
La dinastia sabauda ha una storia quasi millenaria, è una delle più longeve d'Europa. E stata protagonista di avvenimenti diversi, sebbene quelli che l'hanno resa famosa si iscrivano nella traiettoria discendente novecentesca (in primis la collusione col fascismo). L'età moderna è quella che avvicina i Savoia all'Europa e li rende "diversi" rispetto a ogni altro contesto - aristocratico, signorile o dinastico - tipico della tradizione italiana. Sono due secoli (dalla pace di Cateau-Cambrésis alla fine del '700) di crescita e tenuta dello Stato, segnati dal riconoscimento internazionale. Anni nei quali si consolida un'organizzazione militare e burocratica e si sviluppa una cultura scientifica (inizialmente legata alle officine belliche) da cui scaturisce quel genius loci che porterà Torino a diventare una città industriale.
In Camerun Jean-Paul Pougala è figlio di un notabile, ma è obbligato a lasciare l'Africa a metà degli anni Ottanta. Ora è un piccolo imprenditore che lavora tra l'Africa, Torino e la Cina. In questo libro racconta la sua storia, ma ha anche modo di denunciare le condizioni di vita africane: Pougala è nato in una società patriarcale, suo padre ha trenta figli da varie mogli. Quando con la madre è cacciato di casa decide di tentare la via dell'emigrazione e si ritrova a studiare in Italia, all'Università di Perugia. Ma anche in Italia sperimenta condizioni di vita non sempre agevoli. Al suo arrivo si sente isolato dai compagni di università per le paure di quegli anni legate all'AIDS. E non è quella l'unica forma di apartheid subdolo e pervasivo che sarà costretto a subire, e che per un certo periodo della sua vita ha prevalso persino sull'immagine che egli aveva di sé. Il percorso di un uomo nuovo, una storia di vera globalizzazione personale.
Mitterrand: l'uomo di governo nella V Repubblica, federatore e rifondatore dell'opposizione a De Gaulle e al gollismo negli anni Sessanta e Settanta, capo degli esecutivi nei due decenni successivi. Chi volesse approfondire la conoscenza di questo protagonista della scena politica europea ha ora a disposizione questa biografia, scritta da un profondo conoscitore della vicende storiche d'oltralpe. Un libro che è dunque, inevitabilmente, anche una storia della Francia del secondo Novecento: a partire dalla Resistenza (di cui Mitterrand è stato protagonista), attraverso il ritorno di De Gaulle e l'edificazione della V Repubblica, e poi con l'unificazione di una sinistra divisa, isolata ed egemonizzata dal potente partito comunista.
Dagli anni della formazione intellettuale tra i cinefili del Cineguf all'approdo nell'orbita della fronda e della lotta politica. Dallo sconforto del dopoguerra in una Roma dove il cinema è agonizzante, alla scoperta di una nuova frontiera di cultura europea in una Milano bohémien. Dalle prime prove come sceneggiatore e aiuto regista con Rossellini in "Germania Anno zero" e nella stesura di "Riso amaro" di De Santis, così l'autobiografia di Carlo Lizzani è una ricostruzione minuziosa delle tappe fondamentali di un cammino accidentato: tra fedeltà alle istanze estetiche ed etiche di un cinema risorto dalle macerie della guerra e apertura verso i generi più disparati; tra impegno politico attivo nelle file del Pci e bisogno di narrare, da un osservatorio privilegiato e libero, il recente passato così come le stagioni più calde di un presente tutto da decifrare. Tra faticosa ricerca di sotterfugi per aggirare le strettoie di una censura occhiuta e i contraccolpi di un maccartismo strisciante; tra radicali ripensamenti sotto l'urto dei movimenti contestatari e neoavanguardistici, e riassestamenti, infine, per non soccombere dinanzi al diktat del mercato. Il tutto rievocato attraverso un gioco continuo di rimandi al passato (custodito in lettere, note di diario, articoli, interventi) e riflessioni sul presente.
Il libro è una autobiografia anomala, una sorta di mosaico, in cui Benjamin condensa le esperienze e la topografia della propria infanzia, ridando anima ai sogni facendo rivivere le ore e i luoghi di magia, e al contempo gli angosciosi presentimenti di un bambino ebreo nella Berlino dell'epoca. Ed è forse questa ambiguità il tratto più marcato dei trenta brani (più dodici frammenti proposti in appendice) che compongono il libro: "scavare" nell'infanzia, negli strati nascosti perduti della vita, per riattivare questa "promessa di felicità" che è patrimonio di ogni essere umano ("La fata, grazie alla quale si ha il diritto a un desiderio"), senza tuttavia dimenticare che questa possibile felicità è perennemente esposta ai venti della storia.
Cent'anni fa, il 22 aprile 1909, nasceva Indro Montanelli. Nel 2006 Gerbi e Liucci hanno pubblicato "Lo stregone", il primo volume della sua biografia (1909-1957). Ora è la volta del secondo e conclusivo volume (1958-2001), anch'esso fondato sullo spoglio di una sterminata produzione giornalistica e su abbondanti fonti archivistiche inedite. Gli attacchi all'Eni di Enrico Mattei. Le polemiche contro Camilla Cederna e i radical-chic. La campagna per Venezia. Il doloroso divorzio dal "Corriere" e la fondazione del "Giornale". L'attentato brigatista. Il lungo sodalizio con Silvio Berlusconi, troncato all'inizio del 1994 dalla "discesa in campo" del tycoon televisivo. Il fallimento della "Voce" e il ritorno nell'alveo materno del "Corriere". Sullo sfondo di queste e altre vicende, viene rivisitata - nei suoi chiaroscuri l'intera storia politica dell'Italia novecentesca. Ove spicca un battagliero Montanelli, conservatore sì, ma anche libertario e anticlericale, non esattamente quel "bieco reazionario" dipinto per anni da certa vulgata.
Questo libro è l'occasione per ripercorrere alcuni dei capitoli più intensi e decisivi della storia contemporanea, partendo dalle proteste degli anni Sessanta e Settanta, passando per la caduta del muro di Berlino e il crollo delle ideologie, per approdare agli scenari successivi all'11 settembre, quando Hitchens attaccò i terroristi islamici. Nemico giurato di ogni fondamentalismo religioso, Hitchens ha attraversato gli ultimi quarant'anni di storia delle idee a passo di carica, disseminando il suo percorso di critiche feroci a tutti gli ismi sopravvissuti all'èra delle ideologie, ma anche di saggi sul rapporto tra potere e religione, e sull'importanza fondamentale della critica e del dissenso. In questo memoir, che si affianca alle più celebri e classiche autobiografie anglosassoni, Hitchens si scopre non solo saggista, ma anche narratore di razza. Tra aneddoti e ritratti al vetriolo di celebri personalità del mondo politico e culturale, da Henry Kissinger a Madre Teresa, da Martin Amis a Noam Chomsky, l'autore riversa in questo libro una quantità di materiali, idee, storie personali e collettive che si incontra, forse, soltanto nei grandi romanzieri dell'Ottocento.
La figura di Carlo V domina tutta la prima metà del Cinquecento e affascina ancora oggi, per la vastità del suo impero e perché in lui convissero l'uomo del Medioevo e quello del Rinascimento. Dagli anni giovanili fino al desolato tramonto nella solitudine di Yutse, Brandi fa rivivere in tutta la sua complessità il personaggio di Carlo V, il suo carattere, il suo mondo interiore, ricreando con dovizia di particolari l'ambiente in cui visse e regnò, i consiglieri, i nemici, i parenti. E intorno un mondo in tumultuosa trasformazione: le guerre, le sanguinose battaglie, il sacco di Roma, le discussioni teologiche, Francesco I, Enrico VIII, Martin Lutero. Utilizzando un considerevole numero di fonti - dai documenti d'archivio alle tele di Tiziano, dalle memorie e dalle lettere di Carlo V alle grandi opere innalzate a sua gloria -, Brandi costruisce una biografia del pensiero e dell'agire politico di un imperatore sorretto dalla certezza di essere stato chiamato a quel compito dalla suprema volontà di Dio.
La produzione letteraria di Primo Levi non si è limitata alla testimonianza, sia pur d'eccezione. L'autore di "Se questo è un uomo" ha dato prova di un'ampia vocazione narrativa attraverso testi autobiografici, novelle, racconti di fantascienza e filosofici, romanzi e poesie. Questo libro, che prende in considerazione l'intera produzione leviana, illumina i tratti più caratteristici alla base dell'umanesimo dell'autore. Scrittore e chimico, Primo Levi rifiuta ogni cesura artificiale tra cultura scientifica e cultura letteraria. Dare forma all'informe, sostituire l'ordine al caos, la chiarezza all'oscurità, sono doveri che lo scrittore condivide con lo scienziato. L'uomo che visse "l'eclissi della parola", il testimone che sentì l'obbligo di trasmettere la propria tragica esperienza, il chimico che optò per una scrittura precisa e compatta, seppe imporsi la regola della trasparenza del linguaggio e fece della "scelta della chiarezza" un'esigenza al tempo stesso estetica, etica e politica. Messa a confronto con altri percorsi intellettuali - Lévinas, Jaspers e soprattutto Hannah Arendt -, la produzione di Primo Levi si propone come modello di esperienza del pensiero, attraverso la pratica esigente e rischiosa del dialogo con se stessi. Scritto in uno stile sobrio e sempre attento a evitare inutili sovrapposizioni critiche, il libro di Françoise Carasso costituisce un'introduzione alla vita e all'opera di uno dei massimi scrittori del Novecento.
Bianca Guidetti Serra è protagonista - e testimone insieme - della storia d'Italia novecentesca nei suoi momenti cruciali: dalla Resistenza (condivisa con gli amici Primo Levi, Ada Gobetti, le migliaia di donne dei "Gruppi di difesa" istituiti insieme ad Ada a Torino), alla militanza nel Partito comunista e poi alla fuoriuscita nel 1956 in seguito ai fatti d'Ungheria. Fino alla scelta di perseguire l'impegno sociale attraverso la professione di avvocato penalista, prerogativa all'epoca di poche donne. Sono gli anni delle battaglie giudiziarie in difesa dei diritti dei lavoratori, delle donne e anche della tutela dell'infanzia. Ricalcando le tappe che hanno segnato il secolo, con i nuovi movimenti nati dal '68 sino agli anni di Piombo, l'autrice rievoca episodi clamorosi in cui ha svolto un ruolo di primo piano: dalla vicenda della Banda Cavaliere al grande processo di Torino alle Brigate Rosse. È uno sguardo inedito su quegli eventi vissuti in prima persona: la revoca del collegio dei difensori da parte dei capi storici delle Br e l'emergenza processuale, l'omicidio del presidente dell'Ordine, Fulvio Croce (incontrato poche ore prima), la rivendicazione "in diretta" dell'omicidio di Moro nei proclami dei brigatisti. Pagine di storia. Come lo sono del resto anche le cronache dal vivo dei processi contro le "fabbriche della morte" a difesa dell'ambiente e della salute: dall'Ipca di Ciriè all'Eternit di Casale Monferrato.
Roma, anni settanta del I secolo avanti Cristo. La terribile realtà dello schiavismo imperiale romano nell'epoca del suo culmine: fenomeno atroce e complesso, ma difficile da decifrare, perché gli antichi, che in tanti stati dell'anima ci sembrano vicinissimi, quando parlano dei loro schiavi, rivelano d'improvviso tutto l'abisso che li divide da noi.
Un uomo che tentò di sconfiggere la Repubblica all'apice della potenza; il "miracolo" economico romano; la piú famosa e pericolosa rivolta servile della storia antica; la crisi delle istituzioni e dei gruppi dirigenti che avrebbe portato, qualche decennio dopo, al colpo di stato di Augusto. Quando la storia sa diventare autentico racconto.
«Questo non è un libro sul mito di Spartaco. È un racconto biografico, radente i fatti e i personaggi. Intorno al suo protagonista si è però cercato di far emergere il contesto che lo avvolgeva, e che solo può restituire alle sue azioni un significato per noi comprensibile. È uno sfondo dominato da un fenomeno atroce e complesso, nel quale è per intero inclusa la vicenda che stiamo per mettere in scena: lo schiavismo imperiale romano, in un'età: gli anni settanta del I secolo a.C., e in luoghi: le campagne e le città dell'Italia centro-meridionale ormai romanizzata, che sono stati quelli della massima diffusione di questa pratica sconvolgente e invasiva».
Federico da Montefeltro ovvero il profilo più celebre d'Italia, immortalato dall'altrettanto celebre ritratto di Piero della Francesca conservato agli Uffizi. Ma pochi conoscono la storia di quel naso cosi particolare. E soprattutto pochi sanno attraverso quali vicende Federico riuscì a realizzare il sogno di trasformare tra il 1444 e il 1482 Urbino, un piccolo borgo marchigiano di montagna in uno dei più straordinari e prestigiosi centri dell'architettura rinascimentale. Federico portò gli artisti più famosi a Urbino, la sua biblioteca fu tra le più importanti e rivoluzionarie dell'epoca, il Palazzo Ducale della città divenne il prototipo di residenza del principe della sua epoca. Lo storico Bernd Roeck e lo storico dell'arte Andreas Tönnesmann compongono un ritratto ricchissimo di sfaccettature e zone d'ombra del più famoso e ambizioso condottiero dell'Italia quattrocentesca, la storia dell'ideazione e della costruzione del suo palazzo, le sue imprese militari, il culto sovrano dell'arte. Attraverso la ricostruzione di questo perfetto uomo del Rinascimento, capitano di ventura, politico, mecenate, traditore, probabile assassino, insuperabile uomo di marketing, questo libro, in cui duelli, guerre e congiure si combinano con i più nobili ideali umanistici ed artistici, costituisce una suggestiva rappresentazione del sistema di funzionamento economico, politico e militare di tutta l'Italia del Rinascimento.