
La biografia attenta e documentata che Alexander Stille ha dedicato a Silvio Berlusconi è stata subito accolta come il libro che finalmente ci fa capire i trionfi del "Cavalier Miracolo". Da Giuliano Ferrara a Romano Prodi, alle maggiori testate italiane ed estere, tutti hanno preso spunto da questo saggio per capire le ragioni di un successo imprenditoriale, politico e mediatico che dura da decenni. Stille è il giornalista statunitense che più si è occupato dell'Italia in questi anni, "Il Cavalier Miracolo" è un'inchiesta approfondita, condotta secondo il modello del miglior giornalismo anglosassone, ma anche un racconto. Silvio Berlusconi, con le sue luci e le sue ombre, le sue virtù e i suoi difetti, è anche l'eroe di uno straordinario romanzo popolare. Intorno alla sua figura, ruota uno dei grandi enigmi della politica contemporanea: che cosa può accadere alla democrazia nell'era dei grandi conglomerati dell'informazione, delle enormi fortune personali, delle vertiginose ambizioni? In questa nuova edizione ampliata e aggiornata, Stille racconta le vicende mediatiche e giudiziarie di questo libro, un tassello utile per capire l'equilibrio dei media nel nostro paese e come si possono usare le aule di tribunale per intimidire le voci scomode. Soprattutto racconta gli ultimi anni dell'Italia berlusconiana, con gli exploit sessuali e le vittorie elettorali, l'impotenza della sinistra e lo stallo della società civile, il "caso Mills" e le ingerenze sulla Rai.
Valle dello Swat, Pakistan, 9 ottobre 2012, ore dodici. La scuola è finita, e Malala insieme alle sue compagne è sul vecchio bus che la riporta a casa. All'improvviso un uomo sale a bordo e spara tre proiettili, colpendola in pieno volto e lasciandola in fin di vita. Malala ha appena quindici anni, ma per i talebani è colpevole di aver gridato al mondo sin da piccola il suo desiderio di leggere e studiare. Per questo deve morire. Ma Malala non muore: la sua guarigione miracolosa sarà l'inizio di un viaggio straordinario dalla remota valle in cui è nata fino all'assemblea generale delle Nazioni Unite. Oggi Malala è il simbolo universale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere, ed è stata la più giovane candidata di sempre al Premio Nobel per la pace. Questo libro è la storia vera e avvincente come un romanzo della sua vita coraggiosa, un inno alla tolleranza e al diritto all'educazione di tutti i bambini, il racconto appassionato di una voce capace di cambiare il mondo.
Per secoli gli storici hanno dipinto Isabella de' Medici come una donna priva di freni morali e dedita a "illecite passioni", giustificata solo dalla scarsa considerazione che il marito Paolo Giordano Orsini avrebbe avuto per lei. Tanto che alla fine lui, già macchiatosi di molti altri delitti, l'avrebbe uccisa, esasperato dai suoi tradimenti. Quella di Isabella e Paolo Giordano è una delle più sanguinose "leggende nere" del nostro Rinascimento, uno scandalo che ha ispirato, nel corso dei secoli, scrittori e poeti. Ma è giunto il momento di riscoprire la verità e restituire a Isabella l'onore cancellato dalle calunnie. Elisabetta Mori ricostruisce, partendo dai documenti originali, uno dei grandi misteri della storia italiana. Ricostruisce un'epoca, i suoi costumi, la sua cultura, oltre che naturalmente le trame politiche dell'Italia cinquecentesca. E ci regala il ritratto vero e commovente di una giovane donna intrappolata tra accordi diplomatici, calcoli politici e sentimenti profondi.
Nell'ottobre del 1963, Nelson Mandela viene accusato di alto tradimento e terrorismo dalla corte di giustizia sudafricana. La sua unica colpa è quella di essersi battuto contro il disumano e terribile regime dell'apartheid che schiavizza la popolazione nera del paese. Ma nel corso del durissimo processo di Rivonia, Mandela sfida i suoi accusatori e la pena di morte con lo straordinario discorso che dà il titolo a questo libro, dichiarandosi pronto a morire pur di continuare la sua battaglia per la pace e l'uguaglianza. L'anno successivo viene condannato all'ergastolo ma la sua lotta non si interrompe: dopo ventisei anni di carcere durissimo, nel giorno della sua liberazione, davanti a una folla festante, Mandela ripeterà le stesse identiche frasi pronunciate nell'aula di tribunale. Sarà l'inizio di un nuovo viaggio che lo porterà a divenire il primo presidente democraticamente eletto della Repubblica Sudafricana.
Un ideale per cui sono pronto a morire ci consente di rivivere la storia di quei momenti in presa diretta attraverso le parole alte e coraggiose di uno dei grandi eroi civili del nostro tempo.
È l'aprile del 1944, l'ultima neve del lungo inverno polacco attanaglia ancora le vie del ghetto di Lódz: i fiocchi candidi scendono sulle nere e informi divise degli operai ebrei che lavorano per i nazisti. Ma c'è un fragile fiore che, in questo paesaggio desolato, con tutta la forza cerca di sbocciare. Rywka Lipszyc ha solo quattordici anni. Ogni giorno deve farsi strada tra le recinzioni di filo spinato, incalzata dalle armi dei soldati e dagli ululati laceranti dei cani. Dopo la morte dei genitori, è lei a prendersi cura della sorellina Cipka. La sua città, la casa che tanto amava, gli amici di scuola, sono ormai un pallido ricordo; al loro posto ci sono il lavoro, il freddo, la fame, gli orrori del ghetto e della segregazione. In mano Rywka stringe l'unica cosa che è rimasta veramente sua: il suo diario, l'unica illusione di speranza e di salvezza da un nemico che, semplicemente, vuole che il suo popolo smetta di esistere. In queste commoventi pagine prende vita il ritratto di una bambina costretta ad affrontare l'impossibile compito di diventare donna in un mondo dominato dalla violenza e dall'ingiustizia. Ma Rywka deve resistere. Per sé, per la sua famiglia, per le tante persone che, a rischio della loro stessa vita, ogni giorno le offrono aiuto. E l'unico modo per resistere è non smettere di sognare: la libertà per sé e per Cipka, una casa, un piccolo studio avvolto dall'ombra della sera, una penna, qualche foglio bianco per coltivare la sua più grande passione, la scrittura.
Nel 1482 Leonardo da Vinci entra per la prima volta a Milano. Ha trent'anni, poca esperienza del mondo e tra le mani solamente una spavalda lettera di presentazione per il signore della città, l'ambizioso Ludovico il Moro, in cui si descrive capace ed esperto in ogni campo, dall'arte della guerra all'edilizia. Vuole fare fortuna, è giovane e ha tanta voglia di mettersi in gioco. Riuscirà perfettamente nel suo intento, perché quando partirà dopo quasi tre decenni alla volta della corte francese di Francesco I, lascerà una città profondamente mutata, una metropoli moderna e all'avanguardia, fiera delle proprie tradizioni ma già orientata verso l'Europa. Gran parte di questa trasformazione è merito suo: alla corte sforzesca Leonardo ha infatti potuto sviluppare ed esercitare tutte le sue abilità, dall'architettura all'ingegneria idraulica, dalla pittura dei celeberrimi ritratti alla scenografia di spettacoli teatrali con effetti speciali mai visti prima. Milano, con la vivacità e lo spirito dinamico che la contraddistinguono, è il luogo perfetto per permettere al suo genio eclettico di spaziare senza limiti, lasciando segni che restano ancora visibili a distanza di cinque secoli. In questo libro Marina Migliavacca accompagna il lettore in un itinerario avvincente tra luoghi ricchi di fascino e storia, raccontando con precisione e gusto l'avventuroso rapporto tra il più grande genio italiano e la città che gli ha dato la fama.
"Si può essere a casa propria dappertutto. Datemi un tavolo da lavoro, sarà la mia patria." George Steiner, rispondendo alle domande della giornalista Laure Adler, racconta in queste pagine le numerose patrie della sua vita affascinante: quelle reali, con la fuga della famiglia da Parigi e dal fervore nazista che stava esplodendo in Europa, le esperienze giovanili a New York e le cattedre nei più prestigiosi atenei del mondo. E quelle ideali, con l'orgogliosa rivendicazione di appartenere a un popolo - quello ebraico - a cui riconosce il nucleo vitale della sua eccellenza intellettuale senza tuttavia risparmiare critiche alla politica di quel "miracolo necessario" che è lo stato di Israele. Nelle riflessioni preziose di uno dei giganti del nostro tempo, memorie e rimpianti si intrecciano alle idee su cui da sempre si è interrogato: Steiner torna così a esprimere con forza la dedizione avvincente e pericolosa per la letteratura e il libro; continua il confronto con le grandi mitologie del Novecento, confermando il giudizio inflessibile su Freud e la psicoanalisi; e dedica parole di amore puro alla sua passione più grande e profonda, quell'"esperanto delle emozioni che è la musica". Ma la ricerca di senso non può mai considerarsi giunta a destinazione e per questo, invitato a dare una definizione di sé stesso, forse con un pizzico della sua tipica ironia, Steiner può affermare orgoglioso: "Mi piace essere discepolo".
"Stupor mundi" fu detto dai contemporanei Federico II di Svevia, l'unico degli imperatori germanici del medioevo, insieme al Barbarossa, che occupi un posto riconosciuto nella nostra storia e subito ci rimandi a immagini evidentissime: la disfatta inflittagli nel 1248 dai popolani di Parma, la città di quel Salimbene che lo paragonava a un drago funesto; gli splendori della corte di Sicilia, consacrati dalla lirica della "prima scuola", di cui il sovrano medesimo era mecenate; i castelli di Puglia, gli arcieri musulmani, le donne dell'harem, le cacce col falcone illustrate nel suo trattato, il più ricco che ci resti in materia. Immagini romantiche, però. E confluenti verso un'interpretazione convenzionale, che confina Federico in una luce araldica di crepuscolo: per chiudere con la sua figura un conflitto secolare tra impero e chiesa, e inaugurare invece il decollo della civiltà borghese mercantile culminante nel rinascimento. Qui l'imperatore non è segnacolo di una fase storica schematizzata, ma si muove all'interno di un complicato gioco d'azioni e di reazioni. Di lui viene rivelata, duplice e sconcertante, l'anima insieme feudale e "illuminata": il senso feroce del potere, e lo scetticismo che a esso poneva di continuo un limite invalicabile.
La biografia attenta e documentata che Alexander Stille ha dedicato a Silvio Berlusconi è stata subito accolta come il libro che finalmente ci fa capire i trionfi del «Cavalier Miracolo». Da Giuliano Ferrara a Romano Prodi, alle maggiori testate italiane ed estere, tutti hanno preso spunto da questo saggio per capire le ragioni di un successo imprenditoriale, politico e mediatico che dura da decenni.
Stille è il giornalista statunitense che più si è occupato dell'Italia in questi anni, Il Cavalier Miracolo è un'inchiesta approfondita, condotta secondo il modello del miglior giornalismo anglosassone, ma anche un avvincente racconto. Silvio Berlusconi, con le sue luci e le sue ombre, le sue virtù e i suoi difetti, è anche l'eroe di uno straordinario romanzo popolare. Intorno alla sua figura, ruota uno dei grandi enigmi della politica contemporanea: che cosa può accadere alla democrazia nell'era dei grandi conglomerati dell'informazione, delle enormi fortune personali, delle vertiginose ambizioni?
In questa nuova edizione ampliata e aggiornata, Stille racconta le vicende mediatiche e giudiziarie di questo libro, un tassello utile per capire l'equilibrio dei media nel nostro paese e come si possono usare le aule di tribunale per intimidire le voci scomode. Soprattutto racconta gli ultimi anni dell'Italia berlusconiana, con gli exploit sessuali e le vittorie elettorali, l'impotenza della sinistra e lo stallo della società civile, il «caso Mills» e le ingerenze sulla Rai, le leggi ad personam e il declino del paese. Ma dietro all'attualità e agli scandali da prima pagina, ci insegna Stille, si muovono forze più profonde, che è necessario interpretare e conoscere.
«Ora vi saluto perché torno a leggere il fantastico libro di Alex Stille.»
Giuliano Ferrara, «Il Foglio»
«Molto chiaro, molto preciso, molto fattuale e perfino esaustivo... Non è un libro contro Berlusconi. L'autore non lo odia, né lo sopravvaluta, né lo disprezza, tanto meno si lascia ipnotizzare. Alexander Stille comprende che nessuno altro personaggio incarna come il Cavaliere le grandi rivoluzioni della post-modernità, la potenza della comunicazione, l'impeto dei consumi. » Filippo Ceccarelli, «la Repubblica»
«Un libro serio. Che non riduce tutto a macchietta. E che prova a leggere la vicenda come il paradigma di alcune tendenze delle democrazie di oggi e di domani.»
Fabrizio Forquet, «Il Sole-24 Ore»
«Dà atto a Berlusconi di aver rivoluzionato la nostra società, svecchiandola e introducendo valori nuovi.» Gaspare Di Sclafani, «Libero»
«Belusconi appare come lo descrive Stille: un fenomeno di populismo mediatico-plutocratico con ripercussioni serie sui caratteri della “buona” democrazia.»
Michele Salvati, «Corriere della Sera»
«Stille ci ha avvertito: quel che sta avvenendo in Italia si può ripetere altrove.»
Furio Colombo, «Corriere della Sera»
Stille scrive che Berlusconi si è creato un elettorato con le sue emittenti.
«Proprio così. È questa la caratteristica postdemocratica di Berlusconi, convincere la gente non solo parlando di politica ma soprattutto non parlando di politica.»
Romano Prodi, «Die Zeit»
Peter Seewald ha accompagnato Josef Ratzinger per oltre venticinque anni: come giornalista, scrittore, confidente ha stabilito una relazione speciale con il papa emerito. Oggi può così raccontare, avendo avuto accesso a materiali esclusivi, gli anni dell'infanzia e della formazione del futuro pontefice, dell'insegnamento universitario e del Concilio Vaticano, fino ai momenti decisivi del conclave che lo ha eletto alla cattedra di Pietro e alla scelta senza precedenti delle dimissioni. Grazie a nuove ricerche, testimonianze e interviste inedite, con questa biografia Peter Seewald offre il ritratto definitivo di Benedetto XVI, e mostra l'immagine vivida e autentica dell'uomo che con il suo pensiero e le sue azioni ha profondamente mutato il rapporto tra la Chiesa e i suoi fedeli.
«I quattro maestri nel loro insieme prefigurano un itinerario. La meta è il maestro più importante: il maestro interiore, il quinto maestro.» Socrate, l'educatore. Buddha, il medico. Confucio, il politico. Gesù, il profeta. Risalendo alle antiche tradizioni spirituali e filosofiche dell'umanità, Vito Mancuso individua nel pensiero di queste quattro figure gli insegnamenti ancora validi e preziosi per noi, uomini e donne di oggi. La loro parola diventa così una guida decisiva per percorrere con maggiore consapevolezza gli impervi sentieri della nostra esistenza, convivere con il caos che ogni giorno sperimentiamo, e tracciare una strada nuova verso l'autentica pace interiore. Perché interrogando questi quattro grandi con sapienza e curiosità, e avvicinando a noi il loro profondo messaggio, saremo in grado di risvegliare il maestro da cui non possiamo prescindere: la nostra coscienza, il quinto maestro. Per diventare così consapevoli che la forza per definire le nostre vite è dentro di noi, e che possiamo essere noi stessi i creatori della nostra felicità.
«Per me è molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che io ho solo letto, e perché avendolo vissuto non hai assecondato l'istinto di rispondere all'odio con l'odio». «Non abbiamo bisogno di eroi, serve però tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non voltarsi dall'altra parte, di non accettare le ingiustizie». Liliana Segre ha compiuto da poco otto anni quando, nel 1938, con l'emanazione delle leggi razziali, le viene impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di «razza ebraica» sono espulsi dalle scuole statali, e di lì a poco gli ebrei vengono licenziati dalle amministrazioni pubbliche e dalle banche, non possono sposare «ariani», possedere aziende, scrivere sui giornali e subiscono molte altre odiose limitazioni. È l'inizio della più terribile delle tragedie che culminerà nei campi di sterminio e nelle camere a gas. In questo dialogo, Liliana Segre e Gherardo Colombo ripercorrono quei drammatici momenti personali e collettivi, si interrogano sulla profonda differenza che intercorre tra giustizia e legalità e sottolineano la necessità di non voltare mai lo sguardo davanti alle ingiustizie, per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più.