeti e drammaturghi cantarono per secoli le sue vittorie e sconfitte, intrighi di corte e concubine e, soprattutto, della sua morte avvolta dal mistero. Eppure, fino a oggi, nessuno storico moderno ha raccontato la storia di Mitridate, sovrano spietato e visionario ribelle che nel I secolo a.C. sfidò Roma.
Adrienne Mayor narra la storia del re del Ponto unendo il talento del grande narratore alle piú recenti scoperte archeologiche e scientifiche. Il re Veleno descrive un'esistenza traboccante di eventi spettacolari e di momenti di pura esaltazione.
Rivendicando tra i propri avi Alessandro e Dario, Mitridate, dopo che la madre aveva assassinato il consorte, ereditò a quattordici anni un ricco regno sul Mar Nero. Fuggito da Sinope mettendosi in salvo dagli intrighi materni, rimase per anni in esilio e quando tornò nella capitale salí sul trono, rivelandosi un sovrano di straordinaria intelligenza e di ambizioni sfrenate. Acclamato come un salvatore dai sostenitori e temuto dai nemici come un secondo Annibale, immaginò un grande impero orientale in grado di opporsi a Roma. Dopo aver massacrato nell'88 a.C. circa ottantamila romani residenti in Anatolia, conquistò la Grecia e il territorio corrispondente all'odierna Turchia. Combatté alcune delle piú spettacolari battaglie dell'antichità, e trascinò la Repubblica in una lunga serie di guerre, fino a minacciare l'invasione dell'Italia. La sua fantastica capacità di sottrarsi alla cattura e di risorgere anche dopo aver subito perdite devastanti lasciava i romani strabiliati e snervati, mentre la sua abilità nel maneggiare i veleni gli permise sia di sventare i tentativi di assassinarlo sia di eliminare i propri rivali.
Il re Veleno è il racconto appassionante della vita di uno dei piú spietati nemici di Roma.
"In ogni pagina di questo libro c'è il modo di essere donna (di Natalia Ginzburg): un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita... Tra i capitoli del volume si ricorda 'Ritratto d'un amico', certo la più bella cosa che sia stata scritta sull'uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza più che mai struggente il senso dell'esperienza d'anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come 'Le scarpe rotte', un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come 'Silenzio' e 'Le piccole virtù') d'una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d'un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d'una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, 'Lui e io', in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel più affettuoso poema della vita coniugale." (Italo Calvino) L'edizione è corredata dal saggio di Domenico Scarpa "Le strade di Natalia Ginzburg" e da un apparato comprendente le Notizie sul testo, un'antologia della critica, una bibliografia e una cronologia della vita e delle opere. Prefazione di Adriano Sofri.
La vicenda Sindona ha un valore paradigmatico nella storia italiana recente. Sotto gli urti tremendi degli anni Settanta (autunno caldo, shock petrolifero, disordine monetario internazionale, contestazione di massa dell'assetto politico ed economico, terrorismo) si accentua la debolezza storica di una "cultura repubblicana" nel paese. Il crollo dell'impero di Sindona scoperchia nel 1974 il primo grande scandalo finanziario che investe direttamente la DC. Lo contro tra finanza cattolica e laica, il ruolo della mafia, della P2 e del Vaticano, le coperture politiche e istituzionali di cui beneficiò il banchiere ma anche il senso del bene comune di chi lo contrastò sono alcuni elementi di una storia che ha causato enorme scalpore. Oggetto di una apposita commissione di inchiesta parlamentare, la vicenda Sindona è sotto molti aspetti ancora viva perché non pochi nodi che portò alla luce ancora oggi soffocano l'Italia.
Vittorio mi ha trovato un po' inquieta, e ha deciso di sposarmi. Un matrimonio da attori. Sarò breve. A Ventimiglia, una grande chiesa un po' triste. Il prete chiede, forse presagendo qualcosa: «Avete gli anelli?». Io giro furtivamente un anellino d'oro con brillante e Vittorio va nella merceria di fronte a comprarne uno da tenda. La conclusione comica è stata di mia madre.
«Mamma, allora ci siamo sposati».
E lei: «Sei sicura che sia valido?»
Franca Valeri, Bugiarda no, reticente
***
L'attrice e drammaturga milanese ci sta raccontando una vicenda artistica e umana oggettivamente straordinaria (la sua), ma lo fa con un tono fieramente dimesso, defilato. Quasi che il primo destinatario di queste pagine non sia un lettore da impressionare coi fuochi d'artificio, ma il cane Roro IV, compagno di chiacchiere notturne.
Il libro, d'altronde, si presenta come una «veglia dei ricordi» che si dipana notte dopo notte. E i ricordi, come noto, arrivano quando vogliono loro e al modo in cui vogliono loro. Senza seguire nessuna scansione cronologica e tantomeno nessuna gerarchia. Dunque, tutto si gioca sul fronte della scrittura, e la Valeri, si sa, è dotata di una penna sopraffina. Capace di scoperchiare interi mondo con un solo capoverso. (...)
La secchezza è la cifra principale di una prosa fratta, baluginante, capace di inframezzare l'andirivieni narrativo con una scarica ininterrotta di pensieri paradossali e vigorosi, lasciati cadere in ogni direzione e con assoluta nonchalance.
Franco Marcoaldi, la Repubblica
***
Le deliziose memorie autobiografiche di Franca Valeri - abilmente sceneggiate come piccole pièces teatrali - ci rimandano valanghe di ricordi pubblici e privati, generazionali e coetanei.
Alberto Arbasino, la Repubblica
***
Il debutto in Francia, l'infanzia in famiglia, le leggi razziali, la guerra, le serate alla Scala da bambina, i due matrimoni, sei cani e due gatti, il mestiere di attrice, il trasferimento da Roma a Milano, il talento, il destino e l'invenzione dei personaggi più celebri - la Signorina Snob, nata come imitazione delle signore bene di Milano, «a beneficio di un pubblico di amici, anche quello sostanzialmente bene», la Cesira, linguacciuta manicure, e la Cecioni, sarta della Roma popolare
«Mi ribello all'affermazione corrente che sia un dono di natura. La comicità è un lavoro di cervello»: memorie sintetiche e condensate, la vita di una straordinaria interprete del teatro italiano, ma anche una grande lezione di stile e il ritratto di un'intera generazione di donne. Franca Valeri si racconta in un'autobiografia ironica, spiazzante e concentrata, senza compiacimenti, seguendo il filo di una tagliente leggerezza, perchè «a un certo punto non ho avuto più paura di essere banale, così tutte le domande che non mi sono fatta agli inizi della mia carriera me le faccio adesso. Perchè parlo da sola (altra conquista: sono sola), perchè ho materiale, perchè in fondo non è vero che tirare le somme è un brutto segno. Avere una vita a disposizione è anche un divertimento».
Franca Valeri tornerà sul palcoscenico a partire dal 23 gennaio con il suo nuovo testo, la commedia Non tutto è risolto, in scena al Teatro Valle di Roma.